Uno studente universitario esausto che cerca di studiare ma è visibilmente affaticato, con il suo smartphone acceso accanto a lui sul tavolo, a simboleggiare la lotta tra doveri accademici e dipendenza da social media che impatta il sonno. Fotografia di ritratto, obiettivo da 35mm, illuminazione soffusa da una lampada da scrivania, colori desaturati con un leggero viraggio seppia, profondità di campo.

Social Media e Sonno: Quando lo Scroll Notturno Diventa un Incubo (e Come Uscirne)

Ammettiamolo, chi di noi non passa ore sui social? Che sia per restare in contatto con gli amici, per scovare contenuti divertenti, informarci o semplicemente per ammazzare il tempo, piattaforme come Facebook, Instagram, TikTok e X (il fu Twitter) sono diventate una presenza costante nelle nostre vite. E questo è particolarmente vero per noi studenti universitari. Ma, come spesso accade, c’è un “ma”. Cosa succede quando questa abitudine diventa qualcosa di più, magari una vera e propria dipendenza? E come impatta tutto ciò sul nostro sonno, così prezioso per affrontare le giornate di studio e gli esami?

Recentemente mi sono imbattuto in uno studio affascinante, condotto su studenti universitari in Bangladesh, che ha cercato di far luce proprio su queste dinamiche. E i risultati, ve lo dico subito, fanno riflettere parecchio. Parliamo di dipendenza da social media (SMA), fatica da social media (SMF) – sì, esiste anche quella! – e la famigerata FOMO (Fear of Missing Out), ovvero la paura di perdersi qualcosa. Tutti fattori che, a quanto pare, giocano un ruolo cruciale nella qualità del nostro riposo notturno.

Ma cosa sono esattamente SMA, SMF e FoMO?

Prima di addentrarci nei risultati, facciamo un piccolo ripasso.

  • La Dipendenza da Social Media (SMA) è quell’uso eccessivo e incontrollabile delle piattaforme social che finisce per interferire con la vita quotidiana, studio compreso.
  • La Fatica da Social Media (SMF), invece, è quella sensazione di esaurimento emotivo, stanchezza e ridotto interesse che deriva da un uso prolungato dei social. Avete presente quando, dopo ore di scroll, vi sentite più svuotati che appagati? Ecco, quella è la SMF.
  • Infine, la FoMO è quell’ansia sociale che ci spinge a controllare continuamente i social per paura di perderci aggiornamenti importanti, eventi o semplicemente per restare connessi. Un circolo vizioso, insomma.

I risultati “scomodi” dello studio bengalese

Lo studio, condotto su 611 studenti universitari, ha utilizzato questionari specifici per misurare questi tre fattori e la qualità del sonno (tramite il Pittsburgh Sleep Quality Index). Ebbene, i dati parlano chiaro: ben il 67,57% degli studenti ha riportato disturbi del sonno. Un numero impressionante! La maggior parte di loro passava dalle 0 alle 2 ore al giorno sui social, ma una piccola fetta superava addirittura le 8 ore.

Ma il dato più interessante è come SMA, SMF e FoMO influenzino direttamente la qualità del sonno:

  • Gli studenti con bassi livelli di Fatica da Social Media (SMF) avevano ben 6,85 volte più probabilità di godere di una buona qualità del sonno rispetto a quelli con punteggi alti. Avete letto bene, quasi 7 volte di più!
  • Chi mostrava una bassa Dipendenza da Social Media (SMA) aveva 2,04 volte più probabilità di dormire bene.
  • E per la FoMO? Chi ne soffriva meno aveva 2,22 volte più probabilità di riposare adeguatamente.

Insomma, meno “stress da social”, più sogni d’oro. Sembra quasi banale, ma vedere questi numeri nero su bianco fa un certo effetto, non trovate?

Uno studente universitario seduto a letto di notte, illuminato solo dalla luce bluastra del suo smartphone, con un'espressione stanca ma incapace di smettere di scrollare. Stile fotorealistico, obiettivo da 35mm, duotone blu e grigio scuro, profondità di campo per mettere a fuoco lo smartphone e lo studente.

Lo studio ha anche evidenziato che circa il 47% degli studenti valutava la propria salute come “buona”, il 45% come “discreta” e un 4% come “scarsa”. E indovinate un po’? La qualità del sonno aveva un impatto significativo su questa autovalutazione: chi dormiva bene aveva un rischio inferiore (0,598 volte) di riportare condizioni di salute solo “discrete” rispetto a chi dormiva male. Questo ci dice che non si tratta solo di sentirsi riposati, ma di un benessere generale che viene compromesso.

