Pesce Sicuro? Viaggio tra i Banchi del Bangladesh: Cosa (Non) Sappiamo sulla Sicurezza Alimentare
Ragazzi, parliamoci chiaro: il pesce è una fonte di proteine pazzesca, fondamentale per milioni di persone nel mondo, specialmente nei paesi in via di sviluppo come il Bangladesh. La sua richiesta è schizzata alle stelle negli ultimi decenni. Ma c’è un “ma”, grosso come una casa, anzi, come un tonno: il pesce è super deperibile! Appena pescato, inizia una corsa contro il tempo per mantenerlo fresco e sicuro.
E qui entriamo nel vivo della questione: la sicurezza alimentare. Un concetto che sembra scontato, ma che lungo la filiera del pesce – dai grossisti che comprano in grandi quantità ai dettaglianti che ce lo vendono al mercato – diventa un percorso a ostacoli. Ogni passaggio è cruciale per evitare contaminazioni e quelle brutte bestie che sono le malattie di origine alimentare.
Ma chi controlla davvero l’igiene sui banchi del pesce?
Mi sono imbattuto in uno studio affascinante condotto a Cumilla, un distretto chiave per l’industria ittica del Bangladesh. Hanno voluto vederci chiaro: cosa sanno davvero i venditori di pesce (sia grossisti che dettaglianti) sulla sicurezza alimentare? E soprattutto, mettono in pratica quello che sanno? Hanno intervistato 100 venditori, gente che maneggia pesce tutti i giorni da almeno un anno. E i risultati, beh, diciamo che fanno riflettere.
La conoscenza alla prova: luci e ombre
Allora, cosa è emerso? Un quadro un po’ a macchia di leopardo.
- Sulla contaminazione incrociata (tipo usare lo stesso coltello per pesce crudo e cotto senza lavarlo), circa due terzi se la cavano, hanno capito il rischio. Non male!
- Sulle malattie trasmesse dagli alimenti, invece, c’è un buco nero. Pensate che quasi la metà (44%) dei venditori crede che queste malattie non colpiscano tutti! Come dire “a me non succederà mai”… preoccupante, no?
- Anche sull’igiene personale, solo la metà ha le idee chiare. E questo è un punto dolente.
Però, attenzione, non è tutto nero. La maggioranza riconosce che un ambiente di lavoro pulito previene la contaminazione (84% dei dettaglianti e 80% dei grossisti) e che se si è malati o feriti è meglio non toccare il pesce (81% e 92% rispettivamente). Ma – e qui casca l’asino – pochissimi (meno del 20%!) pensano che lavarsi le mani prima di iniziare a lavorare sia davvero utile per ridurre i rischi. Sembra incredibile, ma è così.
Buone intenzioni, ma bastano? L’atteggiamento verso la sicurezza
Passiamo all’atteggiamento. Qui le cose sembrano andare meglio, almeno a parole. Quasi tutti sono d’accordo sull’importanza della formazione sulla sicurezza alimentare. Vogliono imparare, e questo è positivo! Mostrano anche un atteggiamento favorevole verso pratiche come la manipolazione sicura del pesce e la prevenzione della contaminazione del ghiaccio.
Però, ci sono delle zone grigie. Ad esempio, sull’uso di dispositivi di protezione (guanti, grembiuli…), molti restano neutrali (68% dei dettaglianti, 56% dei grossisti). Come se non fossero convinti della loro utilità. E ancora più strano: una buona fetta (40-44%) non crede che usare acqua contaminata per lavare il pesce sia dannoso. Qui c’è chiaramente qualcosa che non torna tra quello che sanno e quello che pensano sia giusto fare.
La dura realtà del mercato: Le pratiche igieniche
Ed eccoci al dunque: le pratiche reali. Cosa fanno davvero i venditori ogni giorno? Qui la situazione si fa critica e mostra il vero divario tra il sapere e il fare.
- Lavarsi le mani dopo il lavoro? Sì, quasi tutti lo fanno (circa il 90%). Bene!
- Pulire l’area di lavoro? Abbastanza bene (59% dettaglianti, 68% grossisti).
- Usare un fazzoletto se si tossisce o starnutisce? Pochissimi (meno di un terzo). Aiuto!
- Lavarsi le mani prima o dopo essersi toccati il naso? Ancora meno (circa il 30%). Doppio aiuto!
- Mangiare e bere sul posto di lavoro? Pratica comune. Non proprio il massimo dell’igiene…
- Maneggiare pesce con ferite sulle mani? Lo fa un numero moderato (37% dettaglianti, 48% grossisti). Rischiosissimo!
- Conservare il pesce avanzato in frigo? Più di due terzi lo fanno. Almeno questo!
Insomma, nonostante una conoscenza di base e un atteggiamento a volte positivo, le pratiche igieniche fondamentali sono spesso ignorate. C’è un abisso tra la teoria e la pratica quotidiana.
Il grande divario: Sapere non è (sempre) fare
Lo studio lo dice chiaro: c’è una differenza significativa tra il livello di conoscenza (più alto) e quello delle attitudini e, soprattutto, delle pratiche (più basso). Sanno cosa dovrebbero fare, ma non lo fanno. Perché? Forse per abitudine, forse per mancanza di tempo o di strutture adeguate (acqua pulita sempre disponibile?), forse perché nessuno controlla davvero. Lo studio ha anche trovato legami interessanti: famiglie più numerose e avere accesso all’elettricità (magari per un frigo) sembrano influenzare positivamente alcune pratiche igieniche. Anche l’esperienza lavorativa conta.
Un mercato al maschile: Dov’è finita la parità?
Un dato che salta all’occhio: nello studio non c’era nemmeno una donna tra i venditori di pesce. Zero. Questo conferma una tendenza già vista in altre zone del Bangladesh. Sembra che le donne siano più relegate ai lavori domestici. Eppure, potrebbero dare un contributo enorme, specialmente nella lavorazione post-raccolta, nella pulizia e nella vendita. Bisognerebbe creare le condizioni giuste: formazione, accesso al credito, ambienti di lavoro adatti.
Cosa fare? Formazione e regole per un pesce più sicuro
Alla fine della fiera, cosa ci portiamo a casa da questo studio? Che c’è un bisogno urgente di migliorare la consapevolezza e le pratiche igieniche tra chi vende pesce a Cumilla (e probabilmente in molte altre parti del mondo). Non basta sapere, bisogna fare.
Le raccomandazioni sono chiare:
- Campagne di sensibilizzazione e formazione: Ma non le solite lezioni noiose! Servono programmi basati sull’evidenza, magari periodici e obbligatori, che facciano davvero capire i rischi e insegnino le pratiche corrette in modo efficace.
- Rafforzare le capacità: Aiutare i venditori a mettere in pratica ciò che imparano.
- Regole chiare e applicate: Il governo e le autorità devono fare la loro parte con normative precise su formazione, licenze e controlli. Serve un sistema organizzato che garantisca il rispetto delle procedure.
La strada è lunga, ma conoscere il problema è il primo passo per risolverlo. E quando si parla di cibo, la sicurezza non è mai troppa! Speriamo che ricerche come questa spingano a interventi concreti, per la salute di tutti.
Fonte: Springer