Cambiare Idea Si Può? La Sfida (e la Scienza) della Revisione Concettuale
Vi siete mai soffermati a pensare a come usiamo le parole, ai concetti che ci stanno dietro? Spesso li diamo per scontati, come se fossero scolpiti nella pietra. Ma cosa succederebbe se potessimo… migliorarli? Se potessimo affinare il nostro modo di pensare e parlare, rendendolo più preciso, più utile, più aderente alla realtà o ai nostri obiettivi? Ecco, questa è l’idea affascinante dietro quella che viene chiamata ingegneria concettuale. Non si tratta solo di capire come stanno le cose ora, ma di essere creativi, revisionari, innovativi con i nostri stessi strumenti di pensiero.
L’ingegneria concettuale, in pratica, segue un percorso in quattro fasi:
- Descrivere: Capire come usiamo un concetto attualmente.
- Valutare: Chiederci se questo concetto ha dei difetti, se ci porta fuori strada.
- Migliorare: Progettare una versione nuova o rivista del concetto.
- Implementare: Far sì che questa nuova versione venga adottata dalle persone giuste.
Le prime tre fasi sono pane quotidiano per accademici, filosofi, scienziati cognitivi. Sappiamo descrivere concetti (pensate a ‘causa’, ‘verità’, ‘responsabilità’), sappiamo valutarli con argomenti e esperimenti mentali, e negli ultimi anni abbiamo iniziato a proporre attivamente delle migliorie. Ma è l’ultimo passo, l’implementazione, la vera incognita. Come facciamo a far sì che un concetto “ingegnerizzato” prenda piede? Quali fattori ne determinano il successo o il fallimento?
La Sfida dell’Implementazione: Come Misurare un Cambiamento Reale?
Finora, per rispondere a queste domande, ci siamo basati su casi storici di cambiamento linguistico o su lezioni prese dalla psicologia cognitiva. Abbiamo studiato come termini come “distanziamento sociale” si sono diffusi (con più o meno successo) o come certe idee, magari radicate biologicamente, siano più difficili da sradicare di altre. Ma si tratta spesso di analisi a posteriori o di parallelismi. Mancava un modo per testare direttamente e empiricamente l’efficacia di un tentativo di revisione concettuale su un gruppo specifico di persone.
Pensateci: se io vi spiego un concetto nuovo oggi, come faccio a sapere se tra una settimana lo userete ancora nel modo “giusto”, o se tornerete alle vecchie abitudini? Come posso essere sicuro che non mi stiate semplicemente dicendo quello che pensate io voglia sentirmi dire durante l’esperimento? Serviva un metodo più astuto.
La Nostra Arma Segreta: Il Metodo “Mascherato a Distanza di Tempo”
Ispirandoci un po’ alla psicologia dello sviluppo (che studia come cambiano i concetti nei bambini, anche se spesso in contesti educativi formali), abbiamo pensato a un approccio diverso, adatto agli adulti e ai sondaggi online, più agili ed economici. Lo abbiamo chiamato metodo mascherato a distanza di tempo (masked time-lagged method).
L’idea è semplice ma potente:
- In una prima fase, presentiamo a un gruppo di partecipanti (il gruppo “test”) uno stimolo pensato per modificare un certo concetto. Un altro gruppo (di “controllo”) non riceve nulla.
- Dopo un certo intervallo di tempo (da ore a giorni), ricontattiamo i partecipanti del gruppo test (e reclutiamo quelli del gruppo di controllo) per un secondo sondaggio, apparentemente non collegato al primo. Usiamo un account diverso, un layout diverso, inseriamo la domanda chiave tra altre domande “filler” per mascherare il vero scopo.
- In questo secondo sondaggio, misuriamo il loro concetto senza che si rendano conto che stiamo verificando l’effetto dell’intervento iniziale.
Questo “mascheramento” e la “distanza di tempo” ci aiutano a catturare un cambiamento più genuino, meno influenzato dalla situazione sperimentale immediata e più vicino a come i concetti vengono usati nella vita reale.
Alla Prova dei Fatti: Plutone è un Pianeta? E i Dinosauri con le Piume?
