Visualizzazione concettuale del cervello di un neonato prematuro infiammato a causa della sepsi. Cellule immunitarie come neutrofili (sfere luminose arancioni) infiltrano il tessuto cerebrale, mentre le microglia (cellule ramificate blu) mostrano segni di attivazione e stress metabolico. Sullo sfondo, la sostanza bianca appare danneggiata. Effetto profondità di campo, colori duotone blu e arancione per rappresentare infiammazione e danno neuronale. Obiettivo prime 35mm, stile fotorealistico ma illustrativo.

Cervello Prematuro Sotto Attacco: Come la Sepsi Scatena Infiammazione e Danni Neurologici

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante, anche se un po’ preoccupante, nel mondo microscopico del cervello dei neonati prematuri, specialmente quando devono affrontare un nemico insidioso come la sepsi. Parliamo di come un’infezione sistemica possa lasciare cicatrici profonde sullo sviluppo neurologico a lungo termine.

La nascita pretermine è già una sfida enorme, ma quando si aggiunge la sepsi, le cose si complicano parecchio. Questi piccolissimi lottatori hanno un sistema immunitario ancora immaturo, che li rende particolarmente vulnerabili. La sepsi non è solo un’infezione nel sangue; è una tempesta infiammatoria che può raggiungere e danneggiare organi vitali, compreso il cervello. In particolare, la lesione della sostanza bianca (WMI – White Matter Injury) è una delle conseguenze più comuni e devastanti nei prematuri colpiti da sepsi. La sostanza bianca è fondamentale per la comunicazione tra diverse aree cerebrali, e un suo danno può portare a problemi motori, cognitivi e comportamentali che durano tutta la vita.

Ma cosa succede esattamente là dentro? Quali sono i meccanismi molecolari che collegano l’infiammazione sistemica al danno cerebrale? Questa è la domanda che ci siamo posti e che abbiamo cercato di sviscerare combinando dati clinici da neonati prematuri con sepsi e un modello sperimentale su topolini.

Un Nemico Silenzioso: La Sepsi nei Neonati Prematuri

Analizzando il sangue di neonati prematuri con sepsi, abbiamo visto chiaramente i segni della battaglia: vie immunitarie, metaboliche e infiammatorie erano tutte “accese”. Questo ci ha suggerito subito un forte legame tra ciò che accade nel corpo e ciò che può succedere nel cervello. È come se l’allarme generale suonato dall’infezione nel sangue mettesse in allerta anche le difese cerebrali, a volte però con troppa veemenza.

Per capire meglio la dinamica, abbiamo creato un modello animale. Abbiamo indotto una condizione simile alla sepsi in topolini neonati (a P2, un’età che corrisponde a una fase critica dello sviluppo della sostanza bianca) usando dosi multiple di lipopolisaccaride (LPS), un componente della parete dei batteri Gram-negativi che scatena una forte risposta infiammatoria. Quello che abbiamo osservato è stato illuminante, anche se confermava le nostre preoccupazioni: i topolini trattati con dosi più alte di LPS mostravano ritardi nello sviluppo, infiammazione cerebrale e, cosa importante, deficit comportamentali a lungo termine, come ansia e problemi sociali e di memoria. Era evidente un effetto dose-dipendente: più alta l’infiammazione sistemica indotta, peggiori le conseguenze cerebrali e comportamentali.

Guardiani Sotto Stress: Il Dramma delle Microglia

Al centro della risposta infiammatoria nel cervello ci sono le microglia, le cellule immunitarie residenti del sistema nervoso centrale. Normalmente, sono guardiani silenziosi che pattugliano l’ambiente, mantenendo l’omeostasi e affidandosi a un metabolismo efficiente basato sulla fosforilazione ossidativa (OXPHOS). Ma quando scatta l’allarme infiammatorio, come quello indotto dalla sepsi o dall’LPS, le microglia cambiano volto e… metabolismo!

Abbiamo scoperto che, sotto attacco, le microglia passano drasticamente alla glicolisi, un modo più rapido ma meno efficiente di produrre energia. Questo “cambio di marcia” metabolico, se da un lato fornisce energia immediata per la risposta immunitaria, dall’altro sembra gettare benzina sul fuoco dell’infiammazione cerebrale. Nel nostro studio, abbiamo identificato due enzimi chiave in questo processo: Pgk1 (fosfoglicerato chinasi 1) e Pgam1 (fosfoglicerato mutasi 1). La loro espressione aumentava significativamente nelle microglia dei topolini trattati con LPS, confermando questo riprogrammazione metabolica. Immaginate queste cellule che, sotto stress, iniziano a “bruciare” zuccheri in modo frenetico, contribuendo al caos infiammatorio.

