Immagine fotorealistica di un'unità di terapia intensiva, un medico osserva un monitor emodinamico (tipo MOSTCARE®) accanto a un paziente ventilato in PSV, focus sulla tecnologia e l'ambiente clinico, obiettivo prime 35mm, profondità di campo, illuminazione soffusa da ICU.

Sospiro o Occlusione in Terapia Intensiva? La Sfida per la Gestione dei Fluidi in PSV

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che sta molto a cuore a chi lavora in terapia intensiva: come capire se un paziente ha bisogno di fluidi, specialmente quando respira un po’ da solo con l’aiuto del ventilatore (in modalità Pressure Support Ventilation, o PSV). Sembra facile, ma vi assicuro che non lo è affatto!

Il Dilemma dei Fluidi in PSV

Vedete, quando un paziente è in ventilazione meccanica controllata, il ventilatore fa tutto il lavoro e le interazioni tra cuore e polmoni sono abbastanza prevedibili. Questo ci permette di usare diversi “trucchetti” o test dinamici per capire se dare più fluidi aumenterà la sua gittata cardiaca (cioè se è “fluido-responsivo”). Ma quando il paziente inizia a respirare spontaneamente, come in PSV, le cose si complicano.

Il respiro spontaneo del paziente crea una pressione negativa nel torace che si “scontra” con la pressione positiva del ventilatore. Questo “caos” fisiologico altera le normali interazioni cuore-polmoni e rende molti dei nostri test standard meno affidabili. Immaginate di dover misurare qualcosa di preciso mentre tutto intorno si muove in modo imprevedibile: ecco, la sfida è simile! Dare fluidi a chi non ne ha bisogno può essere dannoso, tanto quanto non darli a chi ne necessita. Quindi, trovare un metodo affidabile in PSV è cruciale.

Entrano in Scena SIGH35 ed EEOT

Qui entrano in gioco due tecniche che cercano di superare questo ostacolo: il test di occlusione di fine espirazione (EEOT – End-Expiratory Occlusion Test) e una manovra chiamata SIGH35.

L’EEOT è abbastanza noto: si blocca brevemente l’espirazione del paziente (per circa 15 secondi) e si osserva se la gittata cardiaca (CO) aumenta. L’idea è che bloccando l’espirazione, si aumenta temporaneamente il ritorno venoso al cuore, simulando un piccolo carico di fluidi. Se il cuore risponde aumentando la gittata, il paziente è probabilmente fluido-responsivo. Il problema? Anche durante l’occlusione, il paziente può provare a inspirare contro la valvola chiusa, influenzando la misurazione. Infatti, alcuni studi riportano fallimenti del test proprio per questo motivo.

Il SIGH35, invece, è un approccio più recente e, se volete, un po’ più “furbo”. Invece di bloccare l’espirazione, si applica un “sospiro” artificiale: una pressione inspiratoria più alta (35 cmH2O) per 4 secondi. Questo aumento di pressione nel torace dovrebbe ridurre temporaneamente il ritorno venoso e, di conseguenza, la pressione differenziale (PP – Pulse Pressure, un surrogato della gittata sistolica). Se il paziente è fluido-responsivo (cioè “vuoto”), questa riduzione sarà più marcata. Il bello è che questo “sospiro” stimola anche dei recettori nei polmoni (il riflesso di Hering-Breuer) che inibiscono temporaneamente lo stimolo a inspirare, riducendo le interferenze del respiro spontaneo durante la manovra. Geniale, no?

Fotografia realistica di un paziente in terapia intensiva collegato a un ventilatore in modalità PSV, monitor emodinamico tipo MOSTCARE® visibile con tracciati, focus sui macchinari, illuminazione controllata da ICU, obiettivo macro 100mm per dettaglio.

Lo Studio: Metodi e Protagonisti

Un gruppo di ricercatori italiani ha deciso di mettere alla prova queste due tecniche fianco a fianco. Hanno condotto uno studio prospettico in una terapia intensiva generale, arruolando pazienti in PSV che, secondo il medico curante, avevano bisogno di un’espansione volemica (cioè di fluidi) perché mostravano segni di instabilità emodinamica (pressione bassa, tachicardia, poca urina, etc.).

Hanno utilizzato un sistema di monitoraggio emodinamico avanzato (il MOSTCARE®) per misurare battito per battito cosa succedeva. In modo casuale, a ogni paziente veniva applicato prima uno dei due test (SIGH35 o EEOT), poi, dopo una pausa, l’altro. Infine, veniva somministrato il carico di fluidi (4 ml/kg di cristalloidi in 10 minuti). I pazienti erano considerati “responder” se la loro gittata cardiaca aumentava di almeno il 10% dopo i fluidi.

L’obiettivo principale era confrontare l’affidabilità (usando le curve ROC e l’area sotto la curva, AUC) del SIGH35 (basato sulla variazione percentuale della PP) e dell’EEOT (basato sulla variazione percentuale della CO) nel predire chi avrebbe risposto ai fluidi. Hanno anche guardato specificamente un sottogruppo di pazienti con uno sforzo inspiratorio molto basso, misurato dalla pressione di occlusione delle vie aeree all’inizio dell’inspirazione (P0.1).

I Risultati: Chi Vince la Sfida?

Ebbene, i risultati sono stati piuttosto chiari. Su 56 pazienti analizzati (alcuni sono stati esclusi per artefatti o aritmie), quasi la metà (48.2%) è risultata responder ai fluidi.

