Sindrome di Morris (CAIS) e Sessualità: Un Viaggio Intimo Oltre le Apparenze
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento delicato ma incredibilmente importante: la salute sessuale nelle donne adulte con Sindrome da Insensibilità Completa agli Androgeni, conosciuta anche come CAIS o, più colloquialmente, Sindrome di Morris. Perché è importante? Perché la sessualità è una parte fondamentale del nostro benessere psicologico, e per troppo tempo alcuni aspetti della salute femminile sono rimasti nell’ombra.
Recentemente, nel nostro centro, abbiamo condotto uno studio proprio su questo tema, cercando di fare luce su come vivono la loro sessualità e la percezione del proprio corpo le donne con CAIS, usando strumenti validati e andando oltre le semplici impressioni. La letteratura scientifica, infatti, è ancora un po’ limitata e spesso presenta risultati contrastanti.
Ma cos’è esattamente la Sindrome di Morris (CAIS)?
Immaginate una persona che nasce con il corredo cromosomico tipicamente maschile, XY, ma il cui corpo non è in grado di “ascoltare” gli ormoni maschili, gli androgeni, fin dalla vita intrauterina. Questo accade a causa di una mutazione nel gene del recettore per gli androgeni. Il risultato? Queste persone sviluppano genitali esterni femminili e un’identità psicologica femminile. Spesso la diagnosi arriva durante l’adolescenza, magari per l’assenza del primo ciclo mestruale (amenorrea primaria).
Internamente, le cose sono un po’ diverse: l’utero, la cervice e la parte superiore della vagina non si sviluppano, perché i testicoli (che di solito rimangono all’interno dell’addome o nell’inguine) producono normalmente l’ormone anti-Mülleriano. Allo stesso tempo, l’insensibilità al testosterone impedisce la formazione delle strutture maschili interne come le vescicole seminali e la prostata. La vagina è presente ma termina a fondo cieco e può essere più corta del normale, cosa che a volte crea difficoltà nei rapporti sessuali.
Una delle preoccupazioni principali è il rischio, seppur dibattuto, di trasformazione maligna dei testicoli ritenuti. Per questo, spesso si consiglia la loro rimozione (gonadectomia), anche se oggi si tende a posticiparla dopo la pubertà per permettere uno sviluppo spontaneo e una decisione più consapevole da parte della persona. Dopo la gonadectomia, è necessaria una terapia ormonale sostitutiva (HRT), di solito a base di estrogeni (in gel, cerotto o pillola), ma non esiste ancora un protocollo unico e universalmente accettato. Recentemente si è iniziato a esplorare anche l’uso del testosterone come HRT alternativa, con alcuni risultati incoraggianti sul desiderio sessuale, ma servono dati a lungo termine.
Il Nostro Studio: Cosa Abbiamo Osservato?
Abbiamo coinvolto 34 donne adulte con CAIS (età media 34 anni), seguite presso la nostra clinica all’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. Tutte avevano una diagnosi genetica confermata. Di queste, 29 erano state gonadectomizzate (in media a 12 anni), mentre 5 avevano ancora le gonadi sotto sorveglianza radiologica.
Quasi tutte le donne gonadectomizzate seguivano una HRT (14 con estradiolo transdermico, 10 con estradiolo orale, 2 con testosterone), tranne 3 che l’avevano rifiutata per motivi personali. Abbiamo misurato i loro livelli ormonali e valutato l’aderenza alla terapia.
Per capire come stessero vivendo la loro sessualità e il rapporto con il corpo, abbiamo usato questionari scientificamente validati:
- Female Sexual Function Index (FSFI): per valutare la funzione sessuale generale (desiderio, eccitazione, lubrificazione, orgasmo, dolore, soddisfazione). Un punteggio sotto 26.55 indica una disfunzione.
- Female Sexual Distress Scale-Revised (FSDS-R): per misurare il disagio personale legato alla sfera sessuale. Un punteggio sopra 11 indica un disagio significativo.
- Body Uneasiness Test (BUT): per valutare le preoccupazioni legate all’immagine corporea, l’insoddisfazione e le esperienze di depersonalizzazione.
