Serotonina vs Neurotensina: La Danza Chimica Che Decide Amici e Nemici nel Cervello
Ciao a tutti, appassionati di scienza e misteri della mente! Oggi voglio portarvi in un viaggio incredibile all’interno del nostro cervello, per scoprire come decidiamo, a livello quasi inconscio, se una persona ci piace o meno, se un’interazione sociale è stata positiva o negativa. Sembra fantascienza, vero? Eppure, è proprio quello che accade in una piccola ma potentissima area del nostro ippocampo.
Avete mai pensato a come facciamo a “etichettare” le persone che incontriamo? Non parlo di pregiudizi, ma di quella sensazione istintiva che ci dice se fidarci o meno, se avvicinarci o allontanarci, basandoci sulle esperienze passate. È una capacità fondamentale per sopravvivere e prosperare nel complesso mondo delle relazioni sociali. A differenza di stimoli semplici come l’odore di un predatore (paura!) o il sapore del cibo (piacere!), la valenza sociale – cioè il valore emotivo che attribuiamo a un altro individuo – è incredibilmente flessibile e dinamica. Un amico può diventare un rivale, un estraneo può trasformarsi in un partner. Come fa il nostro cervello a gestire questa complessità e ad aggiornare continuamente queste “etichette”?
Il Palcoscenico: L’Ippocampo Ventrale CA1 (vCA1)
La risposta, o almeno una parte cruciale di essa, sembra trovarsi in una specifica regione dell’ippocampo chiamata vCA1 (area CA1 ventrale). L’ippocampo è famoso per il suo ruolo nella memoria, ma la sua parte ventrale è particolarmente coinvolta nelle emozioni e, come stiamo scoprendo, nelle interazioni sociali. Immaginate la vCA1 come un centro di smistamento, un hub dove arrivano informazioni sull’identità di chi incontriamo e segnali che ne definiscono la “valenza”.
Recenti ricerche, come quella pubblicata su Nature dai cui dati prendo spunto, hanno svelato un meccanismo affascinante: la vCA1 integra segnali provenienti da due diverse aree del cervello, che utilizzano due messaggeri chimici (neurotrasmettitori) distinti per comunicare messaggi opposti: uno per il “pollice in su” sociale 👍 e uno per il “pollice in giù” 👎.
Serotonina: Il Messaggero del “Mi Piace”
Il primo protagonista di questa storia è la serotonina (spesso chiamata l’ormone del buonumore, anche se è molto di più). Quando viviamo un’interazione sociale piacevole, gratificante – pensate all’incontro con un potenziale partner o a un momento positivo con un amico – i neuroni di un’area chiamata nucleo dorsale del rafe (DR) rilasciano serotonina direttamente nella vCA1.
Ma come agisce la serotonina qui? In modo un po’ controintuitivo: invece di eccitare direttamente i neuroni principali della vCA1 (i neuroni piramidali), la serotonina agisce su specifici recettori, i 5-HT1B, che si trovano spesso sui terminali di neuroni inibitori. Il risultato? La serotonina mette un freno all’attività di questi neuroni inibitori. È come se togliesse i freni ai neuroni piramidali, permettendo loro di attivarsi più facilmente. Questo processo si chiama disinibizione. In pratica, la serotonina dice alla vCA1: “Ok, questa interazione è positiva, associa questa sensazione alla persona che hai di fronte!”.
Neurotensina: Il Segnale di “Attenzione!”
Dall’altra parte della barricata troviamo la neurotensina (NT). Questo neurotrasmettitore entra in gioco durante le interazioni sociali negative, avversive – come un incontro con un individuo aggressivo. In questi casi, sono i neuroni di un’altra area, il nucleo paraventricolare del talamo (PVT), a inviare neurotensina alla vCA1.
A differenza della serotonina, la neurotensina agisce in modo più diretto. Si lega ai suoi recettori specifici, gli NTR1, presenti direttamente sui neuroni piramidali della vCA1, e li potenzia, li rende più eccitabili. È come se premesse l’acceleratore. Il messaggio è chiaro: “Attenzione! Questa interazione è negativa, associala a questa persona!”.

