Diabete e Dieta: Sostituire i Carboidrati? Non è Così Semplice (Ecco Perché la Qualità Conta!)
Amici, parliamoci chiaro: quando si ha a che fare con il diabete, sia di tipo 1 (T1D) che di tipo 2 (T2D), l’alimentazione diventa una specie di campo minato. Si sente di tutto: “elimina i carboidrati!”, “punta sulle proteine!”, “i grassi fanno male!”. Ma cosa dice davvero la scienza quando si tratta di rimpiazzare i carboidrati con altri macronutrienti, mantenendo le stesse calorie totali? E soprattutto, che impatto ha questa sostituzione sulla distribuzione del grasso corporeo e sul grasso nel fegato? Domande cruciali, perché sappiamo bene quanto un eccesso di grasso viscerale (quello “cattivo” attorno agli organi) o epatico possa peggiorare le cose.
Ecco, di recente mi sono imbattuto in uno studio tedesco, il German Diabetes Study (GDS), che ha cercato di fare luce proprio su questo. E vi dico subito: i risultati sono affascinanti e, per certi versi, sorprendenti, sottolineando come non sia solo una questione di “cosa” sostituiamo, ma di qualità di ciò che mettiamo nel piatto.
La Grande Domanda: Cosa Succede se Rimpiazzo i Carboidrati?
L’idea di base dello studio era semplice ma potente: analizzare cosa accade quando, a parità di calorie, si riducono i carboidrati e si aumentano proteine o grassi. I ricercatori hanno esaminato persone con diabete di tipo 1 e tipo 2 diagnosticato da poco, andando a misurare con precisione (tramite risonanza magnetica) il grasso sottocutaneo (SAT, quello “sotto pelle”), il grasso viscerale (VAT) e il contenuto di lipidi nel fegato (HL). L’apporto dei macronutrienti è stato valutato con un questionario alimentare dettagliato, tenendo conto anche della qualità dei carboidrati (ad esempio, distinguendo quelli ad alto indice glicemico, IG).
I Risultati: Sorprese e Conferme, Specialmente per il Diabete di Tipo 2
Allora, cosa hanno scoperto i nostri amici scienziati? Beh, le cose cambiano un po’ a seconda del tipo di diabete.
Per chi ha il diabete di tipo 1 (T1D):
- Sostituire i carboidrati con i grassi totali non sembrava fare una gran differenza per il grasso sottocutaneo.
- Invece, rimpiazzare i carboidrati con le proteine è stato associato a un maggiore accumulo di grasso sottocutaneo. Un dato su cui riflettere!
- Per quanto riguarda il grasso viscerale e quello epatico, non sono emerse associazioni chiare con le sostituzioni studiate. Questo potrebbe essere dovuto anche al fatto che, in generale, le persone con T1D nello studio avevano livelli di grasso epatico molto bassi.
Per chi ha il diabete di tipo 2 (T2D), la storia si fa più complessa e interessante:
- Sostituire i carboidrati con grassi totali o proteine non ha mostrato legami significativi con il grasso sottocutaneo o viscerale in generale.
- MA, ed è un “ma” grosso come una casa: la qualità dei grassi e delle proteine fa la differenza!
- Sostituire i carboidrati con grassi polinsaturi (PUFA) è risultato associato a minori livelli di grasso viscerale e di grasso nel fegato. Ottima notizia! Pensate agli omega-3 e omega-6.
- Al contrario, sostituire i carboidrati con grassi saturi (SFA), in particolare quelli a catena pari (comuni in prodotti animali e oli tropicali), è stato collegato a un maggiore contenuto di grasso nel fegato. Attenzione, quindi!
- E le proteine? Sostituire i carboidrati con le proteine, soprattutto quelle di origine vegetale, è stato associato a un minor contenuto di grasso nel fegato. Un altro punto a favore delle diete plant-based!
Un dettaglio che mi ha colpito: non sembrava esserci una grande differenza se si sostituivano i carboidrati totali o specificamente quelli ad alto indice glicemico. Il vero gioco, pare, si fa sulla qualità del nutriente che va a prendere il posto dei carboidrati.

