Ecografia e Logopedia: La Rivoluzione SonoSpeech per Bambini con Palatoschisi?
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi sta davvero a cuore e che potrebbe rappresentare una piccola, grande rivoluzione nel mondo della logopedia, specialmente per i bambini nati con palatoschisi, con o senza labbro leporino (CP±L). Sapete, questa è una delle condizioni congenite più comuni e, anche dopo interventi chirurgici di successo, i problemi di linguaggio possono persistere. È un tasto dolente, perché queste difficoltà possono portare a stigma sociale e avere un impatto psicologico non indifferente sui piccoli.
Tradizionalmente, noi logopedisti (SLT) interveniamo con la terapia articolatoria, un approccio basato sull’apprendimento motorio, con esercizi mirati e feedback. A volte si usano anche approcci fonologici, che si concentrano più sul sistema dei suoni e sulla comprensione linguistica. Il problema? Spiegare a un bambino come muovere la lingua dentro la bocca, una parte del corpo per lo più invisibile, è una vera sfida! Immaginate di dover descrivere movimenti complessi senza poterli mostrare facilmente. Non è semplice, soprattutto con i più piccoli o con chi ha già difficoltà di linguaggio.
Una Finestra sulla Lingua: Il Biofeedback Visivo
Qui entra in gioco il biofeedback visivo. L’idea è semplice ma geniale: usare strumenti per mostrare al bambino, in tempo reale, cosa sta facendo con i suoi organi articolatori. Per anni, uno strumento gettonato è stata l’elettropalatografia (EPG), che usa un palato artificiale su misura con degli elettrodi per mostrare i punti di contatto della lingua. Fantastico, vero? Beh, sì e no. L’EPG ha i suoi contro: costi elevati per ogni paziente, tempi di attesa lunghi, e il palato va rifatto man mano che il bambino cresce. Inoltre, mostra solo dove la lingua tocca il palato, non la forma o il movimento completo della lingua, e non “vede” articolazioni posteriori come quelle uvulari o faringee, comuni in chi ha la palatoschisi.
Ed è qui che la nostra storia si fa interessante. E se ci fosse un’alternativa più pratica ed efficace? Ecco che spunta l’Ultrasound Visual Biofeedback (U-VBF), ovvero il biofeedback visivo ecografico. Sì, proprio l’ecografia che tutti conosciamo, quella usata in medicina! Una piccola sonda appoggiata sotto il mento del bambino ci permette di vedere su uno schermo l’intera superficie della lingua muoversi in tempo reale, in sezione sagittale. Niente più costi per paziente dopo l’acquisto iniziale del sistema, niente attese infinite. Una vera svolta potenziale!
L’evidenza scientifica sull’U-VBF per i disturbi del linguaggio in generale sta crescendo, ma per i bambini con CP±L gli studi erano ancora pochi, seppur promettenti. Da qui la nostra domanda: l’U-VBF è davvero efficace, magari più della terapia tradizionale, per questi bambini? E, cosa fondamentale, i piccoli e le loro famiglie lo accetterebbero? Sarebbero disposti a partecipare a uno studio?
Il Nostro Studio Pilota: SonoSpeech Cleft Pilot
Così è nato il nostro studio pilota, il SonoSpeech Cleft Pilot, un trial randomizzato controllato (RCT) a metodi misti. L’obiettivo principale non era ancora dimostrare l’efficacia definitiva (per quello serviranno studi più grandi), ma capire se fosse fattibile condurre uno studio su larga scala. Insomma, una sorta di “prova generale”.
Abbiamo messo a confronto l’U-VBF con la terapia articolatoria standard. Volevamo rispondere a domande cruciali:
- Sarebbe stato facile reclutare i bambini e le loro famiglie?
- Sarebbero rimasti nello studio fino alla fine?
- L’U-VBF sarebbe stato accettato dai bambini?
- I logopedisti sarebbero riusciti a seguire il protocollo?