Risultati Sorprendenti (e Preoccupanti)
I risultati ci hanno fatto riflettere molto. Abbiamo riscontrato una disfunzione sessuale (FSFI < 26.55) nel 77% delle donne sessualmente attive e un disagio sessuale significativo (FSDS-R ≥ 11) nel 52.9% del totale. Non solo: ben il 50% delle partecipanti ha riportato un disagio significativo legato al proprio corpo (BUT > 1.2).
Questi dati sono preoccupanti e indicano che le difficoltà sono molto comuni in questa popolazione.
Gonadi Presenti o Tolte? Tipo di Terapia? Cambia Qualcosa?
Un aspetto interessante è che i problemi di funzione sessuale e disagio corporeo erano molto presenti anche nel piccolo gruppo di donne (5) che avevano ancora le gonadi in situ. Quattro su cinque avevano punteggi patologici all’FSFI e al BUT, e due su cinque anche all’FSDS-R. Questo suggerisce che la semplice presenza delle gonadi non basta a garantire un benessere sessuale.
Nelle donne gonadectomizzate, non abbiamo trovato differenze significative nei risultati dei questionari a seconda del tipo di HRT (estradiolo transdermico, orale o testosterone). C’è da dire che il gruppo in terapia con testosterone era molto piccolo (solo 2 persone). Le tre donne che non assumevano HRT per scelta hanno mostrato i risultati peggiori in tutti i questionari.
Un altro dato che ci ha colpito è che, nonostante la maggior parte delle donne in HRT riferisse di seguire la terapia correttamente, il 69% di loro aveva livelli di estradiolo nel sangue piuttosto bassi (< 50 pg/ml), inferiori a quelli che consideriamo ottimali (generalmente 50-100 pg/ml o anche più, secondo alcune linee guida). Abbiamo notato una leggera tendenza (non statisticamente significativa) verso una migliore funzione sessuale nelle donne con livelli di estradiolo > 50 pg/ml, ma è chiaro che raggiungere e mantenere livelli ormonali adeguati è una sfida nella pratica clinica.
Oltre gli Ormoni: Immagine Corporea e Anatomia
Il disagio corporeo è emerso come un problema rilevante per metà delle partecipanti. Questo aspetto era già stato notato in passato, ma i nostri dati, ottenuti con uno strumento specifico (BUT), lo confermano e lo quantificano.
Abbiamo anche valutato la presenza di ipoplasia vaginale (vagina più corta), riscontrandola nel 29% delle donne (10 su 34). Nove di loro si erano sottoposte a trattamenti di dilatazione vaginale (chirurgica o auto-dilatazione). Tuttavia, né la presenza di ipoplasia né il trattamento sembravano correlare significativamente con i punteggi di funzione o disagio sessuale nel nostro campione. Questo non significa che l’anatomia non conti, ma sottolinea come la sessualità sia un fenomeno complesso, influenzato da molti fattori.
Perché Succede e Cosa Possiamo Fare?
I motivi dietro queste difficoltà sono probabilmente molteplici e intrecciati:
- Fattori fisici e ormonali: anche con la HRT, raggiungere un equilibrio ottimale è difficile.
- Fattori anatomici: la possibile brevità vaginale può influire.
- Fattori psicologici: il peso emotivo della diagnosi, la consapevolezza di avere una condizione rara, l’infertilità associata, possono avere un impatto profondo sull’autopercezione, sull’immagine corporea e sulle relazioni.
Il nostro studio, pur con i limiti di essere condotto in un solo centro e su un numero relativamente piccolo di pazienti (data la rarità della CAIS), lancia un messaggio forte: non possiamo ignorare gli aspetti psicologici e sessuali nella gestione delle donne con Sindrome di Morris. Preservare le gonadi o prescrivere una HRT standard non sembra essere sufficiente a garantire una buona qualità di vita sessuale e un benessere generale.
È fondamentale un approccio multidisciplinare che consideri la persona nella sua interezza, offrendo supporto psicologico e sessuologico mirato accanto alle cure mediche. Servono sicuramente studi più ampi, magari multicentrici, per capire meglio quali strategie terapeutiche (inclusi diversi regimi di HRT e dosaggi) siano più efficaci e come supportare al meglio queste donne nel loro percorso verso una vita piena e soddisfacente, anche nella sfera intima.
La qualità della vita passa anche da qui, ed è nostro dovere non lasciare indietro nessuno.
Fonte: Springer