Immagine concettuale che mostra una silhouette umana stilizzata con enfasi sulla connessione tra il naso (mucosa olfattiva evidenziata) e il cervello, con particelle simili a proteine TDP-43 (rappresentate come piccole sfere luminose) che viaggiano lungo questo percorso, sfondo astratto blu e viola scuro, stile fotorealistico con elementi grafici sovrapposti, illuminazione drammatica.

SLA: E Se la Risposta Fosse Nascosta nel Nostro Naso?

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di veramente affascinante che sta emergendo nel campo della ricerca sulla Sclerosi Laterale Amiotrofica, o SLA. Sapete, la SLA è una di quelle malattie neurodegenerative toste, che purtroppo porta a un progressivo declino motorio perché colpisce i neuroni che controllano i nostri muscoli. La diagnosi non è semplice e spesso arriva quando la malattia è già avanzata. Ecco perché noi ricercatori siamo costantemente alla caccia di nuovi metodi, di “spie” biologiche – i cosiddetti biomarcatori – che ci aiutino a capirla meglio, a diagnosticarla prima e, speriamo, un giorno a combatterla più efficacemente.

La SLA: Una Sfida Complessa

Prima di tuffarci nella novità, un piccolo ripasso sulla SLA. È una malattia che si presenta in diverse forme: c’è quella spinale (sALS), che colpisce prima gli arti, quella bulbare (bALS), che inizia con difficoltà a parlare e deglutire, e altre varianti più rare come la Sclerosi Laterale Primaria (PLS) o l’atrofia muscolare progressiva (PMA). A complicare il quadro, a volte si aggiungono problemi cognitivi o comportamentali, fino a una vera e propria demenza frontotemporale (FTD). Insomma, una malattia eterogenea, il che rende la diagnosi e la prognosi ancora più difficili.

Ma c’è un filo conduttore in quasi tutti i casi (circa il 97%): la presenza di aggregati di una proteina chiamata TDP-43 all’interno dei neuroni danneggiati. Normalmente, questa proteina se ne sta buona buona nel nucleo delle cellule, ma nella SLA (e anche in altre malattie come alcune forme di FTD), qualcosa va storto: la TDP-43 esce dal nucleo, si “ripiega” male (misfolding) e inizia ad accumularsi nel citoplasma, formando degli ammassi tossici. Trovare questi aggregati nel cervello e nel midollo spinale dopo la morte è ciò che conferma la diagnosi, ma ovviamente non è una soluzione pratica per i pazienti vivi!

L’intuizione: Cercare Indizi nel Naso

E se potessimo trovare tracce di questa TDP-43 “cattiva” in posti più accessibili del cervello? Qui entra in gioco l’idea un po’ sorprendente che voglio raccontarvi. Studi precedenti avevano già mostrato che aggregati di TDP-43 si possono trovare anche nel bulbo olfattivo, quella parte del cervello legata all’olfatto. E se ci fosse un collegamento ancora più diretto con l’esterno?

Negli ultimi anni, abbiamo sviluppato una tecnica super sensibile chiamata Seed Amplification Assay (SAA). Immaginatela come un modo per “amplificare” piccolissime quantità di proteine anomale, facendole agire come “semi” (seed) che inducono altre proteine normali a cambiare forma e aggregarsi. È una tecnica che si è rivelata utilissima per scovare proteine patologiche in malattie come il Parkinson (cercando l’alfa-sinucleina) o le malattie da prioni.

Recentemente, alcuni studi hanno dimostrato che la SAA funziona anche per la TDP-43 nel liquido cerebrospinale (CSF) e, udite udite, nella mucosa olfattiva (OM) – quel tessuto che riveste la parte alta del nostro naso – ma principalmente in pazienti con forme genetiche di SLA e FTD.

La domanda che ci siamo posti è stata: funzionerà anche nelle forme sporadiche di SLA, quelle che compaiono senza una storia familiare chiara e che rappresentano la stragrande maggioranza dei casi (circa il 90%)?

Cosa Abbiamo Scoperto nella Mucosa Olfattiva?