Avevamo fissato dei criteri di successo, come ad esempio raggiungere almeno il 75% di adesione e completamento in vari aspetti. Eravamo pronti alla sfida!
Come abbiamo organizzato lo studio?
Abbiamo coinvolto bambini e ragazzi tra i 4 anni e mezzo e i 16 anni, seguiti dal servizio per la palatoschisi dell’NHS Greater Glasgow and Clyde, che presentavano almeno un errore di linguaggio specifico della palatoschisi. I partecipanti sono stati assegnati casualmente (randomizzati) a uno dei due gruppi: terapia U-VBF o terapia articolatoria standard. Entrambi i gruppi hanno ricevuto 6 sessioni di terapia, una a settimana, della durata di circa 30 minuti ciascuna. Un numero di sessioni forse non sufficiente per una generalizzazione completa dei suoni, ma abbastanza, speravamo, per vedere una risposta iniziale.
Nella terapia articolatoria standard, i logopedisti usavano le tecniche classiche: modelli, dimostrazioni, descrizioni verbali e feedback. Nella terapia U-VBF, i bambini vedevano l’immagine ecografica della loro lingua su uno schermo, grazie al software SonoSpeech. Con la guida del logopedista, imparavano ad associare i movimenti della lingua all’immagine e a correggerli. Potevano persino scegliere icone divertenti (faccine sorridenti o tristi, pollici su o giù) che apparivano sullo schermo per indicare se la posizione della lingua era corretta o meno.
Le sfide non sono mancate
Devo essere sincero: il reclutamento è stato più complicato del previsto. Non abbiamo raggiunto il nostro target del 75% di famiglie identificate che accettavano di partecipare. Le ragioni? Diverse. La pandemia di COVID-19 ha avuto un impatto, con restrizioni agli spostamenti ancora in atto all’inizio dello studio. Il costo dei viaggi (anche se rimborsati parzialmente) e la necessità di trovare assistenza per altri figli, in un periodo di crisi economica, potrebbero aver scoraggiato alcune famiglie. Anche il tempo richiesto per gli spostamenti era significativo. Inoltre, dopo il periodo di lockdown, molte famiglie avevano altre priorità sanitarie per i loro figli, e forse l’abitudine alle terapie online le ha rese più restie a spostarsi per un trattamento solo in presenza.
I logopedisti stessi, conoscendo bene la storia clinica dei loro pazienti, a volte applicavano criteri di selezione più stringenti prima di proporre la partecipazione, specialmente se c’erano state precedenti difficoltà di coinvolgimento o situazioni familiari complesse.
Ma ecco i risultati che ci danno speranza!
Nonostante le difficoltà nel reclutamento, quasi tutti gli altri criteri di fattibilità che ci eravamo prefissati sono stati soddisfatti! E questa è una notizia fantastica.
- Tasso di ritenzione: Le famiglie che hanno aderito allo studio sono rimaste quasi tutte fino alla fine! Questo è un segnale importantissimo: una volta coinvolte, le persone hanno trovato valore nell’esperienza.
- Completamento delle misurazioni: Siamo riusciti a raccogliere oltre il 75% di tutte le misurazioni previste (questionari, valutazioni del linguaggio) in tutti i momenti chiave dello studio.
- Accettabilità dell’U-VBF: I bambini e le loro famiglie hanno valutato positivamente l’uso dell’ecografia, sia come strumento di valutazione che di intervento. Un altro studio qualitativo, che abbiamo pubblicato separatamente, ha mostrato che i partecipanti si sono divertiti e che l’ecografia li ha aiutati a capire meglio i loro problemi di linguaggio.
- Adesione al protocollo: I logopedisti sono riusciti a seguire il protocollo, ad esempio garantendo un numero minimo di 100 ripetizioni del suono target per sessione.
