Veduta aerea di un quartiere Shikumen di Shanghai al crepuscolo, che mostra un mix di tetti tradizionali in mattoni grigi e spazi verdi rigenerati, con luci calde che illuminano i vicoli e persone che passeggiano. Obiettivo grandangolare 20mm, lunga esposizione per cieli suggestivi e scie luminose, focus nitido sull'architettura e sull'atmosfera vibrante.

Shanghai Nascosta: Come il Placemaking Trasforma il Passaparola Online nei Magici Quartieri Shikumen

Amici, oggi voglio portarvi in un viaggio affascinante nel cuore pulsante di Shanghai, alla scoperta dei suoi iconici quartieri Shikumen. Immaginatevi stradine acciottolate, case tradizionali in mattoni grigi con porte di legno intarsiate, un’atmosfera che profuma di storia e, allo stesso tempo, vibra di modernità. Questi non sono semplici luoghi, ma veri e propri tesori del patrimonio culturale che, come potete immaginare, affrontano sfide enormi per sopravvivere e prosperare nel XXI secolo. Come bilanciare la conservazione di un’eredità così preziosa con le esigenze del turismo e dello sviluppo urbano? È una domanda da un milione di dollari, e la risposta, o almeno una parte di essa, potrebbe nascondersi nel concetto di placemaking e nel potere del passaparola elettronico (eWOM).

Recentemente mi sono imbattuto in uno studio illuminante che ha analizzato proprio questo: come diverse strategie di placemaking interagiscono per modellare ciò che la gente dice online di questi quartieri. E credetemi, nell’era digitale, l’eWOM è una forza potentissima, capace di decretare il successo o il fallimento di una destinazione turistica.

Cos’è il Placemaking e Perché è Cruciale per gli Shikumen?

Ma facciamo un passo indietro. Cos’è esattamente il placemaking? In parole povere, è l’arte e la scienza di trasformare spazi pubblici generici in luoghi che le persone amano, luoghi con un’identità forte, che favoriscono la socializzazione e il benessere. Pensate a piazze vivaci, parchi accoglienti, strade pedonali piene di vita. Nei quartieri Shikumen, il placemaking assume un ruolo ancora più critico. Si tratta di rivitalizzare queste aree storiche, trasformandole in centri culturali e commerciali fiorenti, senza snaturarne l’anima. Un equilibrio delicatissimo, ve lo assicuro!

Lo studio che ho letto ha preso in esame ben 20 casi di quartieri Shikumen, analizzando sette dimensioni chiave del placemaking:

  • La presenza di paesaggi verdi (DGL)
  • La qualità dei servizi e delle infrastrutture (EQA)
  • La conservazione dell’estetica del patrimonio (CHA)
  • La percezione dei visitatori e l’immagine della destinazione (EVPDI)
  • L’organizzazione di eventi culturali e la narrazione del luogo (OCEN)
  • Il marketing attraverso i social media (MSM)
  • La stimolazione della vivacità commerciale in loco (SOCV)

Per farlo, i ricercatori hanno usato un metodo super interessante chiamato analisi qualitativa comparata fuzzy-set (fsQCA), che permette di capire come diverse combinazioni di questi fattori portino a risultati positivi o negativi in termini di eWOM. Hanno raccolto dati da ogni dove: web scraping (cioè “raschiando” dati dal web, come i tweet da Sina Weibo, il Twitter cinese!), riconoscimento di immagini satellitari per valutare il verde, e sondaggi diretti ai turisti. Un lavoraccio, ma fondamentale!

Le Ricette per un eWOM da Urlo (e Quelle da Evitare)

E cosa hanno scoperto? Beh, preparatevi, perché i risultati sono succosi! Sono emerse sei diverse “ricette” strategiche, alcune che portano a un passaparola online entusiasta, altre che, ahimè, generano commenti negativi.