Il Fattore “Qualità”: Non Tutti i Grassi (e le Proteine) Sono Uguali
Questo studio, amici, ci sbatte in faccia una verità importante: non possiamo fare di tutta l’erba un fascio. Dire “meno carboidrati, più grassi” è troppo semplicistico. Bisogna chiedersi: quali grassi?
I risultati suggeriscono che, per chi ha il diabete di tipo 2:
- I PUFA (grassi polinsaturi, come quelli del pesce azzurro, delle noci, di alcuni oli vegetali) sono nostri alleati per tenere a bada il grasso viscerale e quello nel fegato.
- Gli SFA (grassi saturi) vanno maneggiati con cura. Curiosamente, lo studio ha anche distinto diversi tipi di SFA:
- Quelli a catena pari (da carni rosse, formaggi stagionati, oli tropicali) sembrano più problematici per il fegato.
- Quelli a catena dispari (indicatori del consumo di latticini) e a catena molto lunga (da olio di colza, arachidi) sembravano invece associati a un minor contenuto di grasso epatico quando sostituivano i carboidrati ad alto IG. Questo ci dice quanto sia complesso il mondo dei grassi!
- Le proteine vegetali (legumi, tofu, frutta secca) sembrano avere una marcia in più rispetto a quelle animali, almeno per quanto riguarda il grasso nel fegato.
E per quanto riguarda la sostituzione diretta dei carboidrati ad alto indice glicemico con quelli a basso indice glicemico? Sorprendentemente, per i parametri di grasso misurati, questo specifico scambio non ha mostrato associazioni nette. Questo non vuol dire che l’indice glicemico non sia importante per il controllo della glicemia, ma per la distribuzione del grasso, in questo studio, non è emerso come fattore determinante nello scambio diretto carboidrato-carboidrato.
Cosa Ci Portiamo a Casa? Implicazioni Pratiche
Beh, la prima cosa è che la gestione dietetica del diabete è una scienza di precisione, non di slogan. Ridurre i carboidrati può essere una strategia, ma è cruciale fare attenzione a come li sostituiamo.
Per chi ha il diabete di tipo 2, integrare nella dieta più fonti di grassi polinsaturi (come pesce, noci, semi di lino, olio di girasole) e proteine vegetali (legumi in primis) potrebbe essere davvero benefico per ridurre il grasso viscerale e quello epatico. Questi tipi di grasso sono noti per essere legati a insulino-resistenza e a un maggior rischio di complicazioni, quindi tenerli sotto controllo è fondamentale.
Lo studio suggerisce anche che non tutti i grassi saturi sono “nemici” allo stesso modo, ma quelli provenienti da carni lavorate e certi oli tropicali andrebbero limitati se l’obiettivo è la salute del fegato.
Per il diabete di tipo 1, la situazione sembra un po’ diversa, con la sostituzione dei carboidrati con proteine che potrebbe influenzare il grasso sottocutaneo. È un’area che merita ulteriori approfondimenti, magari tenendo conto anche dell’impatto sull’indice di massa corporea (BMI), visto che quando i ricercatori hanno aggiustato i dati per il BMI, alcune di queste associazioni si sono attenuate.

È interessante notare come, in generale, l’impatto delle sostituzioni sul grasso viscerale e sul grasso epatico sia rimasto significativo anche dopo aver considerato il BMI, suggerendo che questi effetti vanno oltre il semplice cambiamento di peso.
Un Pizzico di Cautela: I Limiti dello Studio
Come ogni studio scientifico che si rispetti, anche questo ha i suoi “ma”. Innanzitutto, è uno studio osservazionale trasversale: significa che osserva una situazione in un dato momento, ma non può stabilire un rapporto di causa-effetto diretto. Non ci dice che se tu cambi la dieta oggi, domani avrai quei risultati. Per quello servirebbero studi di intervento (RCT).
Poi, l’assunzione di cibo è stata auto-riferita tramite questionari, e sappiamo che a volte tendiamo a “dimenticare” qualche snack di troppo o a sovrastimare il consumo di cibi sani. Inoltre, essendo i partecipanti stati diagnosticati da poco, potrebbero aver già iniziato a modificare la loro dieta, e questi cambiamenti potrebbero non aver ancora avuto un impatto completo sui depositi di grasso.
Infine, c’è sempre la possibilità di un bias di selezione: chi partecipa a studi così complessi potrebbe non rappresentare la totalità delle persone con diabete.
Il Messaggio Finale: Qualità, Qualità, Qualità!
Nonostante i limiti, questo studio ci lascia un messaggio forte e chiaro, soprattutto per chi ha il diabete di tipo 2: quando si pensa di modificare l’apporto di macronutrienti, la qualità è regina. Non basta tagliare i carboidrati; è fondamentale scegliere con saggezza cosa mettere al loro posto.
Puntare su grassi polinsaturi, proteine vegetali, e forse anche su specifici tipi di grassi saturi come quelli a catena dispari o molto lunga, potrebbe fare una bella differenza nella lotta contro l’accumulo di grasso viscerale ed epatico, nemici giurati del buon controllo metabolico.
Insomma, la ricerca va avanti, ma ogni tassello ci aiuta a comporre un puzzle sempre più definito per una gestione ottimale del diabete. E come sempre, il consiglio migliore è quello di parlarne con il proprio medico o un nutrizionista esperto per personalizzare la propria strategia alimentare!

Fonte: Springer
