Social Media, Cibo e Specchio: Un Cocktail Pericoloso per Noi Donne?
Amiche mie, parliamoci chiaro. Quante volte ci siamo perse nello scroll infinito di Instagram o TikTok, bombardate da immagini di corpi perfetti, piatti “super healthy” e consigli nutrizionali che sembrano cambiare ogni settimana? Io, per prima, alzo la mano! È un attimo sentirsi inadeguate, confuse, o peggio, iniziare a sviluppare una vera e propria ossessione per quello che mangiamo e per come appariamo. Ecco perché, quando mi sono imbattuta in uno studio recentissimo che analizza proprio queste dinamiche, ho pensato: “Devo assolutamente parlarvene!”.
Un vortice chiamato social media: cosa c’entra con la nostra pancia e la nostra testa?
Lo studio in questione, intitolato “Relationships among nutrition knowledge level, healthy eating obsessions, body image, and social media usage in females: a cross-sectional study”, ha messo sotto la lente d’ingrandimento un bel po’ di noi: 613 donne tra i 18 e i 60 anni. L’obiettivo? Capire se e come il nostro livello di conoscenza nutrizionale, le nostre possibili ossessioni per il mangiare sano (sì, esiste e si chiama ortoressia!), la percezione che abbiamo del nostro corpo e quanto tempo passiamo sui social siano collegati.
E indovinate un po’? I risultati, pubblicati su una rivista scientifica autorevole, sono piuttosto illuminanti e, per certi versi, un campanello d’allarme. Sembra proprio che i social media, pur essendo strumenti potentissimi per la condivisione di informazioni, possano avere un ruolo non da poco nel plasmare (e a volte distorcere) le nostre conoscenze sull’alimentazione, le nostre fissazioni e, soprattutto, come ci vediamo allo specchio.
L’ossessione per il “mangiar sano”: quando troppo stroppia
Una delle cose che mi ha colpito di più è la questione dell’ortoressia nervosa (ON). Non è un termine che si sente tutti i giorni, ma descrive una vera e propria ossessione per il mangiare “sano”, “pulito”, “puro”. Un’ansia che può portare a restrizioni alimentari estreme, pensieri ossessivi sul cibo e una profonda insoddisfazione. Lo studio ha evidenziato che punteggi più alti nella scala dell’ortoressia (ORTO-R) erano positivamente correlati con un maggior uso dei social media e con una peggiore percezione del proprio corpo. In pratica, più tempo passiamo sui social, più rischiamo di sviluppare questa fissazione e di non piacerci.
Pensateci: quante volte abbiamo visto post che demonizzano interi gruppi alimentari o esaltano diete miracolose? La ricerca suggerisce che questo bombardamento mediatico può davvero innescare o peggiorare l’ortoressia. Un partecipante a uno studio citato raccontava di aver smesso di mangiare cibi bianchi perché convinto che lo facessero ingrassare, un altro aveva eliminato frutta e verdura per una dieta low-carb trovata online. Capite bene che da un’intenzione sana si può scivolare facilmente in un comportamento problematico.
Interessante notare come lo studio abbia trovato che le donne con un indice di massa corporea (BMI) più alto tendevano ad avere punteggi ORTO-R più elevati. E chi era a dieta, o voleva perdere peso, mostrava punteggi di ortoressia significativamente maggiori. Sembra quasi un circolo vizioso: non ci piacciamo, cerchiamo soluzioni sui social, sviluppiamo un’ossessione per il cibo “giusto”, ma questo non migliora necessariamente la nostra salute o la nostra autostima.

Lo specchio impietoso dei social e l’immagine corporea
E qui veniamo a un tasto dolente: l’immagine corporea. Lo studio ha usato il Body Shape Questionnaire (BSQ-34) per misurare le preoccupazioni relative alla forma del corpo. Non sorprende che punteggi più alti in questa scala (cioè maggiore insoddisfazione corporea) fossero correlati a un maggior uso dei social media. I social, con la loro infinita parata di corpi “ideali” (spesso ritoccati), ci portano costantemente a fare paragoni. E questi paragoni, ahimè, raramente ci fanno sentire meglio.
La teoria socioculturale, citata nello studio, ci dice che sentiamo un forte bisogno di conformarci agli ideali di bellezza imposti, e i social media amplificano questo processo. Ci scrutiamo, ci confrontiamo, interiorizziamo l’ideale di magrezza, e questo può portare a disturbi alimentari. La teoria femminista aggiunge che noi donne tendiamo a interiorizzare una prospettiva da “terza persona” sul nostro aspetto, portandoci a una sorveglianza costante del corpo e a insoddisfazione. I social non fanno che peggiorare questa tendenza, mostrandoci versioni idealizzate di altre persone (e spingendoci a creare le nostre) che stridono con la realtà dei nostri corpi imperfetti.
Anche in questo caso, chi aveva un BMI più alto tendeva ad avere punteggi BSQ-34 più alti, indicando maggiore insoddisfazione. E, di nuovo, chi era a dieta mostrava un’insoddisfazione corporea significativamente maggiore rispetto a chi non lo era.