La prima cosa che salta all’occhio è che non esiste una singola strategia magica. Il successo, come spesso accade, deriva da una combinazione sinergica di più elementi.
Per esempio, una delle configurazioni vincenti per un eWOM positivo (chiamiamola Configurazione 1) mette insieme un’alta percentuale di spazi verdi (DGL) con un’eccellente percezione da parte dei visitatori e un’immagine forte della destinazione (EVPDI). Se a questo aggiungiamo una vivace attività commerciale in loco (SOCV), con mercatini, performance e negozi pop-up, il gioco è fatto! Un esempio? Il famoso Xintiandi, che brilla proprio in questi tre aspetti. Pensate: aree verdi che sono un’oasi in città, un’immagine che fonde storia e modernità, e ben 280 eventi commerciali all’anno! Anche Shenyu Lane segue questa scia, con tanto verde, una vibrante vita notturna e un’ottima percezione da parte dei visitatori.
Fotografia di un vivace vicolo del quartiere Shikumen di Xintiandi a Shanghai di notte, con persone che passeggiano tra negozi illuminati e caffè all'aperto sotto lanterne tradizionali. Obiettivo prime 35mm, profondità di campo, luci calde e atmosfera accogliente, duotono rosso e oro.

Un’altra strada per il successo (Configurazione 2a, con la copertura unica più alta, il che significa che spiega una bella fetta di casi positivi) si basa su infrastrutture di qualità (EQA) e, di nuovo, un’eccellente percezione dei visitatori (EVPDI). Questa volta, però, gli elementi chiave che si aggiungono sono edifici storici ben conservati (CHA) e, curiosamente, un numero limitato di attività culturali (OCEN). Sembra quasi che troppi eventi, se non di altissima qualità, possano essere controproducenti! Quartieri come Hengshanfang, Yongping Lane e Ferguson Lane incarnano questo approccio. Qui l’accento è sull’arte pubblica, su servizi moderni integrati con cura nell’ambiente storico, boutique e caffè che creano un’atmosfera rilassata. La conservazione meticolosa dell’architettura Shikumen, unita a questi comfort, fa la differenza.

E le note dolenti? Quando le cose vanno male e l’eWOM diventa negativo?
Le configurazioni che portano a un feedback online negativo (Configurazioni 3a e 3b) hanno un nucleo comune: la mancanza sia di edifici storici eccellenti (quindi ~CHA, dove “~” significa “assenza di”) sia di un’immagine favorevole della destinazione (~EVPDI). Insomma, se il patrimonio è trascurato e la gente non percepisce il luogo in modo positivo, la frittata è fatta.
La Configurazione 3a, che spiega la maggior parte dei casi di fallimento, aggiunge a questo mix desolante anche un marketing online inadeguato (~MSM). Casi come Shankang Lane e Tonglefang ne sono un triste esempio. Shankang Lane, focalizzandosi troppo su bar e vita notturna, ha un appeal limitato, poco verde e restauri carenti. Tonglefang, invece, ha ricevuto critiche per un ammodernamento commerciale che stona con il contesto storico. Entrambi faticano a creare un passaparola positivo.

Strategie Intangibili al Centro, ma Non da Sole!

Una delle cose che mi ha colpito di più è il ruolo centrale delle strategie “intangibili”. Migliorare la percezione dei visitatori e l’immagine della destinazione (EVPDI) è un fattore critico che spunta in ben tre configurazioni positive. Questo ci dice quanto sia importante l’engagement emotivo, la gestione della percezione e l’esperienza complessiva del visitatore.
Tuttavia, attenzione! Questi elementi intangibili sono profondamente intrecciati con quelli tangibili, come la conservazione del patrimonio e la qualità delle infrastrutture. È come un ballo a due: gli aspetti tangibili preparano il terreno, amplificando l’impatto delle esperienze intangibili. Senza solide fondamenta fisiche, l’engagement emotivo e culturale rischia di non attecchire. E viceversa, miglioramenti tangibili potrebbero non “parlare” al cuore dei visitatori se non accompagnati da una forte componente immateriale.

