Oppioidi: Non Siamo Tutti Uguali Davanti alla Dipendenza – Viaggio Tra Sottotipi di Pazienti e Accesso alle Cure
Amici lettori, oggi voglio portarvi con me in un’analisi che mi ha particolarmente colpito, proveniente da uno studio su un tema tanto delicato quanto cruciale: il disturbo da uso di oppioidi (OUD). Sappiamo tutti quanto sia devastante questa piaga, ma forse non ci soffermiamo abbastanza su come le persone che ne soffrono non siano un blocco monolitico. Ognuno ha la sua storia, le sue difficoltà e, soprattutto, le sue necessità specifiche quando si tratta di cure. Lo studio in questione, condotto in un’area urbana del nord-est degli Stati Uniti, ha cercato proprio di fare luce su questo, analizzando i dati di un centro sanitario comunitario tra il 2015 e il 2021. Pensate, un’area con scarsi servizi medici, il che rende i risultati ancora più significativi.
Un Problema Complesso: Quando la Dipendenza si Accompagna ad Altro
Partiamo da un presupposto fondamentale: chi lotta con la dipendenza da oppioidi spesso non combatte solo quella battaglia. Molto frequentemente, infatti, si associano altri disturbi di salute mentale (MHD) o altri disturbi da uso di sostanze (SUD). Immaginatevi la complessità: è come avere più nemici da affrontare contemporaneamente. Negli Stati Uniti, circa il 10% degli adulti presenta questa “combo” esplosiva, e avere una condizione aumenta il rischio di svilupparne un’altra. L’OUD, in particolare, è una delle dipendenze più diffuse e preoccupanti, soprattutto se pensiamo alle overdose: nel 2021, 1 decesso su 22 negli USA era legato alla tossicità da oppioidi. Numeri da far accapponare la pelle, vero?
Chi soffre di OUD, quindi, ha un’alta probabilità di aver avuto, o di avere, anche un disturbo mentale o un’altra dipendenza. Questo significa che c’è un bisogno disperato di screening accurati e di trattamenti integrati, che non guardino solo all’oppioide ma all’intera persona.
Le Barriere Invisibili: L’Accesso alle Cure
Nonostante il bisogno, accedere a cure basate sull’evidenza scientifica è spesso un percorso a ostacoli. Le barriere finanziarie sono tra le più insidiose: non avere un’assicurazione o non potersi permettere di pagare di tasca propria può fare la differenza tra ricevere aiuto e rimanere soli. Programmi come Medicaid e l’assistenza al pagamento (Charity Care, nel New Jersey, dove è stato condotto lo studio) cercano di abbattere questi muri. L’Affordable Care Act ha mirato ad ampliare l’eleggibilità a Medicaid, e lo stato del New Jersey è stato uno dei primi ad adottare questa espansione nel 2014.
I centri sanitari comunitari, come quello analizzato, sono in prima linea in questa battaglia. Servono persone con stati di salute generalmente peggiori e uno status socioeconomico più basso. Spesso, i loro pazienti hanno redditi al di sotto della soglia di povertà, e queste strutture adattano i costi dei servizi per garantire l’accesso. Sono, quindi, contesti perfetti per capire le caratteristiche del trattamento e il coinvolgimento dei pazienti che affrontano barriere finanziarie. È fondamentale, dunque, non solo capire i bisogni complessi di queste persone, ma farlo tenendo ben presente le disparità nell’accesso alle cure.
Lo Studio da Vicino: Cosa Hanno Scoperto i Ricercatori?
I ricercatori hanno preso in esame i dati anonimizzati delle cartelle cliniche elettroniche di 705 adulti con una diagnosi di OUD, seguiti tra il 2015 e il 2021. L’obiettivo?
- Caratterizzare questo campione di pazienti.
- Identificare dei “sottotipi” o cluster di pazienti attraverso un’analisi statistica.
- Vedere se questi sottotipi utilizzavano i servizi sanitari comportamentali in modo diverso.
Le variabili considerate erano tantissime: età, razza ed etnia, sesso, tipo di piano sanitario, disturbi mentali concomitanti, altri disturbi da uso di sostanze concomitanti e i codici CPT (Current Procedural Terminology) che indicano l’utilizzo dei servizi di salute comportamentale (come sessioni di psicoterapia, visite psichiatriche, terapia di gruppo).

E qui viene il bello! L’analisi ha identificato sei cluster distinti di pazienti, con una buona qualità di raggruppamento. Vediamoli un po’ più da vicino, perché ci dicono tanto:
I Sei Volti della Dipendenza e dell’Accesso alle Cure
Ecco come sono stati definiti questi gruppi:
- Cluster 1: Piano sanitario Medicare/Medicaid con bisogni legati all’uso di altre sostanze. Tutti qui usavano Medicare/Medicaid e avevano una diagnosi di SUD concomitante ma non di MHD. Spiccavano l’uso di cocaina e alcol.
- Cluster 2: Piano sanitario con pagamento privato e Charity Care con bisogni legati all’uso di cocaina. Questo gruppo era unico per l’alta percentuale di pagamenti privati e Charity Care, e una significativa presenza di disturbo da uso di cocaina. Erano anche mediamente più giovani (41,6 anni).