E i risultati sul linguaggio? Anche se questo era uno studio pilota focalizzato sulla fattibilità, abbiamo osservato tendenze positive nei miglioramenti del linguaggio, dell’intelligibilità e della qualità della vita in entrambi i gruppi, con segnali incoraggianti soprattutto per il gruppo U-VBF. Ad esempio, le scale ICS (Intelligibility in Context Scale) e Cleft-Q (che misura la qualità della vita legata alla parola) hanno mostrato miglioramenti.
Dei 19 partecipanti, dieci (cinque per gruppo) hanno mostrato chiari miglioramenti nei punteggi di accuratezza consonantica (PCC) tra l’inizio e la fine della terapia. Altri hanno mostrato cambiamenti, anche se non sempre si sono tradotti in una produzione “corretta” del suono target nelle misurazioni finali. Questo ci suggerisce che sei sessioni sono un buon inizio, ma probabilmente non bastano per tutti.
Cosa abbiamo imparato e cosa possiamo migliorare?
Questo studio pilota ci ha insegnato tantissimo. Innanzitutto, che uno studio su larga scala è fattibile, ma con alcuni accorgimenti. Il reclutamento rimane una sfida: per il futuro, dovremo coinvolgere più centri clinici, offrire più opzioni per le sedi di intervento e forse approcciare un gruppo più ampio di potenziali partecipanti fin dall’inizio.
Un’altra lezione importante riguarda il dosaggio della terapia. Sei sessioni, una volta a settimana, con un minimo di 100 ripetizioni per sessione (anche se i nostri terapisti spesso ne facevano di più, con una media di 223!), potrebbero essere poche per ottenere una generalizzazione stabile dei suoni corretti. È un po’ come andare in palestra: i risultati richiedono costanza e tempo. Per uno studio futuro, pensiamo a un approccio più flessibile, con un numero di sessioni adattato alle esigenze di ogni bambino, fino al raggiungimento degli obiettivi.
Abbiamo anche riflettuto sulla misurazione del progresso. Il PCC (Percentage Consonants Correct) è utile, ma a volte può essere una stima conservativa, specialmente con poche sessioni. Spesso, l’obiettivo a breve termine è portare la lingua in una posizione più avanzata, e anche se il suono non è ancora perfetto, questo è un passo avanti enorme! L’analisi delle immagini ecografiche potrebbe darci informazioni più dettagliate su questi cambiamenti graduali.
Infine, il fatto di aver condotto lo studio in un unico centro, sebbene con grande esperienza nell’U-VBF, potrebbe non essere rappresentativo di altre realtà. Coinvolgere centri nuovi alla tecnica o adottare disegni di studio diversi (come il cluster RCT, dove interi centri offrono o l’U-VBF o la terapia standard) potrebbe essere una soluzione.
Il futuro della logopedia con U-VBF: cosa ci aspetta?
In conclusione, il nostro studio pilota SonoSpeech Cleft ci dice che sì, un progetto RCT su larga scala per confrontare l’U-VBF con la terapia articolatoria tradizionale nei bambini con CP±L è fattibile, con le dovute modifiche. I partecipanti che abbiamo reclutato sono rimasti con noi, le misurazioni sono state completate e, soprattutto, entrambe le terapie sono state ben tollerate, con un particolare entusiasmo per l’U-VBF.
Certo, il peso degli spostamenti per le famiglie è stato un fattore, e sei sessioni sono spesso solo un punto di partenza. Ma i segnali positivi ci sono tutti. Vedere la propria lingua muoversi, capire cosa non va e come correggerlo, sembra davvero fare la differenza per questi bambini.
Siamo entusiasti e convinti che questa tecnologia abbia un potenziale enorme. Ora, la strada è tracciata per studi più ampi che possano confermare questi promettenti risultati e, speriamo, rendere l’U-VBF uno strumento sempre più accessibile per aiutare i bambini con palatoschisi a trovare la loro voce, forte e chiara.
Fonte: Springer