Per mettere alla prova il nostro metodo, abbiamo scelto due concetti scientifici su cui c’è stato un recente cambiamento nel consenso degli esperti, ma che spesso cozzano con l’intuizione comune: pianeta e dinosauro.
- Molti di noi sono cresciuti pensando che Plutone fosse il nono pianeta. Ma dal 2006, l’Unione Astronomica Internazionale (IAU) ha stabilito criteri più precisi, e Plutone non li soddisfa (non ha “ripulito” la sua orbita). Quindi, per gli esperti, Plutone non è un pianeta.
- Pensiamo ai dinosauri come a lucertoloni giganti estinti. Ma la paleontologia moderna ha dimostrato che gli uccelli discendono direttamente da un gruppo di dinosauri (i teropodi). Quindi, tecnicamente, gli uccelli sono dinosauri, e i dinosauri non sono del tutto estinti!
Il nostro obiettivo era vedere se potevamo “aggiornare” i concetti dei partecipanti per allinearli a quelli degli esperti. Abbiamo creato due tipi di intervento per ciascun concetto: uno breve, solo testuale, e uno più lungo con testo e immagini esplicative (citando fonti come Scientific American, NASA, BBC).
Poi, nella fase mascherata a distanza di tempo, abbiamo misurato il cambiamento usando tre tecniche diverse:
- Completamento di frase: “Plutone è…” / “I dinosauri sono…” (dovevano completare con una frase vera).
- Produzione di Caratteristiche Semantiche (SFP): Elencare tre caratteristiche che venivano in mente pensando a Plutone o ai dinosauri.
- Categorizzazione: Decidere se alcuni item (tra cui Plutone o un gabbiano) appartenessero alla categoria “pianeta” o “dinosauro”.
Il Verdetto: Successi, Fallimenti e Qualche Sorpresa
Ebbene, i risultati sono stati… interessanti e un po’ agrodolci!
Per quanto riguarda pianeta, l’intervento ha funzionato piuttosto bene. I partecipanti che avevano ricevuto le nostre spiegazioni erano significativamente meno propensi a definire Plutone un pianeta rispetto al gruppo di controllo, e questo effetto si vedeva in tutte e tre le misure (Completamento, SFP, Categorizzazione). L’intervento con testo e immagini sembrava leggermente più efficace di quello solo testuale, suggerendo che forse la multimodalità aiuta. Successo! Sembra che “declassare” Plutone nella mente delle persone sia fattibile con un breve intervento.

Per dinosauro, invece, la storia è stata diversa. L’intervento ha avuto un forte impatto sulla domanda diretta di categorizzazione: i partecipanti “trattati” erano molto più propensi a classificare un uccello (gabbiano) come dinosauro. Ma quando si trattava delle misure più “profonde” come il completamento di frase o l’elenco delle caratteristiche salienti (SFP), non c’era quasi differenza rispetto al gruppo di controllo. Continuavano a dire che i dinosauri sono “estinti” o ad associare al termine solo le immagini classiche dei bestioni preistorici. Qui, né l’intervento testuale né quello con immagini hanno smosso le associazioni più radicate.
Perché Questa Differenza? Scavando più a Fondo
Come mai è stato più facile convincere la gente su Plutone che sugli uccelli-dinosauri? Abbiamo fatto un piccolo studio di follow-up per esplorare alcune ipotesi:
- Somiglianza: Forse Plutone, pur non essendo tecnicamente un pianeta, assomiglia di più a un “pianeta tipico” (è tondo, orbita attorno al Sole) di quanto un uccello assomigli a un “dinosauro tipico” (come un T-Rex). Il nostro follow-up ha confermato: la gente vede Plutone molto più simile ai pianeti di quanto non veda gli uccelli simili ai dinosauri.
- Restringere vs. Espandere: Togliere Plutone dalla categoria “pianeta” significa restringere un concetto. Includere gli uccelli tra i dinosauri significa espanderlo. Forse siamo psicologicamente più portati a precisare e restringere (come impariamo a fare fin da bambini) che ad allargare categorie consolidate?