- Cluster 3: Piani sanitari Medicare/Medicaid e altri piani finanziati pubblicamente con bisogni legati a disturbi dell’umore. Tutti con Medicare/Medicaid e altri piani pubblici. Qui c’era la più alta proporzione di pazienti con sia MHD che SUD concomitanti, in particolare disturbi depressivi e bipolari.
- Cluster 4: Piano sanitario privato con bassi bisogni di disturbi concomitanti. Tutti con assicurazione privata. Avevano una proporzione significativa di persone con un MHD ma senza SUD concomitante, e una maggiore rappresentanza di persone di etnia ispanica.
- Cluster 5: Altro piano sanitario finanziato pubblicamente con bisogni legati all’uso di cannabis. Tutti utilizzavano “altri” piani pubblici (spesso legati a percorsi giudiziari, come il Drug Court). Oltre la metà aveva un SUD concomitante senza MHD, con una notevole presenza di disturbo da uso di cannabis. Questo cluster era composto per l’82,2% da uomini.
- Cluster 6: Piano sanitario Medicare/Medicaid con bisogni legati a disturbi di salute mentale. Tutti con Medicare/Medicaid, nessun altro piano. Quasi tre quarti avevano un MHD (da solo o con SUD). Qui si registravano le più alte proporzioni di disturbi depressivi, bipolari, d’ansia, dello spettro schizofrenico e legati a traumi. Erano mediamente più anziani (47,4 anni) rispetto al Cluster 2.
Soldi o Salute? L’Utilizzo dei Servizi Fa la Differenza
Ma la vera domanda è: questi gruppi utilizzavano i servizi allo stesso modo? La risposta è un sonoro no. Ci sono state differenze significative nel numero medio di sessioni di psicoterapia, sessioni psichiatriche e sessioni di terapia di gruppo tra i cluster.
E qui, signore e signori, arriva la parte che mi ha fatto davvero riflettere. Il Cluster 3 (“Medicare/Medicaid e altri piani finanziati pubblicamente con bisogni legati a disturbi dell’umore”) ha mostrato un utilizzo maggiore di ogni tipo di servizio in quasi tutti i confronti. Ricordate? Questi erano spesso pazienti con finanziamenti pubblici “altri”, come quelli imposti da un tribunale.
Al contrario, il Cluster 5 (“Altro piano finanziato pubblicamente con bisogni legati all’uso di cannabis”) ha avuto un andamento particolare: più psicoterapia rispetto a quasi tutti gli altri, ma meno sessioni psichiatriche.
Ma la cosa forse più sorprendente è che i Cluster 1 e 6, entrambi caratterizzati da piani Medicare/Medicaid e bisogni di salute comportamentale, hanno mostrato medie di utilizzo inferiori rispetto al campione totale per tutti e tre i tipi di servizio. Proprio loro, che sulla carta avrebbero un accesso facilitato dal piano pubblico! Invece, il Cluster 3, anch’esso con Medicare/Medicaid ma *in aggiunta* ad altri finanziamenti pubblici (spesso legati a programmi obbligatori), ha avuto un utilizzo maggiore.
Questo suggerisce una cosa importantissima: il piano sanitario, e quindi un fattore socioeconomico che impatta l’accesso alle cure, ha giocato un ruolo più determinante nel tipo e nel numero di sessioni ricevute rispetto ai soli bisogni clinici del paziente (salute mentale, uso di sostanze o comorbilità). È una constatazione forte.

Cosa Possiamo Imparare da Tutto Questo?
Questo studio, pur con i suoi limiti (dati retrospettivi, raggruppamento di alcune diagnosi, assenza di dati sulla gravità o sui farmaci specifici ricevuti), ci lancia messaggi potentissimi.
Innanzitutto, sottolinea l’importanza di valutazioni regolari durante tutto il percorso di trattamento, perché i bisogni clinici e i piani sanitari possono cambiare.
Identificare questi “sottotipi” di pazienti può aiutare i centri sanitari a capire dove potenziare la formazione o i servizi, per esempio enfatizzando:
- La gestione della doppia diagnosi (MHD e SUD).
- L’uso di servizi di case management per aiutare i pazienti a iscriversi a piani sanitari finanziati pubblicamente che vadano oltre il semplice Medicare/Medicaid, se possibile e più vantaggioso.
È cruciale che operatori e amministratori clinici si concentrino sull’engagement al trattamento per coloro che hanno finanziamenti pubblici ma non ricevono risorse attraverso programmi “obbligati” (come quelli giudiziari), che sembrano spingere a un maggior utilizzo dei servizi. Questo potrebbe includere strategie come:
- Valutazioni motivazionali per misurare l’adesione al trattamento.
- Educazione sulle risorse disponibili (altri servizi terapeutici, aiuti per il trasporto, ecc.) per chi è coperto solo da Medicare/Medicaid.
Insomma, la ricerca ci dice che per affrontare davvero il disturbo da uso di oppioidi, specialmente nelle comunità più vulnerabili, dobbiamo guardare oltre la singola diagnosi. Dobbiamo considerare l’intricata rete di bisogni concomitanti, piani sanitari e, soprattutto, le barriere socioeconomiche che determinano chi riceve le cure e quante ne riceve. Un trattamento completo e integrato è la chiave, e capire queste dinamiche è il primo passo per aprirla.
Fonte: Springer
