Viaggio nelle Sottovarietà Stabili: Esplorando i Prodotti di Spazi Proiettivi
Ciao a tutti, appassionati di forme e spazi! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel cuore della geometria Riemanniana, un campo della matematica che studia le proprietà degli spazi curvi. In particolare, ci tufferemo nel mondo delle sottovarietà minimali stabili. Cosa sono? Immaginate una pellicola di sapone tesa su un anello: cerca naturalmente di minimizzare la sua area. Ecco, le sottovarietà minimali sono un po’ così, generalizzazioni di superfici che localmente minimizzano l'”area” (o il volume, in dimensioni superiori) all’interno di uno spazio ambiente più grande.
Ma c’è di più: la “stabilità”. Una sottovarietà minimale è stabile se non solo minimizza l’area localmente, ma resiste anche a piccole perturbazioni senza aumentare (al secondo ordine) la sua area. Pensatela come una biglia in fondo a una conca (stabile) rispetto a una biglia in cima a una collina (instabile). Studiare queste sottovarietà stabili è cruciale perché ci dice quali forme sono “preferite” geometricamente, quali sono più robuste.
Un Problema Classico, Nuovi Orizzonti
La ricerca delle sottovarietà minimali stabili è un problema classico. Già si sapeva, grazie a lavori pionieristici, che nello spazio euclideo tridimensionale i piani sono le uniche superfici minimali stabili complete. Nella sfera euclidea, addirittura, non ne esistono di compatte e stabili (risultato di Simons)! E negli spazi proiettivi complessi, Lawson e Simons hanno mostrato che le uniche stabili sono le sottovarietà complesse. Ohnita ha poi completato il quadro per gli altri spazi compatti di rango uno (spazi proiettivi reali, quaternionici e il piano di Cayley), trovando che le uniche stabili sono i rispettivi sottospazi proiettivi.
Ma cosa succede quando lo spazio ambiente diventa più complesso? Cosa succede se prendiamo il prodotto di due di questi spazi ben noti, come due spazi proiettivi complessi (immaginate di “incollare” le loro dimensioni)? Qui le cose si complicano, ma diventano anche incredibilmente interessanti. Lavori precedenti (Torralbo, Urbano, Chen, Wang, e anche uno degli autori del lavoro originale, Ramirez-Luna) avevano iniziato a esplorare questi territori, caratterizzando sottovarietà stabili in prodotti specifici, ma spesso limitandosi a basse dimensioni o codimenzioni (la differenza tra la dimensione dello spazio ambiente e quella della sottovarietà).
La domanda che ci siamo posti è stata: possiamo dire qualcosa di generale, valido per qualsiasi dimensione?

Il Nostro Approccio: La Variazione Seconda e un Pizzico di Algebra
Come si fa a studiare la stabilità? Lo strumento chiave è la formula della variazione seconda dell’area. Senza entrare nei dettagli tecnici più spaventosi, questa formula ci dice come cambia l’area quando “deformiamo” leggermente la nostra sottovarietà. La stabilità richiede che questa variazione seconda sia sempre non negativa.
Il “trucco”, che risale a Simons, è scegliere delle deformazioni (campi vettoriali normali) molto specifiche e intelligenti. Nel nostro caso, studiando sottovarietà in (M_1 times M_2), abbiamo sfruttato delle immersioni speciali (chiamate “isotropiche”, come l’immersione di Veronese generalizzata) del primo fattore (M_1) (che sarà uno spazio proiettivo complesso, quaternionico o ottonionico) in uno spazio euclideo. Queste immersioni ci forniscono una base di direzioni normali “privilegiate”.
Calcolando la variazione seconda lungo queste direzioni e sommando i contributi, speriamo di ottenere un’espressione che abbia un segno definito. Qui entra in gioco l’algebra lineare: abbiamo dovuto dimostrare delle disuguaglianze chiave (che nel paper originale sono la Proposizione 2.2 e la Proposizione 3.10) che legano le componenti della seconda forma fondamentale e la curvatura dello spazio ambiente. Queste disuguaglianze ci hanno permesso di dimostrare che la somma delle variazioni seconde lungo le nostre direzioni speciali è, in realtà, non positiva!
Poiché la stabilità impone che la variazione seconda sia non negativa, l’unica possibilità è che sia esattamente zero. E analizzare quando si ottiene esattamente zero ci regala preziose informazioni geometriche sulla sottovarietà stessa.
Risultato 1: Niente Dispari nel Prodotto Complesso!
Consideriamo il prodotto di due spazi proiettivi complessi, ({mathbb {C}}P^{m_1/2} times {mathbb {C}}P^{m_2/2}). Qui abbiamo fatto una scoperta sorprendente: non esistono sottovarietà minimali compatte stabili di dimensione dispari in questo spazio prodotto!
Perché? L’analisi del caso di uguaglianza (variazione seconda nulla) porta a condizioni che coinvolgono le strutture complesse (J_1) e (J_2) dei due fattori. Queste condizioni implicano che certi spazi vettoriali tangenti proiettati devono essere invarianti per (J_1) e (J_2), il che forza gli autovalori di certe matrici (legate alle proiezioni dei vettori tangenti) ad avere molteplicità pari. Poiché la somma delle molteplicità deve dare la dimensione n della sottovarietà, n deve necessariamente essere pari. Un risultato netto e inaspettato! Per le dimensioni pari, la situazione è più sfumata e non siamo riusciti a ottenere una caratterizzazione completa solo da questa analisi.

