Coscienza: La Sfida Finale tra Teorie Rivali nel Cervello Umano
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che affascina filosofi e scienziati da secoli: la coscienza. Cos’è quella sensazione soggettiva, quel “sentire” che proviamo quando vediamo un colore, ascoltiamo musica o proviamo dolore? E come diavolo fa il nostro cervello, quella massa gelatinosa di neuroni, a generarla? Beh, non abbiamo ancora una risposta definitiva, ma la scienza sta facendo passi da gigante, e voglio raccontarvi di un esperimento davvero pazzesco che ha messo K.O. alcune delle idee più accreditate.
Immaginate un ring scientifico. Da una parte, abbiamo la Teoria dell’Informazione Integrata (IIT), che scommette tutto sulla parte posteriore del cervello, una sorta di “zona calda” (la chiamano proprio così, posterior hot zone) dove l’informazione verrebbe integrata in modo complesso e irriducibile. Più alta è questa integrazione (misurata da un valore chiamato “phi”), più coscienza c’è. Dall’altra parte, c’è la Teoria dello Spazio di Lavoro Neuronale Globale (GNWT). Questa teoria punta sulla parte frontale del cervello, la corteccia prefrontale (PFC), come un grande palcoscenico dove le informazioni importanti vengono “trasmesse” a tutto il cervello, diventando così coscienti. Pensatela come un’accensione (ignition) improvvisa di informazioni che diventano disponibili globalmente.
Due Giganti a Confronto: L’Idea dell’Adversarial Collaboration
Per anni, queste due teorie hanno raccolto prove a loro favore, ma spesso usando metodi diversi, un po’ come due pugili che si allenano in palestre separate senza mai affrontarsi direttamente. Questo può portare a un “bias di conferma”: si tende a trovare quello che si cerca. Per superare questo limite, un gruppo di scienziati ha avuto un’idea brillante: una collaborazione avversariale. Hanno messo insieme i sostenitori di IIT e GNWT, più un team di ricercatori “neutrali”, e hanno detto: “Ok, mettiamoci d’accordo prima su come testare le vostre idee, su quali risultati ci aspettiamo per ogni teoria e su come interpreteremo l’esito, qualunque esso sia”. Niente più scuse o interpretazioni a posteriori! Un approccio open science, trasparente e super rigoroso.
L’Esperimento: Mettere alla Prova il Cervello
E così hanno fatto. Hanno reclutato ben 256 persone e hanno sbirciato dentro le loro teste mentre svolgevano un compito specifico, usando un arsenale tecnologico da far invidia:
- Risonanza Magnetica Funzionale (fMRI): per vedere quali aree del cervello si attivano (ottima risoluzione spaziale).
- Magnetoencefalografia (MEG): per misurare i campi magnetici prodotti dall’attività neuronale (ottima risoluzione temporale).
- Elettroencefalografia Intracranica (iEEG): elettrodi impiantati direttamente nel cervello di pazienti epilettici (il top per precisione spaziale e temporale, anche se invasiva e disponibile solo in casi specifici).
L’uso combinato di queste tecniche ha permesso di superare i limiti di ciascuna singola metodologia. Ai partecipanti venivano mostrati stimoli visivi (facce, oggetti, lettere, simboli senza senso) per durate variabili (mezzo secondo, un secondo, un secondo e mezzo). Gli stimoli erano ben visibili e al centro dell’attenzione, per essere sicuri di studiare la coscienza “piena”, non segnali deboli o distratti. A volte dovevano cercare uno stimolo specifico (compito rilevante), altre volte no (compito irrilevante), per distinguere l’attività legata alla coscienza da quella legata al semplice compito.
Le Predizioni: Cosa Doveva Succedere Secondo le Teorie?
Prima di iniziare, il team ha messo nero su bianco tre previsioni chiave, specificando cosa avrebbe significato una vittoria o una sconfitta per IIT e GNWT:
1. Dov’è l’informazione cosciente?
* IIT diceva: L’informazione sul contenuto (cosa stai vedendo: una faccia? un oggetto? orientato a destra o sinistra?) si trova principalmente nella corteccia posteriore. La corteccia prefrontale (PFC) non è necessaria, anzi, potrebbe aggiungere rumore.
* GNWT diceva: L’informazione deve essere decodificabile anche dalla PFC, perché è lì che avviene la “trasmissione globale”.
2. Come viene mantenuta l’esperienza nel tempo?
* IIT diceva: L’attività neurale che rappresenta il contenuto cosciente deve rimanere attiva e sostenuta nella zona posteriore per tutta la durata dello stimolo.
* GNWT diceva: Ci dovrebbe essere una breve “accensione” (ignition) nella PFC all’inizio dello stimolo (quando diventa cosciente) e un’altra alla fine (quando scompare e cambia l’esperienza), ma tra questi due momenti l’informazione potrebbe essere mantenuta in uno stato “silente”, senza attività continua.
3. Come comunicano le aree cerebrali?
* IIT diceva: Ci aspettiamo una connettività sostenuta (sincronizzazione) tra aree sensoriali di basso livello (come V1/V2, le prime aree visive) e aree di alto livello (quelle che riconoscono facce o oggetti) sempre nella corteccia posteriore.
