Kathmandu Chiama Sostenibilità: Un Viaggio nel Cuore Verde (o Quasi) del Settore Servizi Nepalese
Amici, oggi vi porto con me in un viaggio un po’ insolito, tra le strade trafficate e i panorami mozzafiato di Kathmandu, in Nepal. Non parleremo solo di templi e montagne, ma di qualcosa che mi sta particolarmente a cuore e che, ne sono certo, interessa anche a voi: la sostenibilità ambientale. Mi sono imbattuto in uno studio recente che ha messo sotto la lente d’ingrandimento proprio questo tema, concentrandosi sul settore dei servizi della capitale nepalese. E, ve lo dico subito, i risultati sono un mix agrodolce di consapevolezza emergente e di sfide ancora enormi.
Il Nepal, per chi non lo sapesse, è un paese in via di sviluppo, piccolo se confrontato ai giganti asiatici, e il suo contributo all’inquinamento globale è minimo. Eppure, come spesso accade ai più vulnerabili, subisce in modo sproporzionato gli effetti del riscaldamento globale e dell’inquinamento che arriva da lontano. Pensateci un attimo: un paese così ricco di bellezza naturale, stretto tra l’incudine dei cambiamenti climatici e il martello di uno sviluppo che, se non guidato bene, rischia di erodere proprio quel patrimonio.
Ma cosa significa davvero “Sostenibilità Ambientale”?
Prima di addentrarci nei dettagli nepalesi, facciamo un piccolo passo indietro. La sostenibilità ambientale, in parole povere, è nata dalla presa di coscienza che stiamo sfruttando il nostro pianeta e le sue risorse a un ritmo insostenibile. Negli ultimi decenni, questo concetto ha iniziato a farsi strada un po’ ovunque: nelle politiche sociali, nei modi di produrre, nei piani di sviluppo, nell’economia e persino nei nostri comportamenti quotidiani. L’idea di base, resa celebre dal Rapporto Brundtland del 1987, è quella di uno “sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri”. Bello, no? Significa che ogni azione di sviluppo dovrebbe considerare l’impatto ambientale, economico e sociale prima di essere messa in pratica. Nello specifico, la sostenibilità ambientale punta a migliorare il benessere umano proteggendo le fonti delle materie prime e assicurandosi che i “serbatoi” per i nostri rifiuti non vengano sovraccaricati.
Oggi, con i cambiamenti climatici che ci sbattono in faccia la realtà ogni giorno – temperature medie globali in aumento, perdita di biodiversità, deforestazione, scarsità d’acqua, inquinamento – la sostenibilità ambientale non è più un’opzione, ma una necessità. E la misura in cui riusciremo a fermare o invertire questo degrado dipende dalla volontà di individui, aziende, industrie e governi di adottare misure concrete.
Il Settore Servizi di Kathmandu Sotto Esame
Torniamo a Kathmandu. Lo studio che ha catturato la mia attenzione si è concentrato sulle pratiche di sostenibilità ambientale (ES) e di gestione ambientale (EM) in cinque tipi di Istituzioni del Settore dei Servizi (SSI): scuole, ristoranti, hotel/alberghi, banche e organizzazioni sanitarie. Perché proprio loro? Perché queste istituzioni hanno un contatto diretto con una vasta fetta della popolazione e, quindi, hanno il potenziale per essere pioniere di soluzioni innovative ed efficaci.
La sostenibilità ambientale è stata valutata guardando a tre aspetti chiave:
- Uso sostenibile dell’acqua dolce
- Uso dell’energia
- Gestione dei rifiuti
La gestione ambientale, invece, ha considerato la capacità organizzativa di promuovere la sostenibilità e l’atteggiamento verso di essa. I dati sono stati raccolti direttamente dai rappresentanti di 104 istituzioni. E qui, amici, arriva la doccia fredda: il livello generale delle pratiche di ES ed EM nel settore dei servizi di Kathmandu è risultato “desolatamente basso”. Un campanello d’allarme non da poco.
Chi Fa Meglio e Chi Resta Indietro?
Non tutte le notizie sono cupe, però. C’è un settore che si distingue in positivo: le istituzioni educative. Scuole e college hanno mostrato performance significativamente migliori in tutte e cinque le misure di ES ed EM. Questo, se ci pensate, è un segnale importantissimo e pieno di speranza. Le scuole non solo possono implementare buone pratiche al loro interno, ma hanno il ruolo cruciale di educare le nuove generazioni, instillando conoscenze, valori e l’intenzione di agire per l’ambiente. Non è un caso che la Conferenza di Stoccolma del 1972 e la Dichiarazione di Kyoto del 1993 abbiano sottolineato il ruolo dell’educazione nel promuovere la sostenibilità.
All’estremo opposto, purtroppo, troviamo le banche. Hanno registrato i risultati peggiori in tutte le categorie, indicando uno sforzo minimo in termini di sostenibilità e gestione ambientale. Forse perché, come suggerisce lo studio, istituzioni come le banche hanno una gamma meno diversificata di rifiuti rispetto, ad esempio, agli ospedali, e quindi potrebbero percepire meno l’urgenza di sistemi di gestione organizzati. O forse, aggiungo io, la priorità al profitto in certi settori mette ancora troppo spesso in secondo piano le considerazioni ambientali, soprattutto se non ci sono normative stringenti.