Abbiamo raccolto campioni di mucosa olfattiva (è una procedura semplice, si fa con un piccolo tampone speciale, un po’ come un tampone nasale ma più mirato) da un bel gruppo di persone:

  • Pazienti con diverse forme di malattia del motoneurone (MND) sporadica: SLA spinale (sALS), SLA bulbare (bALS), Sclerosi Laterale Primaria (PLS), e una forma rara chiamata FOSMN.
  • Pazienti con MND genetiche (portatori di mutazioni in geni come C9orf72, TARDBP, SQSTM1, ecc., ma anche FUS e SOD1, che di solito *non* hanno aggregati di TDP-43).
  • Pazienti con altre malattie neurodegenerative (OND) come Alzheimer (AD), Demenza a Corpi di Lewy (DLB) e Atrofia Multisistemica (MSA).
  • Persone sane come gruppo di controllo (CTRL).

Abbiamo quindi analizzato tutti questi campioni con la nostra tecnica TDP-43_SAA. I risultati? Emozionanti e un po’ sorprendenti!

Fotografia macro della mucosa olfattiva umana, illuminazione controllata per evidenziare i dettagli cellulari, lente macro 90mm, alta definizione, focus preciso sulla superficie tissutale, ambiente di laboratorio sterile.

Abbiamo trovato un segnale positivo, cioè la capacità di “seminare” l’aggregazione di TDP-43, in una percentuale significativa di pazienti con MND sporadica: circa il 43% dei casi sALS, il 39% dei bALS, il 60% dei PLS e in un paziente FOSMN su due. Anche nei pazienti con MND genetiche associate a TDP-43 (come TARDBP, SQSTM1, C9orf72), circa il 56% è risultato positivo. Addirittura, un portatore sano della mutazione C9orf72, che al momento della raccolta non aveva sintomi, è risultato positivo! Questo suggerisce che forse potremmo rilevare questi segnali molto presto, addirittura prima che la malattia si manifesti clinicamente.

Come ci aspettavamo, invece, i campioni dei pazienti con mutazioni FUS e SOD1 (forme di SLA non legate alla TDP-43) sono risultati negativi. Questa è una conferma importante della specificità del test per la patologia TDP-43.

La sorpresa è arrivata guardando gli altri gruppi. Abbiamo trovato positività anche in alcuni pazienti con Demenza a Corpi di Lewy (50%) e Alzheimer (67%), e persino in 3 persone del gruppo di controllo (14%). Cosa significa? Beh, sappiamo che la TDP-43 può accumularsi anche in altre malattie neurodegenerative, spesso come “co-patologia”, e a volte anche nel cervello di persone anziane senza sintomi evidenti. Forse la nostra tecnica è così sensibile da rilevare anche queste situazioni?

Curiosamente, però, abbiamo notato una differenza: nei campioni positivi dei pazienti non-MND (cioè OND e controlli), il segnale di fluorescenza (che indica la quantità di aggregati formati) era significativamente più basso rispetto a quello dei pazienti MND. Inoltre, il tempo necessario per iniziare l’aggregazione (la “fase di latenza” o lag phase) era più lungo nei pazienti MND rispetto ai non-MND. Queste differenze nelle “curve di aggregazione” potrebbero essere una chiave per distinguere i diversi contesti patologici.

Non Solo TDP-43: L’Enigma dell’Alfa-Sinucleina

Già che c’eravamo, abbiamo voluto vedere se nella mucosa olfattiva di questi pazienti ci fosse anche un’altra proteina “famosa” per le sue aggregazioni, l’alfa-sinucleina (αSyn), la protagonista del Parkinson e della Demenza a Corpi di Lewy. Abbiamo quindi usato una SAA specifica per l’αSyn (αSyn_SAA).

I risultati? Abbiamo trovato αSyn patologica, come previsto, nella maggior parte dei pazienti con DLB (100%) e MSA (67%). Ma l’abbiamo trovata anche in una piccola percentuale di pazienti con SLA sporadica (circa 9-11%) e genetica (19%, in particolare con mutazioni C9orf72, SQSTM1, TARDBP). Addirittura, alcuni pazienti SLA (sia sporadici che genetici) sono risultati positivi per entrambe le proteine, TDP-43 e αSyn!

Questo fenomeno della “co-patologia” è noto dagli studi post-mortem, ma trovarlo con un test su un tessuto periferico come la mucosa olfattiva è davvero interessante. Potrebbe indicare interazioni complesse tra diverse proteine patologiche, magari un “effetto domino” in cui una proteina favorisce l’aggregazione dell’altra (cross-seeding).

Visualizzazione scientifica astratta di aggregati proteici TDP-43 (verdi) e alfa-sinucleina (rossi) che interagiscono in un ambiente cellulare stilizzato, microfotografia ad alta risoluzione, sfondo scuro per contrasto.

