Social Media e Pandemia: Quando lo Scroll Infinito Pesa sulla Nostra Mente (Lo Studio Egiziano)
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che, scommetto, ha toccato le vite di molti di noi, specialmente negli ultimi anni: il nostro rapporto con i social media, soprattutto durante quel periodo pazzesco che è stata la pandemia di COVID-19. Ricordate quei giorni? Chiusi in casa, le notizie che rimbalzavano da ogni schermo, e i social che diventavano la nostra finestra sul mondo, il nostro modo per sentirci connessi… ma a quale prezzo?
Mi sono imbattuto in uno studio affascinante, condotto tra i dipendenti di un’università egiziana, l’Ain Shams University, che ha cercato di capire proprio questo: quanto l’uso frequente e prolungato dei social media durante la pandemia abbia influito sulla nostra salute mentale, in particolare su ansia e depressione. E i risultati, ve lo dico, fanno riflettere.
Il Contesto: Pandemia, Isolamento e la Fuga nei Social
Prima di tuffarci nei dati, facciamo un passo indietro. Arriva il COVID-19. Il mondo si ferma, scattano lockdown e quarantene. La paura del contagio, l’incertezza sul futuro, l’isolamento forzato… un cocktail micidiale per il nostro benessere psicologico. In questo scenario, dove ci siamo rifugiati? Esatto, online. Piattaforme come Facebook, Instagram, Twitter, WhatsApp sono diventate il nostro pane quotidiano, non solo per chiacchierare con amici e parenti lontani, ma anche, e forse soprattutto, per cercare informazioni sulla pandemia.
Lo studio egiziano conferma questa tendenza: ben il 78,8% dei dipendenti intervistati usava i social (principalmente Facebook e WhatsApp) per tenersi aggiornato sul COVID-19. Sembra logico, no? Vogliamo sapere cosa succede. Ma c’è un “ma”. Questo flusso costante di informazioni, spesso non filtrate, a volte contraddittorie o palesemente false (la famosa “infodemia”), può trasformarsi in un boomerang, alimentando ansia e senso di impotenza.
Lo Studio Egiziano: Cosa Hanno Scoperto?
I ricercatori hanno coinvolto 405 dipendenti dell’università, uomini e donne, con un’età media intorno ai 42 anni, tra settembre 2021 e marzo 2022. Hanno usato questionari standardizzati (il GAD-7 per l’ansia e il PHQ-9 per la depressione) per misurare i livelli di disagio psicologico e hanno chiesto ai partecipanti quanto spesso e per quanto tempo usassero i social media ogni giorno.
E qui arrivano i dati che colpiscono:
- Circa la metà dei partecipanti accedeva ai social 3-4 volte al giorno, passandoci in media 2-3 ore.
- Quasi un terzo (29,2%) li controllava più di 6 volte al giorno.
- Quasi un quarto (23,2%) superava le 4 ore giornaliere sui social.
Ma la vera rivelazione è la correlazione con ansia e depressione. Tenetevi forte:
- Tra coloro che accedevano ai social 6 o più volte al giorno, il 40,7% mostrava sintomi di depressione grave (contro il 21% di chi li usava meno di due volte al giorno).
- Sempre in questo gruppo di “heavy users”, il 41,6% riportava sintomi di ansia grave (contro il 27,1% rilevato in generale tra chi li usava 6+ volte/giorno, e il 15,2% di chi li usava meno di due volte/giorno). *Nota: c’è una leggera discrepanza/ripetizione nel testo originale qui, ma il trend è chiaro.*
- Similmente, chi passava più di 4 ore al giorno sui social aveva una probabilità molto più alta di soffrire di depressione grave (41,5% vs 16,9% di chi ci stava meno di un’ora) e ansia grave (24,5% vs 11,9% di chi ci stava meno di un’ora).
In pratica, più tempo passiamo a scrollare, più è probabile che la nostra salute mentale ne risenta. Sembra quasi una relazione dose-risposta: più “dose” di social, più sintomi.