Risultato 2: La Rigidità del Mondo Quaternionico
Passiamo ora al prodotto di uno spazio proiettivo quaternionico ({mathbb {H}}P^{m_1/4}) con un qualsiasi altro spazio Riemanniano (M). Qui il risultato è ancora più forte e completa i risultati parziali precedenti. Abbiamo dimostrato che qualsiasi sottovarietà minimale compatta stabile (Sigma) in ({mathbb {H}}P^{m_1/4} times M) deve essere essa stessa un prodotto!
Più precisamente, (Sigma) deve essere isometrica a un prodotto ({mathbb {H}}P^{m_1’/4} times Sigma_2), dove ({mathbb {H}}P^{m_1’/4}) è un sottospazio proiettivo quaternionico immerso in ({mathbb {H}}P^{m_1/4}) e (Sigma_2) è una sottovarietà minimale compatta stabile immersa in (M). L’immersione originale (Phi: Sigma rightarrow {mathbb {H}}P^{m_1/4} times M) è semplicemente il prodotto delle immersioni (psi_1: {mathbb {H}}P^{m_1’/4} rightarrow {mathbb {H}}P^{m_1/4}) e (psi_2: Sigma_2 rightarrow M).
Questo è un risultato di grande rigidità: la stabilità in questo ambiente forza la sottovarietà a “separarsi” in modo netto, riflettendo la struttura prodotto dello spazio ambiente. Abbiamo usato il fatto, dimostrato da Ohnita, che le uniche sottovarietà minimali stabili in ({mathbb {H}}P^{m_1/4}) sono proprio i sottospazi quaternionici ({mathbb {H}}P^{k/4}).
Risultato 3: Anche gli Ottonioni Amano i Prodotti
Infine, ci siamo avventurati nel mondo affascinante ma complesso degli ottonioni, considerando il prodotto del piano proiettivo ottonionico ({mathbb {O}}P^2) (uno spazio a 16 dimensioni!) con un altro spazio Riemanniano (M). Gli ottonioni sono notoriamente “strani” perché la loro moltiplicazione non è associativa, il che rende l’algebra e la geometria più intricate.
Nonostante queste difficoltà (che hanno richiesto di dimostrare una nuova disuguaglianza algebrica specifica per questo caso, la Proposizione 3.10), siamo riusciti a ottenere un risultato analogo a quello quaternionico. Una sottovarietà minimale compatta stabile (Sigma) in ({mathbb {O}}P^2 times M) deve essere un prodotto (Sigma_1 times Sigma_2), dove (Sigma_1) è una sottovarietà minimale compatta stabile in ({mathbb {O}}P^2) e (Sigma_2) è una sottovarietà minimale compatta stabile in (M).
Anche qui, sfruttiamo il risultato di Ohnita che classifica le sottovarietà stabili in ({mathbb {O}}P^2): possono essere solo un punto, una retta ottonionica ({mathbb {O}}P^1) (che è isometrica alla sfera (S^8)), o l’intero piano ({mathbb {O}}P^2). Quindi, (Sigma_1) deve essere una di queste tre opzioni. Ancora una volta, la stabilità impone una struttura prodotto!

Perché Tutto Questo è Emozionante?
Questi risultati, secondo me, sono emozionanti per diverse ragioni. Innanzitutto, estendono la nostra comprensione delle sottovarietà stabili a spazi ambiente più complessi e a dimensioni arbitrarie, superando le limitazioni dei lavori precedenti. In secondo luogo, rivelano una sorprendente “rigidità” o regolarità imposta dalla condizione di stabilità, specialmente nei casi quaternionico e ottonionico, dove le sottovarietà sono costrette ad avere una struttura prodotto.
Dimostrano come le strutture algebriche sottostanti (complesse, quaternioniche, ottonioniche) interagiscano profondamente con la geometria differenziale per determinare quali forme sono “permesse” e stabili. È un bellissimo esempio di come concetti astratti si traducano in proprietà geometriche concrete.
Questo viaggio nella geometria delle sottovarietà stabili è tutt’altro che concluso, ma spero di avervi trasmesso un po’ della meraviglia che si prova nello scoprire queste strutture nascoste negli spazi curvi!
Fonte: Springer