Un Equilibrio Dinamico: La Prova Sperimentale
Ma come facciamo a essere sicuri che funzioni proprio così? Gli scienziati hanno usato tecniche incredibili su modelli animali (topi, in questo caso) per “accendere” e “spegnere” selettivamente questi percorsi neurali.
- Utilizzando l’optogenetica (luce per controllare i neuroni) e la chemogenetica (farmaci specifici per attivare o disattivare neuroni modificati), hanno dimostrato che silenziando l’arrivo di serotonina dal DR alla vCA1, si comprometteva la capacità di formare associazioni sociali positive, ma non quelle negative.
- Al contrario, bloccando l’arrivo di neurotensina dal PVT alla vCA1, si annullava la capacità di formare associazioni sociali negative, lasciando intatte quelle positive.
Ancora più sorprendente: attivando artificialmente il rilascio di serotonina durante un’interazione negativa, i ricercatori potevano “confondere” il cervello e impedire l’associazione negativa. E viceversa, attivando il rilascio di neurotensina durante un’interazione positiva, bloccavano l’associazione positiva. Addirittura, combinando l’attivazione artificiale di un neurotrasmettitore con il blocco del recettore dell’altro, sono riusciti a invertire completamente la valenza sociale associata a un individuo! Pensateci: lo stesso individuo poteva essere percepito prima come “negativo” e poi come “positivo” (o viceversa) manipolando questi circuiti.
Questo dimostra che non si tratta solo di memoria (“ho già incontrato questa persona?”), ma proprio di attribuzione di valore (“questa persona è ‘buona’ o ‘cattiva’ per me, in base all’esperienza?”). La vCA1, sotto l’influenza opposta di serotonina e neurotensina, agisce come un interruttore flessibile per calcolare la valenza sociale.
Perché è Importante? Implicazioni e Prospettive Future
Questa scoperta è fondamentale per capire le basi neurali del comportamento sociale. Ci mostra un meccanismo elegante e potente attraverso cui il cervello integra esperienze passate per guidare le interazioni future. La flessibilità di questo sistema è cruciale: le relazioni cambiano, e il nostro cervello deve potersi adattare.

Inoltre, apre nuove prospettive per comprendere e potenzialmente trattare disturbi neuropsichiatrici caratterizzati da difficoltà nelle interazioni sociali, come i disturbi dello spettro autistico (ASD) o la schizofrenia. Nello studio citato, ad esempio, i ricercatori hanno testato un modello murino di ASD (topi con una mutazione nel gene Shank3) che mostrava deficit nella formazione di valenze sociali positive. Sorprendentemente, somministrando un farmaco che attiva i recettori 5-HT1B (quelli della serotonina per il “mi piace”) direttamente nella vCA1, sono riusciti a ripristinare la capacità di questi topi di formare associazioni sociali positive! Hanno anche dimostrato che questo farmaco aumentava l’eccitabilità dei neuroni della vCA1 in questi topi, compensando un deficit preesistente.
Questo suggerisce che agire su questi recettori (5-HT1B per il positivo, NTR1 per il negativo) potrebbe rappresentare una futura strategia terapeutica. Ovviamente, la strada è ancora lunga, ma aver identificato questo “interruttore” biochimico della valenza sociale è un passo da gigante.

Conclusione: Una Danza Chimica nel Cervello
Quindi, la prossima volta che avrete una sensazione istintiva su qualcuno che avete appena incontrato, pensate a quella complessa danza chimica che sta avvenendo nella vostra vCA1. Serotonina e neurotensina, come due ballerini con stili opposti, guidano i vostri neuroni a decidere se quella persona merita un “like” o un “dislike” emotivo, basandosi sulla vostra storia sociale.
È affascinante pensare a come meccanismi neurali relativamente specifici possano dare origine a comportamenti così complessi e sfumati come le nostre relazioni sociali. La ricerca continua, e chissà quali altri segreti il nostro cervello sociale ci svelerà in futuro!
Fonte: Springer