I Numeri Parlano Chiaro: Depressione e Ansia in Aumento
I tassi generali di ansia e depressione riscontrati nello studio sono piuttosto alti: l’88,4% dei partecipanti mostrava qualche sintomo depressivo (dal lieve al grave) e l’82,47% qualche sintomo d’ansia. Questi numeri sono significativamente più alti rispetto a studi condotti in contesti diversi, come a Singapore tra personale non medico, dove le percentuali erano molto più basse.
Perché questa differenza, specialmente rispetto a paesi più sviluppati? Lo studio suggerisce alcune ipotesi interessanti. Nei paesi in via di sviluppo, come l’Egitto, lo stigma associato ai problemi di salute mentale è spesso più forte. Questo può scoraggiare le persone dal cercare aiuto o anche solo dal riconoscere di avere un problema, per paura del giudizio sociale. Di conseguenza, molti casi non vengono diagnosticati né trattati, portando a manifestazioni più gravi. Aggiungiamoci un accesso magari più limitato a cure adeguate e il quadro si complica ulteriormente. Fa riflettere, vero?
Chi è Più a Rischio?
L’analisi statistica ha cercato di identificare i fattori predittivi più forti per ansia e depressione in questo contesto. Oltre alla durata dell’uso dei social media (che è emerso come il fattore più potente), altri elementi significativi sono risultati essere:
- Età: I dipendenti più anziani tendevano ad avere punteggi di ansia e depressione più alti.
- Genere: Essere donna era associato a punteggi più elevati per entrambi i disturbi.
La presenza di malattie croniche, invece, non è risultata statisticamente significativa in questo specifico modello. Ma è chiaro che il tempo passato sui social gioca un ruolo da protagonista nel predire il disagio psicologico.
Non Solo Notizie: Il Rischio della Disinformazione e della Paura
Come accennavamo, i social non sono solo un canale informativo, ma anche un veicolo potentissimo per la diffusione di paura, panico e disinformazione, specialmente durante una crisi come la pandemia. Altri studi, citati anche nella ricerca egiziana, confermano questo legame. Ricerche in Egitto, Palestina, Iraq e Arabia Saudita hanno tutte evidenziato come l’esposizione a notizie pandemiche sui social fosse associata a maggiori livelli di paura, panico, ansia e depressione. È come se l’algoritmo, mostrandoci continuamente contenuti simili, creasse una bolla ansiogena da cui è difficile uscire.
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Cosa Possiamo Imparare? Riflessioni e Raccomandazioni
Questo studio, pur con i suoi limiti (è trasversale, quindi non stabilisce un nesso causa-effetto diretto, e si basa su auto-dichiarazioni), ci lancia un messaggio importante. L’uso eccessivo dei social media, specialmente quando focalizzato su eventi stressanti come una pandemia, può avere un impatto negativo tangibile sulla nostra salute mentale.
Cosa possiamo fare, quindi? Demonizzare i social? No, non credo sia la soluzione. Sono strumenti potenti, che possono anche fare del bene. La chiave, come spesso accade, sta nella consapevolezza e nell’equilibrio.
- Promuovere un uso responsabile: Dobbiamo imparare a gestire il tempo che passiamo online, magari impostando dei limiti, facendo pause, scegliendo consapevolmente cosa seguire e cosa ignorare.
- Aumentare la consapevolezza sulla salute mentale: Parlarne apertamente, sia in famiglia che sul posto di lavoro, aiuta a ridurre lo stigma e incoraggia chi soffre a cercare aiuto.
- Combattere la disinformazione: Sviluppare un senso critico verso le notizie che leggiamo online è fondamentale. Verificare le fonti prima di condividere!
- Supporto nei luoghi di lavoro: Le aziende possono giocare un ruolo importante, implementando programmi di benessere mentale, promuovendo strategie di “digital wellbeing” e offrendo servizi di supporto psicologico ai dipendenti.
Insomma, questo studio egiziano ci ricorda che il nostro benessere digitale è strettamente legato al nostro benessere mentale. Prenderci cura del modo in cui interagiamo con la tecnologia, soprattutto in tempi difficili, non è un lusso, ma una necessità. E voi, come avete vissuto il rapporto con i social durante la pandemia? Avete notato un impatto sul vostro umore? Parliamone!
Fonte: Springer