Un’altra sorpresa? Gli eventi culturali (OCEN), spesso considerati il fulcro del placemaking, qui emergono come driver ausiliari, non principali, dell’eWOM positivo. Anzi, se le aspettative dei turisti (che per i siti storici sono alte!) vengono deluse, possono addirittura avere un effetto boomerang. Questo non significa che non servano, ma che devono essere di qualità eccelsa e ben integrati.
E il marketing digitale (MSM)? Anche qui, lo studio suggerisce che le attività commerciali offline, quelle vissute di persona, sono più efficaci nel creare un eWOM autentico e positivo rispetto a una massiccia campagna social. L’esperienza diretta, l’interazione, l’autenticità battono spesso la vetrina digitale, che a volte può esagerare o omologare l’offerta.
Fotografia macro di dettagli architettonici di un edificio Shikumen, come mattoni grigi usurati dal tempo e intagli in legno di una porta. Obiettivo macro 100mm, alta definizione, illuminazione controllata per esaltare le texture, focus preciso sui dettagli storici.

Un Manuale per il Placemaking di Successo

Forte di queste scoperte, lo studio propone addirittura un framework decisionale in sei passaggi per aiutare chi si occupa di questi progetti, specialmente quando le risorse sono limitate. Si parte dalla valutazione delle risorse esistenti, si identificano le carenze e si selezionano le strategie combinate più adatte per migliorare l’eWOM. Un approccio davvero pragmatico!
Vi faccio qualche esempio tratto dal framework:

  • Poco spazio verde (DGL)? Si punta a migliorare infrastrutture, immagine della destinazione e conservazione degli edifici.
  • Qualità del verde carente? Priorità all’espansione e al miglioramento del verde, magari con attività commerciali “terapeutiche” o orientate al relax.
  • Infrastrutture (EQA) insufficienti? O si lavora sulla qualità del verde e sulla diversità commerciale, oppure sull’inclusività e comfort delle infrastrutture, con un occhio all’estetica storica.
  • Patrimonio (CHA) mal conservato? Fondamentale migliorare la percezione dei visitatori (EVPDI) e la qualità del verde. E, ovviamente, restaurare! Integrando poi attività culturali e commerciali legate alla storia del luogo.
  • Immagine della destinazione (EVPDI) debole? Si interviene su verde, infrastrutture, diversificazione commerciale ed eventi culturali, magari sfruttando storie locali per costruire il brand.

E così via. L’idea è sempre quella di un approccio integrato e su misura.

Cosa Ci Portiamo a Casa?

Questo studio, amici, è una miniera d’oro. Non solo conferma che il placemaking e l’eWOM sono legati da un nesso causale, ma ci offre una visione molto più chiara di quali strategie, e soprattutto quali combinazioni di strategie, funzionino davvero.
I pilastri per un eWOM positivo nei quartieri Shikumen sembrano essere:

  1. Migliorare la percezione dei visitatori e l’immagine della destinazione (EVPDI)
  2. Fornire servizi e infrastrutture di qualità (EQA)
  3. Sviluppare e curare i paesaggi verdi (DGL)

Al contrario, una cattiva conservazione del patrimonio unita a una gestione fallimentare dell’immagine della destinazione porta dritti a un eWOM negativo.

Certo, come ogni ricerca, anche questa ha i suoi limiti: il campione di 20 quartieri è relativamente piccolo, i sondaggi possono avere dei bias, e la segmentazione delle immagini satellitari ha le sue complessità. Inoltre, si concentra su Shanghai, quindi generalizzare ad altri contesti va fatto con cautela.
Ma le lezioni apprese sono preziose, non solo per Shanghai, ma per qualsiasi città del mondo con un ricco patrimonio storico da valorizzare, specialmente quelle ad alta densità in Asia ed Europa.
La rigenerazione urbana di successo, quella che crea luoghi amati e vissuti, passa attraverso un delicato equilibrio di elementi tangibili e intangibili, dove la percezione e l’esperienza del visitatore sono al centro. E il passaparola online, che ci piaccia o no, è lo specchio fedele di quanto bene stiamo facendo questo lavoro.

In conclusione, la prossima volta che passeggerete per un quartiere storico magnificamente recuperato, pensate a tutto il lavoro che c’è dietro: non solo mattoni e calce, ma strategie complesse che mirano a toccare le corde giuste nel cuore (e nei social network!) delle persone. E se siete urbanisti, sviluppatori o amministratori, beh, questo studio vi offre una bussola niente male per navigare le acque complesse della rigenerazione del patrimonio.

Fonte: Springer

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