Tempo sui social, abitudini notturne e salute: un legame stretto

Un altro aspetto cruciale emerso è il tempo trascorso sui social. Chi passava più di 8 ore al giorno online aveva solo l’11,27% di probabilità di dormire bene, contro il 50,47% di chi si limitava a 0-2 ore. E non è finita qui: chi dedicava più tempo ai social che alla vita “reale” (offline) aveva quasi l’80% di probabilità di avere un sonno di scarsa qualità. Drammatico, vero?

L’abitudine di navigare sui social prima di andare a letto è un altro fattore che incide negativamente sulla salute auto-percepita. Chi “fortemente dissentiva” dal farlo aveva un rischio significativamente più basso di riportare condizioni di salute discrete rispetto a chi, invece, lo faceva abitualmente. La luce blu degli schermi, la stimolazione mentale continua… non proprio la ninna nanna ideale.

Interessante notare anche come, all’aumentare delle ore di sonno, i punteggi medi di FoMO, SMA e SMF diminuissero costantemente. Chi dormiva meno di 5 ore mostrava i punteggi più alti di dipendenza da social media (quasi 90 su una scala), mentre chi superava le 9 ore di sonno vedeva questi valori scendere notevolmente. Un chiaro segnale di come un buon riposo possa fungere da “scudo”.

Perché ci caschiamo? E cosa possiamo fare?

Lo studio non si addentra troppo nelle cause psicologiche profonde, ma accenna a teorie come quella dell’autodeterminazione e degli usi e gratificazioni, che suggeriscono come bisogni sociali e psicologici possano guidare un uso compulsivo dei social. La ricerca di connessione, di intrattenimento, di informazione è lecita, ma quando diventa l’unica valvola di sfogo o una fonte di ansia, il gioco non vale più la candela.

I ricercatori sottolineano come l’uso non accademico dei social media riduca la qualità del sonno, distogliendo l’attenzione dagli studi e posticipando l’ora di andare a dormire. E la SMF, la fatica da social, è particolarmente insidiosa perché spesso usiamo i social proprio per interagire e svagarci, non rendendoci conto che possono diventare una fonte di stress aggiuntivo.

Cosa fare, quindi? Lo studio suggerisce alcune strategie:

  • Ridurre il tempo passato sui social (Facebook, LinkedIn, X, TikTok, ecc.). Sembra ovvio, ma è il primo passo.
  • Organizzare workshop o seminari sulla salute digitale, sulla gestione del tempo e sugli effetti psicologici dell’uso eccessivo dei social. Le università potrebbero giocare un ruolo chiave qui.
  • Aumentare la consapevolezza e la partecipazione a club, sport, volontariato ed eventi del campus per spostare l’attenzione dagli schermi.
  • Promuovere le interazioni sociali faccia a faccia per sostituire l’impegno online.
  • Incoraggiare attività consapevoli come la lettura o il relax nelle aree del campus.

Un primo piano del volto di uno studente con occhiaie evidenti, che sbadiglia davanti a un libro aperto ma con lo sguardo perso, a simboleggiare la difficoltà di concentrazione dovuta alla privazione del sonno. Fotografia di ritratto, obiettivo da 50mm, bianco e nero cinematografico, illuminazione contrastata.

Limiti e prospettive future

Come ogni studio, anche questo ha i suoi limiti. Si è concentrato su studenti universitari tra i 18 e i 26 anni, escludendo fasce d’età più giovani o più adulte che pure sono grandi utilizzatrici di social. Inoltre, non ha considerato fattori confondenti come lo stress accademico o l’attività fisica, che potrebbero influenzare sia l’uso dei social sia la qualità del sonno. Infine, essendo uno studio trasversale, mostra associazioni ma non può stabilire nessi di causalità diretti (anche se le correlazioni sono talmente forti da far pensare!).

Nonostante ciò, la ricerca mette in luce un problema reale e tangibile: la dipendenza da social media, la fatica da social e la FoMO hanno effetti negativi significativi sulla qualità del sonno di noi studenti universitari. E un sonno disturbato, come abbiamo visto, si ripercuote sulla nostra salute generale e, inevitabilmente, sul nostro rendimento accademico.

Personalmente, credo che la consapevolezza sia il primo, grande passo. Sapere che esiste un legame così stretto tra il nostro amato/odiato smartphone e le nostre notti insonni può spingerci a riflettere sulle nostre abitudini. Magari, la prossima volta che ci troviamo a scrollare senza meta a tarda notte, ci penseremo due volte. Dopotutto, un buon sonno non ha prezzo, e forse vale la pena “perdersi” qualche post per guadagnare in salute e benessere.

Fonte: Springer

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