Un altro dato interessante è che tutte e cinque le misure di ES ed EM sono risultate fortemente correlate tra loro. Questo suggerisce che un’istituzione che si impegna in un aspetto della sostenibilità (ad esempio, la gestione dell’acqua) è probabilmente più incline a farlo anche in altri (come l’energia o i rifiuti). È un effetto domino positivo, insomma!
Acqua, Energia, Rifiuti: Le Spine nel Fianco
Scendiamo un po’ più nel dettaglio delle pratiche osservate. Per quanto riguarda l’acqua dolce, è emerso che oltre due terzi del fabbisogno delle SSI erano soddisfatti da fonti esterne organizzate, come condotte municipali o autobotti (queste ultime per ben il 40.6%!). Questo evidenzia una forte dipendenza da fonti esterne e una scarsa diffusione di alternative rinnovabili come la raccolta dell’acqua piovana, nonostante Kathmandu sia geograficamente e climaticamente “benedetta” da abbondanti monsoni. Il sovrasfruttamento delle acque sotterranee è un problema serio in molte aree urbane dense, e Kathmandu non fa eccezione, con problemi legati anche alla qualità dell’acqua fornita.
Passando all’energia, l’elettricità (principalmente da fonte idroelettrica, abbondante in Nepal) copre circa il 70.8% del fabbisogno. Tuttavia, i combustibili fossili rappresentano ancora il 23.8%, con picchi significativi in ristoranti (48.3%) e hotel (64.5%), dove vengono usati principalmente per cucinare. Sebbene l’idroelettrico sia una grande risorsa, la dipendenza dai fossili, specialmente in certi sottosettori, è un nodo da sciogliere.
E arriviamo alla nota dolente della gestione dei rifiuti. Quasi la metà (45 su 102) delle istituzioni non seguiva alcuna pratica di separazione dei rifiuti. Solo 43 dichiaravano di separare quotidianamente umido e secco, con hotel e ospedali che costituivano la maggior parte di questo gruppo virtuoso. Inoltre, solo 19 istituzioni trattavano più di due terzi dei loro rifiuti all’interno delle proprie strutture, mentre per il 48% (49 SSI) la maggior parte dei rifiuti veniva trattata all’esterno. Questo riflette sfide più ampie nella separazione, gestione e sanificazione dei rifiuti che affliggono ancora gran parte del Sud del mondo, Nepal incluso.
L’Importanza delle Persone e delle Politiche
Lo studio ha anche esaminato la gestione ambientale (EM), concentrandosi sulla capacità organizzativa e sugli atteggiamenti verso la sostenibilità. Non sorprende che l’EM sia risultata strettamente legata alle pratiche di ES: le istituzioni con migliori misure di sostenibilità erano anche quelle più propense a promuovere pratiche e attitudini sostenibili tra i propri dipendenti. Questo ci dice che investire nella formazione e nella sensibilizzazione del personale è cruciale. La figura dell'”Environmental Manager”, che sta emergendo in molte organizzazioni a livello globale, potrebbe giocare un ruolo chiave, anche se in Nepal questa tendenza non sembra aver ancora preso piede, forse per barriere come la resistenza del senior management, la mancanza di fondi o i costi elevati.
Un punto debole, riconosciuto dagli stessi ricercatori, è che in Nepal mancano normative ambientali specifiche e stringenti per il settore dei servizi. Spesso, la decisione di adottare o meno pratiche sostenibili è lasciata interamente alla discrezione delle singole aziende. E sappiamo bene che, senza un quadro normativo chiaro e incentivi (o disincentivi), affidarsi solo alla buona volontà può non essere sufficiente, specialmente quando le misure ambientali comportano spese aggiuntive.
Cosa Possiamo Imparare da Kathmandu?
Nonostante i risultati mostrino un quadro con molte ombre, credo che ci siano spunti importanti. Innanzitutto, il ruolo dell’educazione è fondamentale. Le scuole che già si impegnano sono un faro di speranza e un modello da seguire. Poi, c’è la consapevolezza che, anche in un paese con un’impronta ecologica relativamente piccola, le sfide locali sono significative e richiedono attenzione e risorse.
Lo studio è stato un’esplorazione preliminare, ma ha gettato luce su una realtà che merita approfondimenti. C’è un enorme bisogno di rivedere le politiche esistenti e le norme organizzative in Nepal, e soprattutto, di lavorare per cambiare atteggiamenti e comportamenti per ottenere cambiamenti positivi duraturi e conservare meglio l’ambiente locale.
Personalmente, trovo che queste ricerche siano preziose perché ci ricordano che la sostenibilità non è un concetto astratto, ma si declina in azioni concrete, in scelte quotidiane, nelle politiche di un’azienda come nelle abitudini di una famiglia. E anche se la strada per un Nepal (e un mondo) più sostenibile è ancora lunga e in salita, ogni passo, ogni consapevolezza acquisita, è un mattone in più nella costruzione di un futuro migliore. E chissà, magari la prossima volta che penseremo a Kathmandu, oltre ai suoi tesori culturali, ci verrà in mente anche questa sua silenziosa, ma importantissima, battaglia per la sostenibilità.
Fonte: Springer