Smart Contract Blindati? La Nostra Ricetta Segreta con AI e GAN per Sconfiggere le Vulnerabilità!
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi appassiona tantissimo e che sta rivoluzionando un sacco di settori: gli smart contract e la tecnologia blockchain. Immaginate contratti che si eseguono da soli, senza intermediari, in modo trasparente e sicuro. Fantastico, vero? Beh, quasi. C’è un “ma”: questi potenti strumenti digitali possono avere delle falle, delle vulnerabilità, che se sfruttate possono causare perdite finanziarie enormi. E il problema più grosso è che una volta “scritto sulla pietra” della blockchain, uno smart contract (SC) è praticamente immutabile. Correggerlo dopo è un incubo, se non impossibile. Ecco perché è fondamentale scovare questi punti deboli *prima* che il contratto venga messo online.
Nel mio lavoro di ricerca, ci siamo scontrati proprio con questa sfida: come possiamo rendere gli SC più sicuri in modo proattivo? La risposta che abbiamo trovato è un mix affascinante di rappresentazione del codice e intelligenza artificiale, in particolare le Reti Generative Avversarie, meglio note come GAN.
La Sfida: Capire il Codice e Trovare Dati
Analizzare il codice di uno smart contract per trovare vulnerabilità non è banale. I metodi tradizionali come il fuzzing o l’esecuzione simbolica hanno i loro limiti. Negli ultimi tempi, si è iniziato a usare l’analisi del codice sorgente, ma spesso si perde parte della struttura o del significato profondo del codice stesso. Inoltre, c’è un problema enorme: la scarsità di dati. Pensate che solo circa l’1% del codice sorgente degli SC sulla rete Ethereum è pubblico! Trovare abbastanza esempi, soprattutto di contratti *vulnerabili*, per allenare un sistema di rilevamento è un lavoraccio, senza contare le questioni di privacy e legali. Come fai ad allenare un modello di machine learning se hai pochi “compiti” da cui imparare?
La Nostra Soluzione: Code Embedding e la Magia delle GAN
Qui entra in gioco la nostra idea. Per prima cosa, dovevamo rappresentare il codice in modo intelligente. Invece di trattarlo come semplice testo, usiamo gli Abstract Syntax Trees (AST). Immaginateli come l’ossatura grammaticale del codice: catturano la struttura e le relazioni tra le varie parti. Da questi AST, grazie a tecniche come `code2vec`, trasformiamo il codice sorgente in vettori numerici (code embedding). Questi vettori mantengono le caratteristiche importanti del contratto, andando oltre l’analisi testuale o strutturale classica.
E per il problema della scarsità di dati? Qui scendono in campo le GAN! Una GAN è composta da due reti neurali che giocano un po’ a “guardie e ladri”:
- Il Generatore: Cerca di creare dati finti (nel nostro caso, vettori di contratti sintetici) che sembrino il più possibile reali.
- Il Discriminatore: Cerca di distinguere i dati reali da quelli finti creati dal Generatore.
Allenandole insieme, il Generatore diventa bravissimo a creare dati sintetici ultra-realistici, e il Discriminatore diventa un esperto nel riconoscere le caratteristiche dei dati reali (e, nel nostro caso, vulnerabili!). Noi usiamo il Generatore per “aumentare” il nostro set di dati: partendo da pochi esempi reali di contratti con una specifica vulnerabilità (ci siamo concentrati sull’integer overflow, un bug insidioso che ha causato danni milionari in passato, come nel caso del token BEC o del PoWH), ne generiamo tantissimi altri sintetici ma semanticamente validi. Questo ci permette di allenare il nostro sistema anche con pochi dati iniziali (un approccio chiamato few-shot learning).

Come Scoviamo le Falle: Doppio Controllo è Meglio
Una volta che abbiamo il nostro set di dati “aumentato” e i nostri vettori che rappresentano i contratti, come individuiamo un contratto potenzialmente vulnerabile? Usiamo un doppio meccanismo:
- Feedback del Discriminatore GAN: Il nostro Discriminatore, ormai allenato a riconoscere i contratti vulnerabili (reali e sintetici), ci dà una prima indicazione sulla “pericolosità” del contratto che stiamo analizzando.