Il SIGH35 si è dimostrato molto affidabile:

  • L’AUC della variazione di PP è stata eccellente: 0.93 (dove 1 è la perfezione e 0.5 è il caso).
  • Una riduzione della PP del 25% o più rispetto al basale durante il SIGH35 ha predetto la fluido-responsività con una sensibilità del 93.1% e una specificità del 91.6%.
  • La “zona grigia” (cioè l’intervallo di valori dove il test è incerto) era tra -15% e -35% di variazione della PP. Questo significa che se la PP scende meno del 15%, il paziente probabilmente non risponderà ai fluidi; se scende più del 35%, quasi sicuramente risponderà.
  • Complessivamente, il SIGH35 ha classificato correttamente il 91% dei pazienti.

L’EEOT, invece, nell’intera popolazione studiata, ha mostrato un’affidabilità significativamente inferiore:

  • L’AUC della variazione di CO è stata solo 0.67.
  • La soglia ottimale identificata è stata un aumento del CO del 4% o più, ma con sensibilità (72.4%) e specificità (70.3%) decisamente più basse rispetto al SIGH35.
  • La zona grigia era tra -1% e +10% di variazione del CO.
  • L’EEOT ha classificato correttamente solo il 67.9% dei pazienti, sbagliando in quasi un terzo dei casi.

Quindi, nel confronto diretto sull’intera popolazione in PSV, il SIGH35 ha nettamente superato l’EEOT (p < 0.0008). Primo piano macro (obiettivo 60mm) dello schermo di un ventilatore da terapia intensiva (Maquet Servo-U) che mostra la manovra SIGH35 con un picco di pressione a 35 cmH2O, alta definizione, illuminazione clinica.

Il Sottogruppo Speciale: Quando l’EEOT Tiene Testa

Ma c’è un “ma” interessante. I ricercatori hanno analizzato separatamente i pazienti con uno sforzo inspiratorio molto basso (P0.1 ≤ 1.5 cmH2O), che erano circa il 43% del totale. In questo sottogruppo specifico, le cose cambiano!

  • Il SIGH35 è rimasto eccellente, con un’AUC addirittura di 0.98 e una soglia ottimale del -28% di PP.
  • Ma anche l’EEOT ha mostrato un’ottima performance, con un’AUC di 0.89 e una soglia del +5% di CO (sensibilità 100%, specificità 80%).
  • In questo gruppo, le performance dei due test non erano statisticamente differenti (p = 0.26).

Questo ci dice che l’intensità dello sforzo inspiratorio del paziente è davvero un fattore chiave. Se il paziente respira “tranquillamente”, senza sforzi eccessivi, anche l’EEOT può essere un test affidabile. Ma se lo sforzo aumenta, l’EEOT perde colpi, mentre il SIGH35 sembra mantenere la sua robustezza.

Cosa Significa Tutto Questo per Noi?

Dal mio punto di vista, questo studio aggiunge un tassello importante nel puzzle della gestione dei fluidi in terapia intensiva, soprattutto nell’era della ventilazione “protettiva” e del risveglio precoce, dove sempre più pazienti mantengono attività respiratoria spontanea.

Il SIGH35 emerge come uno strumento promettente e affidabile per valutare la fluido-responsività nei pazienti in PSV, superando l’EEOT nella popolazione generale. La sua capacità di “zittire” temporaneamente lo sforzo inspiratorio sembra essere il suo punto di forza. Il fatto che si basi sulla variazione della PP, misurabile da un semplice catetere arterioso, lo rende potenzialmente applicabile anche senza monitoraggi emodinamici ultra-sofisticati (anche se l’analisi battito-battito richiede strumenti adeguati come il MOSTCARE® usato nello studio).

L’EEOT non è da buttare, ma la sua affidabilità sembra dipendere criticamente da quanto “forte” respira il paziente. Potrebbe essere ancora valido per pazienti molto sedati o con basso drive respiratorio in PSV. Misurare la P0.1 potrebbe aiutarci a scegliere quale test usare.

Dettaglio dello schermo del monitor MOSTCARE® che visualizza le variazioni battito-battito della pressione differenziale (PP) durante il test SIGH35, alta precisione, illuminazione controllata, obiettivo macro 85mm.

Limiti e Prospettive Future

Come ogni studio, anche questo ha i suoi limiti. È stato condotto in un singolo centro e i criteri di inclusione erano abbastanza stringenti, quindi bisogna essere cauti nel generalizzare i risultati a tutti i pazienti in PSV. C’è la questione tecnica della misurazione battito-battito e del calcolo del basale, che non è ancora standardizzata su tutti i monitor. Inoltre, il SIGH35, essendo un aumento brusco di pressione, potrebbe in rari casi causare tosse o extrasistoli (anche se nello studio è successo raramente).

Sicuramente serviranno altri studi, magari multicentrici e su popolazioni più eterogenee (come pazienti obesi o con problemi polmonari specifici), per confermare questi risultati e affinare l’uso del SIGH35 nella pratica clinica.

In conclusione, però, possiamo dire che abbiamo uno strumento in più, il SIGH35, che sembra particolarmente adatto a guidarci nella difficile gestione dei fluidi quando i nostri pazienti iniziano a respirare da soli sotto ventilazione. E sapere quando l’EEOT può ancora darci una mano è altrettanto prezioso. Un passo avanti per una terapia intensiva sempre più personalizzata!

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *