Un adolescente seduto da solo su una panchina del parco, assorto nel suo smartphone, con un'espressione leggermente preoccupata. Fotografia stile reportage, obiettivo 35mm, colori desaturati tendenti al blu e grigio duotone, profondità di campo che sfoca leggermente lo sfondo per concentrarsi sul soggetto.

Social Media e Salute degli Adolescenti: La Famiglia Può Davvero Fare la Differenza?

Ragazzi, parliamoci chiaro: i social media sono ormai parte integrante della vita dei nostri adolescenti. Piattaforme come Instagram, TikTok, Snapchat e chi più ne ha più ne metta, offrono loro un mondo di connessioni, divertimento e, diciamocelo, anche qualche grattacapo. Come genitore, educatore, o semplicemente come persona attenta a ciò che accade intorno, mi sono spesso chiesto: quanto è sottile la linea tra un uso sano e uno che inizia a diventare… problematico? E soprattutto, noi adulti, in particolare la famiglia, possiamo fare qualcosa per proteggerli?

Mi sono imbattuto di recente in uno studio svedese molto interessante, pubblicato su BMC Public Health, che ha cercato di mettere a fuoco proprio queste domande. Il titolo originale è “Problematic social media use and self-rated health among Swedish adolescents: is the association moderated by family support?”. Già dal titolo, capite che la ciccia è tanta!

Cos’è l’Uso Problematico dei Social Media (PSMU)?

Prima di addentrarci nello studio, spendiamo due parole su cosa si intende per Uso Problematico dei Social Media (PSMU). Non si tratta semplicemente di passare “troppo tempo” online. Il PSMU ha caratteristiche simili a una dipendenza:

  • Preoccupazione eccessiva per i social
  • Bisogno di usare i social sempre di più (tolleranza)
  • Astinenza se non si possono usare
  • Uso dei social per sfuggire a sentimenti negativi (modificazione dell’umore)
  • Conflitti con gli altri a causa dell’uso dei social
  • Trascuratezza di altre attività importanti
  • Difficoltà in aree significative della vita

Insomma, una bella gatta da pelare, che può portare a bassa soddisfazione nella vita, ansia, depressione e una percezione generale di cattiva salute. E qui entra in gioco lo studio svedese.

Lo Studio Svedese: Cosa Hanno Cercato di Capire?

I ricercatori svedesi si sono posti due domande fondamentali:

  1. Esiste un’associazione tra livelli più alti di PSMU e una salute auto-percepita scarsa tra gli adolescenti svedesi, anche tenendo conto di fattori come genere, età e benessere economico della famiglia?
  2. Un elevato supporto familiare può attenuare la forza di questa potenziale associazione? In pratica, la famiglia può fare da “scudo”?

Mi sembra che queste siano domande che toccano da vicino molti di noi, non trovate?

Come Hanno Raccolto i Dati?

Lo studio ha utilizzato i dati dell’indagine svedese “Health Behaviour in School-aged Children (HBSC)” del 2017/18, coinvolgendo ben 3.135 studenti di 11, 13 e 15 anni. Un campione bello robusto!
Per misurare il PSMU, hanno usato la “Social Media Disorder Scale”. La salute auto-percepita (SRH) è stata valutata chiedendo ai ragazzi come ritenessero la propria salute, classificandola poi come “Buona” o “Meno che buona”. Il supporto familiare, invece, è stato misurato con item che indagavano il livello di supporto emotivo ricevuto, creando un indice di supporto basso, moderato o alto.

Hanno poi fatto un po’ di magia statistica (analisi di regressione logistica, per i più curiosi) per vedere se c’erano legami significativi e se il supporto familiare giocava davvero un ruolo moderatore.

Ritratto fotografico di un adolescente svedese assorto davanti al suo smartphone, con un'espressione pensierosa. La luce dello schermo illumina il suo volto in una stanza con luce soffusa. Obiettivo da 35mm, bianco e nero film, profondità di campo per enfatizzare il soggetto.

I Risultati Chiave: Social Media, Salute e il Jolly della Famiglia

Ebbene sì, i risultati hanno confermato quello che un po’ tutti sospettavamo. C’è un’associazione chiara e graduale tra PSMU e una salute auto-percepita scarsa. In parole povere: più un adolescente mostrava segni di uso problematico dei social, più alta era la probabilità che riferisse di non stare bene. Questo valeva anche dopo aver considerato età, genere e ricchezza familiare.

Pensate che gli adolescenti classificati come “aventi PSMU” avevano le probabilità più alte di riportare una salute scarsa, seguiti da quelli a “rischio moderato di PSMU”. Questo, amici miei, è un campanello d’allarme non da poco. Significa che l’impatto non è solo per i casi “estremi”, ma già a livelli intermedi di problematicità si vedono effetti negativi sulla percezione della propria salute.

Lo studio ha anche evidenziato che le ragazze tendono a riportare tassi più alti di PSMU rispetto ai ragazzi, e che il rischio aumenta con l’età. Curiosamente, non sono emerse differenze significative basate sul benessere economico della famiglia nel modello completamente aggiustato.

Il Supporto Familiare: Un Vero Scudo Protetivo?

Qui la faccenda si fa interessante, ma anche un po’ più sfumata. Lo studio ha trovato indicazioni che un alto supporto familiare potrebbe agire come un fattore protettivo, una sorta di “cuscinetto” contro gli effetti negativi del PSMU sulla salute. In particolare, tra gli adolescenti con un forte supporto familiare, l’associazione tra PSMU e cattiva salute auto-percepita non era significativa. Al contrario, per gli adolescenti con basso supporto familiare, il PSMU era collegato a un aumento di quasi 15 volte delle probabilità di scarsa salute!

Tuttavia, e questo è un “MA” importante, i ricercatori specificano che, sebbene ci fossero queste tendenze suggestive, l’interazione additiva (cioè l’effetto combinato di PSMU e mancanza di supporto familiare) non è stata statisticamente confermata in modo definitivo, probabilmente a causa del numero ridotto di partecipanti in alcune categorie specifiche dell’analisi (ad esempio, adolescenti con PSMU e basso supporto familiare erano pochi).

Quindi, non possiamo dire con certezza assoluta che “la famiglia risolve tutto”, ma i segnali che un ambiente familiare supportivo possa fare una grande differenza ci sono, eccome! Questo è in linea con la teoria dello stress e del coping, secondo cui un forte supporto sociale aiuta a gestire meglio gli stressor, come potrebbe essere l’uso problematico dei social media.

Qualche Puntino Sulle “i”: Limiti e Punti di Forza dello Studio

Come ogni ricerca scientifica che si rispetti, anche questa ha i suoi punti di forza e qualche limitazione. Un grande pregio è l’ampia copertura nazionale degli adolescenti svedesi e l’uso di misure validate. Tuttavia, la natura trasversale dello studio (cioè, i dati sono stati raccolti in un unico momento) non permette di stabilire un rapporto di causa-effetto definitivo. È il PSMU a causare cattiva salute, o chi ha già problemi di salute tende a rifugiarsi di più nei social in modo problematico? Probabilmente entrambe le cose, in un circolo vizioso.

Inoltre, potrebbero esserci altre variabili non considerate che influenzano sia il PSMU che la salute. Nonostante ciò, i ricercatori ritengono che eventuali bias abbiano più probabilmente sottostimato, piuttosto che sovrastimato, l’associazione principale.

Una famiglia (genitori e figlio adolescente) che interagisce positivamente in un ambiente domestico luminoso e accogliente, magari parlando o giocando insieme. Obiettivo prime da 24mm, luce naturale, colori caldi, profondità di campo media per mostrare l'interazione e l'ambiente.

Cosa Ci Portiamo a Casa da Questa Ricerca?

Beh, secondo me, diverse cose importanti.

  • L’uso problematico dei social media è una realtà che impatta negativamente sulla salute percepita dai nostri ragazzi. Non è “solo una fase” o “tempo perso”, può avere conseguenze concrete sul loro benessere.
  • C’è bisogno di strategie di salute pubblica per limitare l’uso eccessivo o problematico dei social. Questo potrebbe includere campagne di sensibilizzazione per adolescenti e famiglie sui rischi associati al PSMU.
  • Il supporto familiare emerge come un potenziale fattore protettivo. Questo sottolinea l’importanza del coinvolgimento dei genitori nel benessere dei figli, anche nell’era digitale. Programmi che migliorano le capacità genitoriali e di supporto potrebbero essere cruciali.

In pratica, lo studio suggerisce un approccio duplice: da un lato, intervenire per ridurre i rischi legati ai social media; dall’altro, rafforzare le reti di supporto primarie, come la famiglia.

Certo, servono ulteriori ricerche, magari longitudinali (che seguono i ragazzi nel tempo) e su campioni ancora più ampi o internazionali, per confermare pienamente il ruolo protettivo del supporto familiare e per capire meglio le dinamiche in gioco. Ma intanto, questo studio svedese ci dà un’ottima base di riflessione e, perché no, di azione.

Come dico sempre, conoscere è il primo passo per affrontare un problema. E sapere che un ambiente familiare caldo e supportivo può fare la differenza, anche di fronte alle sirene (a volte stonate) dei social media, mi dà una certa speranza. Voi che ne pensate?

Fonte: Springer

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