- Analisi di Similarità Vettoriale: Confrontiamo il vettore del contratto sotto esame con i vettori dei contratti vulnerabili (reali e sintetici) nel nostro dataset. Usiamo misure come la similarità coseno e il coefficiente di correlazione di Pearson. Se il vettore del nuovo contratto è molto “simile” a quelli noti per essere vulnerabili, allora c’è un alto rischio.
Abbiamo messo a punto una formula che combina queste due misure di similarità, pesandole opportunamente (abbiamo scoperto sperimentalmente che dare un peso maggiore alla similarità coseno, W=0.74, funziona meglio) e usando una soglia (T=0.9) per decidere se un contratto è vulnerabile o meno. Questo approccio combinato si è rivelato molto efficace.
Un Po’ di Storia (e di Brividi)
L’idea di “smart contract” risale addirittura al 1994 con Nick Szabo, ma è con la nascita di Ethereum nel 2015 che hanno preso davvero il volo. Ethereum è stata la prima piattaforma a permettere la creazione di questi contratti programmabili sulla blockchain, aprendo un mondo di possibilità oltre le semplici transazioni finanziarie: dalla finanza decentralizzata (DeFi) alla gestione della supply chain, dal voto elettronico alla gestione dei dati sanitari e all’Internet of Things (IoT).
Però, come dicevo, la sicurezza è un tasto dolente. Ricordate l’attacco al progetto DAO nel 2016? Circa 50 milioni di dollari rubati a causa di una vulnerabilità di rientro (reentrancy). O i problemi con il Parity Wallet nel 2017, che hanno portato al furto o al congelamento di milioni in Ether. E ancora, l’hack di Coincheck nel 2018 (534 milioni di dollari!) o quello più recente a Poly Network nel 2021 (oltre 600 milioni di dollari!), che ha sfruttato debolezze nei contratti cross-chain. Questi eventi sottolineano quanto sia critica la fase di verifica e test della sicurezza.

I Nostri Risultati: Un Passo Avanti per la Sicurezza
Non ci siamo fermati alla teoria, ovviamente! Abbiamo testato il nostro metodo su un dataset di 150 contratti Ethereum pubblici presi da Etherscan (50 usati per l’allenamento iniziale, 150 per il test, di cui 70 noti per avere vulnerabilità di integer overflow e 80 sicuri). Abbiamo confrontato le nostre performance con quelle di strumenti di analisi già noti come Oyente e sFuzz.
I risultati sono stati davvero incoraggianti! Il nostro approccio basato su code embedding e GAN ha mostrato un miglioramento dell’accuratezza fino al 18.1% rispetto a Oyente e del 12.4% rispetto a sFuzz. Non solo l’accuratezza generale (ACC), ma anche altre metriche importanti come Precision, Recall e F1-Score (che misura il bilanciamento tra precisione e richiamo) sono risultate superiori. L’F1-Score ottimale raggiunto è stato di 0.91, un valore decisamente buono!
Abbiamo anche fatto uno studio “ablativo”, cioè abbiamo provato ad allenare il sistema *senza* usare i dati sintetici generati dalla GAN. Risultato? L’F1-Score è crollato da 0.91 a 0.84 e l’accuratezza è diminuita del 9.7%. Questa è la prova provata che le GAN fanno davvero la differenza nell’affrontare il problema della scarsità di dati!
Conclusioni e Sguardo al Futuro
Credo fermamente che questo approccio sia promettente. Combinando una rappresentazione intelligente del codice (che ne preserva struttura e semantica) con la potenza delle GAN per generare dati sintetici, siamo riusciti a creare un sistema di rilevamento delle vulnerabilità (specificamente l’integer overflow, per ora) più accurato ed efficiente, anche partendo da pochi esempi.
Questo tipo di analisi proattiva è fondamentale per irrobustire la sicurezza degli smart contract prima che vengano rilasciati sulla blockchain, riducendo il rischio di attacchi e perdite finanziarie. Certo, c’è ancora lavoro da fare. Vogliamo estendere il metodo ad altri tipi di vulnerabilità e confrontarlo con ancora più strumenti (come Mythril o Slither), ma i risultati iniziali ci dicono che siamo sulla strada giusta per rendere l’ecosistema blockchain un posto un po’ più sicuro per tutti.
Fonte: Springer