- Notorietà: La questione di Plutone è stata molto più discussa pubblicamente rispetto alla classificazione degli uccelli come dinosauri. Molti partecipanti forse avevano già sentito qualcosa su Plutone, rendendo l’intervento più un “rinforzo” che una novità assoluta. Il follow-up ha mostrato che, in effetti, più persone erano a conoscenza del “declassamento” di Plutone.
Questi fattori, probabilmente combinati, potrebbero spiegare perché abbiamo avuto più successo con `pianeta`.
Cosa Impariamo sul Cambiare le Menti (e i Concetti)?
Questo studio, pur con i suoi limiti (solo due concetti, entrambi scientifici; misurazione a breve termine), ci offre alcuni spunti preziosi:
A livello globale (potenzialmente valido per molti concetti):
- Brevi interventi esplicativi possono funzionare per rivedere alcuni concetti, almeno quelli relativi a tipi naturali.
- Cambiare gli schemi espliciti di categorizzazione sembra relativamente facile.
- Modificare le associazioni implicite e ciò che ci viene in mente di default (come misurato da SFP e Completamento) è molto più difficile.
- Revisioni che implicano un restringimento o una divisione di un concetto potrebbero essere più facili di quelle che richiedono un’espansione o un’unione.
A livello locale (specifico per i casi studiati):
- Il successo con `pianeta` potrebbe dipendere in parte dalla precedente esposizione all’idea.
- L’uso di supporti visivi e spiegazioni più dettagliate potrebbe aver aiutato nel caso di `pianeta`, ma non è stato sufficiente per `dinosauro`.

Certo, qualcuno potrebbe obiettare: ma avete cambiato i concetti o solo le credenze delle persone? È una domanda complessa, e la linea è sottile. Noi sosteniamo che, mirando alle risposte più automatiche e meno contestuali (grazie al mascheramento e alla distanza temporale), ci siamo avvicinati a misurare un cambiamento più profondo, più vicino al “concetto” come inteso da alcuni modelli (informazione recuperata di default), specialmente con le misure SFP e di Completamento. La misura di Categorizzazione, più “plastica”, potrebbe riflettere un cambiamento di credenza o forse lo sviluppo di un doppio concetto (folk vs. scientifico), come accade per “frutto” (pomodoro: non è un frutto in cucina, lo è in botanica).
Uno Strumento per Tutti? Oltre i Concetti Mentali
Abbiamo parlato finora nell’ottica che i concetti siano rappresentazioni mentali. Ma il metodo “mascherato a distanza di tempo” può essere utile anche per chi pensa che l’ingegneria concettuale riguardi piuttosto il significato delle parole nella lingua, o le intenzioni con cui le usiamo.
Anche se il significato fosse determinato da fattori esterni (come le convenzioni sociali o la struttura del mondo), questi fattori sono spesso influenzati dalle credenze e dalle pratiche collettive degli individui. Il nostro metodo permette di testare empiricamente quali interventi sono più efficaci nel modificare queste credenze e pratiche linguistiche in un gruppo di persone, contribuendo così, indirettamente, a orientare anche il cambiamento del significato “esterno” o delle norme d’uso.
In Conclusione: La Strada è Aperta
L’ingegneria concettuale è un campo affascinante ma pieno di sfide, soprattutto quando si tratta di passare dalla teoria alla pratica. La grande domanda “come facciamo a far attecchire le idee migliori?” richiede risposte empiriche. Con il metodo mascherato a distanza di tempo, abbiamo dimostrato che è possibile testare direttamente l’implementazione della revisione concettuale.
I nostri risultati con `pianeta` e `dinosauro` mostrano un quadro complesso: cambiare le etichette è possibile, cambiare le associazioni profonde è difficile. Il successo dipende da molti fattori, dalla natura del concetto alla familiarità pregressa, forse anche dal tipo di cambiamento richiesto (restringere vs. espandere).
Abbiamo fatto solo un primo passo, ma ora abbiamo uno strumento in più per esplorare sistematicamente come possiamo, forse, imparare a pensare e parlare un po’ meglio, insieme. La sfida è aperta!
Fonte: Springer