* GNWT diceva: Ci aspettiamo una connettività a lungo raggio, anche se breve, tra le aree di alto livello e la PFC, specialmente all’inizio e alla fine dello stimolo.
I Risultati: Sorprese e Sfide per Entrambe le Teorie
E qui arriva il bello! I risultati, analizzati dai team neutrali per evitare bias, hanno riservato parecchie sorprese e messo seriamente in discussione entrambe le teorie. Vediamo punto per punto:
1. Decodifica del Contenuto:
L’informazione sulla categoria dello stimolo (faccia vs oggetto) era effettivamente decodificabile sia dalle aree posteriori (come previsto da IIT) sia dalla PFC (come previsto da GNWT). Un pareggio? Non proprio. Quando si andava a vedere l’orientamento dello stimolo (un dettaglio più fine dell’esperienza cosciente), l’informazione era robusta solo nelle aree posteriori, e quasi assente nella PFC. Questo è un bel problema per GNWT, che prevedeva la trasmissione di *tutto* il contenuto cosciente. Inoltre, aggiungere i dati della PFC a quelli posteriori non migliorava la decodifica, anzi a volte la peggiorava, un risultato che sfida l’idea di IIT sulla non necessarietà della PFC ma è compatibile con l’idea di GNWT che la PFC “trasmetta” senza aggiungere dettagli.
2. Mantenimento nel Tempo:
Qui le cose si complicano ancora di più. Nelle aree posteriori, si è trovata un’attività sostenuta che seguiva la durata dello stimolo, proprio come previsto da IIT! Tuttavia, questa attività sostenuta non rappresentava sempre tutti gli aspetti coscienti (l’orientamento, ad esempio, non era mantenuto stabilmente). Per GNWT, invece, è arrivata la batosta più grossa: l’attività nella PFC era per lo più transitoria all’inizio dello stimolo, ma la famosa “ignition” alla fine dello stimolo, che doveva segnalare il cambiamento dell’esperienza cosciente (lo stimolo scompare!), semplicemente non c’era. Un’assenza pesante, difficile da spiegare per la teoria dello spazio di lavoro globale.
3. Connettività tra Aree:
Le analisi iniziali sulla sincronizzazione di fase (PPC) non hanno supportato nessuna delle due teorie in modo chiaro. Analisi esplorative successive sulla connettività dinamica (DFC) e con fMRI hanno mostrato un quadro misto:
- C’era una certa connettività breve (non sostenuta come previsto da IIT) tra aree posteriori (V1/V2 e aree selettive per oggetti).
- C’era anche una connettività tra aree selettive per categorie (soprattutto facce) e la PFC, più in linea con GNWT, ma i dettagli non combaciavano perfettamente con le previsioni.
Insomma, anche sulla connettività, nessuna delle due teorie ha ottenuto una vittoria netta.
Il Verdetto (Provvisorio): Nessun K.O., ma Tante Domande
Quindi, chi ha vinto? Nessuno, o meglio, entrambe le teorie hanno mostrato punti di forza ma anche debolezze significative, messe a nudo da questo confronto diretto e rigoroso.
* Per IIT: La sfida più grande è la mancanza di una sincronizzazione sostenuta nella corteccia posteriore, un pilastro della teoria. Anche il fatto che non tutte le informazioni coscienti (come l’orientamento) sembrino mantenute attivamente per tutta la durata è un punto interrogativo.
* Per GNWT: Il colpo più duro è l’assenza dell’ignition alla fine dello stimolo nella PFC. Come fa lo spazio di lavoro a “registrare” che l’esperienza è cambiata se non c’è questo segnale? Inoltre, la rappresentazione limitata di alcuni contenuti (identità, orientamento) nella PFC solleva dubbi sul suo ruolo di “palcoscenico” per *tutta* l’esperienza cosciente.
Cosa Impariamo da Questa Sfida?
Al di là dei risultati specifici su IIT e GNWT, questo studio è importantissimo per come è stato fatto. Dimostra che le collaborazioni avversariali, dove scienziati con idee opposte si mettono d’accordo su come testare le loro teorie in modo trasparente e pre-registrato, sono uno strumento potentissimo per far progredire la scienza, specialmente in campi complessi come lo studio della coscienza. Si superano i bias, si forzano le teorie a essere più precise e si ottengono risultati più robusti, anche quando (o forse *soprattutto* quando) mettono in crisi le idee preesistenti.
Certo, anche questo studio ha i suoi limiti. Non possiamo essere sicuri al 100% di aver eliminato ogni influenza del compito sperimentale, e la ricchezza dell’esperienza cosciente è difficile da catturare completamente in laboratorio. Ma è un passo avanti enorme.
La ricerca sulla coscienza continua. Questi risultati non decretano la fine di IIT o GNWT, ma le costringono a rivedere alcuni dei loro assunti fondamentali. E aprono la strada a nuove idee, magari integrando aspetti di entrambe le teorie o sviluppandone di completamente nuove. La strada è ancora lunga, ma esperimenti come questo ci danno gli strumenti giusti per percorrerla. È un momento davvero eccitante per essere uno spettatore (o un partecipante!) in questa incredibile avventura scientifica alla scoperta di noi stessi.
Fonte: Springer