Indizi Anche nel Sangue: TDP-43 e NfL

Oltre al naso, abbiamo dato un’occhiata anche al sangue, misurando i livelli di due potenziali biomarcatori nel plasma: la stessa TDP-43 e il Neurofilamento a Catena Leggera (NfL), una proteina che viene rilasciata quando i neuroni subiscono un danno.

Abbiamo confermato che i livelli di NfL nel plasma sono significativamente più alti nei pazienti MND (sia sporadici che genetici) rispetto ai controlli sani, e che questi livelli tendono ad aumentare con la velocità di progressione della malattia (ΔFS) e con la gravità del deterioramento cognitivo. Questo rafforza l’idea che l’NfL sia un buon indicatore generale di danno neuroassonale nella SLA.

Per quanto riguarda la TDP-43 nel plasma, abbiamo visto che i suoi livelli sono più alti nei pazienti con MND sporadica rispetto ai controlli. Ma la cosa forse più intrigante è che abbiamo osservato una riduzione dei livelli di TDP-43 nel plasma man mano che la malattia progrediva (valutata con la scala di King). L’ipotesi? Forse, con l’avanzare della malattia, la proteina TDP-43 tende ad accumularsi sempre di più all’interno del sistema nervoso centrale, “scomparendo” in parte dalla circolazione sanguigna. Se confermato, questo potrebbe essere un modo per monitorare la progressione della malattia da un semplice prelievo di sangue.

Primo piano di una provetta di sangue centrifugato che mostra il plasma separato, in un ambiente di laboratorio moderno e pulito, illuminazione da laboratorio, messa a fuoco selettiva sul plasma, colori realistici, accanto a un grafico che mostra livelli di biomarcatori.

Sfide e Prospettive Future: Verso un’Impronta Biologica della SLA

Allora, cosa ci portiamo a casa da tutto questo? Sicuramente, la dimostrazione che è possibile rilevare l’attività di “seeding” della TDP-43 nella mucosa olfattiva di pazienti con SLA, sia sporadica che genetica. È un passo avanti importante perché apre la porta all’uso di un tessuto facilmente accessibile per studiare la patologia centrale.

Certo, ci sono ancora delle sfide. La sensibilità del test sulla mucosa olfattiva non è ancora perfetta (non tutti i pazienti SLA sono risultati positivi). Perché? Le ragioni possono essere diverse: forse in alcuni pazienti la TDP-43 patologica non ha ancora raggiunto la mucosa olfattiva, o forse esistono diversi “ceppi” (strains) di TDP-43 aggregata, e non tutti sono capaci di innescare l’aggregazione nel nostro test in vitro. Inoltre, non abbiamo trovato correlazioni statisticamente significative tra la positività alla TDP-43_SAA nella mucosa olfattiva e le caratteristiche cliniche dei pazienti (tipo di SLA, durata della malattia, ecc.). Questo ci dice che la relazione tra patologia periferica e manifestazioni cliniche è complessa e richiede ulteriori studi.

La positività riscontrata in altre malattie e nei controlli, sebbene con caratteristiche diverse, ci ricorda che la TDP-43 è coinvolta in molti processi neurodegenerativi e forse anche nell’invecchiamento normale. Distinguere i segnali specifici della SLA sarà fondamentale.

Nonostante queste sfide, la prospettiva è entusiasmante. L’idea è quella di poter combinare diverse informazioni:

  • L’analisi della mucosa olfattiva (con SAA per TDP-43 e magari αSyn).
  • I biomarcatori nel sangue (come NfL e TDP-43 plasmatici).
  • I dati clinici e strumentali tradizionali.

Mettendo insieme tutti questi pezzi, potremmo riuscire a creare una sorta di “impronta biologica” unica per ogni paziente, che ci aiuti a diagnosticare la SLA più precocemente, a distinguere tra le diverse forme, a stratificare meglio i pazienti per i trial clinici e a monitorare l’efficacia di nuove terapie.

Il cammino è ancora lungo, e serviranno studi più ampi per confermare e affinare questi risultati. Ma ogni passo avanti nella comprensione dei meccanismi biologici della SLA ci avvicina all’obiettivo di migliorare la vita dei pazienti e delle loro famiglie. E chissà, forse una parte importante della risposta si nasconde proprio lì, a portata di tampone, nel nostro naso.

Fonte: Springer

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