Sapere è potere? Non sempre, quando si parla di nutrizione e social
Uno potrebbe pensare: “Beh, se sono più informata sulla nutrizione, sarò meno influenzabile e starò meglio”. E invece la faccenda è più complessa. Lo studio ha misurato la conoscenza nutrizionale generale e sportiva (GeSNK). E qui i risultati sono un po’ un rompicapo.
Da un lato, una maggiore conoscenza nutrizionale era associata a un BMI più basso. E questo ha senso: se so cosa mi fa bene, probabilmente faccio scelte migliori. Infatti, i punteggi GeSNK diminuivano all’aumentare del BMI. Le donne con un livello di istruzione più alto (laurea o post-laurea) avevano punteggi di conoscenza nutrizionale significativamente più alti.
Tuttavia, la correlazione tra conoscenza nutrizionale e ortoressia era negativa, seppur debole. Cioè, chi sapeva di più di nutrizione tendeva ad avere meno tendenze ortoressiche. Questo sembra positivo! Ma attenzione: lo studio ha anche trovato che un aumento della conoscenza nutrizionale era associato a un aumento della dipendenza dai social media. E un aumento della dipendenza dai social media, come abbiamo visto, è legato a più ortoressia e peggiore immagine corporea.
Inoltre, una diminuzione della conoscenza nutrizionale generale era associata a un aumento del disturbo dell’immagine corporea. È come se ci fosse un equilibrio delicato: sapere di nutrizione è importante, ma se questa conoscenza si mescola con la pressione dei social e l’insicurezza personale, il cocktail può diventare esplosivo.
Circa il 49.4% delle partecipanti aveva un livello di conoscenza nutrizionale alto, il che è incoraggiante. Ma come usiamo questa conoscenza e da dove la prendiamo fa una grande differenza. I social media sono una fonte primaria di informazioni nutrizionali per molti, specialmente i più giovani, ma la qualità di queste informazioni è tutt’altro che garantita.

L’età e l’istruzione contano?
Lo studio ha anche guardato a come età e livello di istruzione influenzano questi aspetti. È emerso che la dipendenza dai social media (misurata con la Bergen Social Media Addiction Scale – BSMAS) e la conoscenza nutrizionale differivano significativamente in base ai gruppi d’età. Le più giovani (18-25 anni) avevano i punteggi di conoscenza nutrizionale più alti, forse per via del loro percorso formativo.
Per quanto riguarda l’istruzione, tutti i punteggi (ortoressia, dipendenza dai social, immagine corporea e conoscenza nutrizionale) mostravano differenze significative. Ad esempio, i punteggi di ortoressia e dipendenza dai social erano più alti tra chi aveva un’istruzione elementare o media rispetto a chi aveva diplomi superiori o lauree. Al contrario, la conoscenza nutrizionale era più bassa nei primi gruppi. Questo suggerisce che l’ambiente sociale e le opportunità di accesso a informazioni corrette, spesso legate al livello di istruzione, giocano un ruolo.
Tuttavia, lo studio sottolinea anche che la tendenza all’ortoressia può aumentare con l’aumentare del livello di istruzione, forse perché aumenta anche la dipendenza dai social media e l’esposizione a post sulla “sana alimentazione”. Un bel paradosso!
Quindi, che si fa? Un invito alla consapevolezza
Questo studio, pur con i suoi limiti (è stato condotto solo su donne a Istanbul e si basa su auto-dichiarazioni, quindi i risultati non sono generalizzabili a tutte noi), ci lancia un messaggio forte e chiaro. L’uso massiccio dei social media ci espone a immagini e messaggi che possono seriamente minare la nostra percezione corporea e spingerci verso abitudini alimentari ossessive.
La dipendenza dai social media e il tempo che ci passiamo sopra hanno effetti negativi sulla nostra immagine corporea. E quando non ci piacciamo, potremmo ricorrere a diete malsane nel tentativo di raggiungere quei corpi idealizzati e spesso irrealistici. I post sui social possono anche farci sviluppare una vera e propria ossessione per il cibo “buono” e “cattivo”, scatenando tendenze ortoressiche.
Cosa possiamo fare, allora? Innanzitutto, educazione. È fondamentale fornire un’educazione nutrizionale corretta, fin da giovani, e promuovere una maggiore alfabetizzazione mediatica e sui social media. Imparare a mettere in discussione le informazioni che troviamo online, a riconoscere i contenuti sponsorizzati o poco attendibili, a capire che la perfezione mostrata è spesso una facciata, è il primo passo.
Programmi di body positivity, che ci insegnino ad accettare e amare i nostri corpi per quello che sono, con le loro unicità e imperfezioni, potrebbero fare miracoli. E noi stesse, nel nostro piccolo, possiamo iniziare a coltivare un rapporto più sano con i social: selezionare con cura chi seguire, prenderci delle pause, ricordarci che la vita vera è ben diversa da quella filtrata che vediamo sugli schermi.
Lo studio suggerisce che è cruciale valutare insieme conoscenza nutrizionale, ossessioni per il cibo sano, uso dei social media e immagine corporea, perché il peggioramento di uno di questi fattori può facilmente trascinare con sé gli altri. Spero che questa chiacchierata vi sia stata utile, amiche. Ricordiamoci che il nostro valore non si misura in chili o in like, ma nella salute e nella serenità che riusciamo a costruirci, offline prima che online.
Fonte: Springer