Microfotografia ad alta risoluzione del cervello di un neonato prematuro, obiettivo macro 100mm, illuminazione controllata. Si vedono cellule microgliali (colorate in verde fluorescente con marcatore Iba-1) con morfologia attivata e ramificazioni ispessite, che esprimono l'enzima Pgk1 (colore rosso fluorescente), indicando un passaggio alla glicolisi. Sfondo di tessuto cerebrale infiammato, effetto profondità di campo. Dettaglio elevato.

Ma non è tutto. L’infiammazione severa può essere fatale anche per le stesse microglia. Abbiamo trovato prove di un aumento dell’espressione di geni legati alla PANoptosi, un termine che descrive una sorta di “morte cellulare programmata infiammatoria” che integra caratteristiche di piroptosi, apoptosi e necroptosi. In pratica, le microglia, sopraffatte dall’infiammazione, possono andare incontro a morte cellulare. Questo è particolarmente grave nel cervello in via di sviluppo, dove le microglia svolgono ruoli cruciali non solo nell’immunità, ma anche nella potatura sinaptica, nella maturazione dei circuiti neurali e nello sviluppo della sostanza bianca. La loro morte può quindi peggiorare l’infiammazione e compromettere ulteriormente lo sviluppo cerebrale. Abbiamo osservato al microscopio elettronico segni di danno mitocondriale e morte cellulare (ferroptosi, un tipo di morte legata allo stress ossidativo e al metabolismo del ferro) proprio nelle microglia dei topolini esposti a dosi elevate di LPS.

Soldati Impazziti: L’Infiltrazione dei Neutrofili e le Trappole Mortali (NETs)

Un altro attore chiave emerso prepotentemente dalle nostre analisi sono i neutrofili. Queste cellule sono i “soldati di prima linea” del sistema immunitario, normalmente circolano nel sangue pronti a combattere le infezioni. Tuttavia, durante la sepsi, sembra che riescano a superare la barriera emato-encefalica (BBB), che di solito protegge il cervello, infiltrandosi nel tessuto cerebrale.

Analizzando sia i campioni umani che quelli murini, abbiamo trovato una firma comune: alterazioni specifiche delle chemochine (molecole segnale che attirano le cellule immunitarie) e una chiara evidenza di infiltrazione di cellule immunitarie, in particolare neutrofili, sia nel sangue periferico che nel cervello. Le chemochine come CCL3, CCL7 e CXCL10 erano elevate in entrambi i contesti, suggerendo che siano proprio loro a “chiamare a raccolta” i neutrofili verso il cervello infiammato.

Una volta nel cervello, i neutrofili possono fare danni. Rilasciano sostanze pro-infiammatorie, specie reattive dell’ossigeno (ROS) ed enzimi come la MMP-9, che possono degradare la matrice extracellulare e danneggiare ulteriormente la BBB. Ma c’è di più: abbiamo trovato prove significative del coinvolgimento delle Neutrophil Extracellular Traps (NETs). Le NETs sono letteralmente delle “reti” che i neutrofili possono espellere, fatte di DNA e proteine, per intrappolare i patogeni. Sebbene utili contro le infezioni, in un contesto di infiammazione sterile o eccessiva come quella indotta da LPS nel cervello, queste reti possono diventare dannose, amplificando l’infiammazione e contribuendo al danno tissutale. Abbiamo misurato un marcatore specifico della formazione di NETs (l’istone H3 citrullinato, CitH3) e lo abbiamo trovato aumentato nel cervello dei topolini dopo l’esposizione a LPS.

Immagine al microscopio a fluorescenza del parenchima cerebrale di un topo neonatale dopo induzione di sepsi con LPS. Si notano numerosi neutrofili (marcati in rosso con MPO) infiltrati nel tessuto, alcuni dei quali mostrano segni di rilascio di NETs (filamenti verdi di DNA extracellulare/CitH3). Sfondo blu DAPI per i nuclei cellulari. Obiettivo 40x, alta risoluzione, illuminazione a fluorescenza.

Dal Laboratorio alla Clinica: Cosa Ci Dice il Modello Animale e l’Analisi Integrata

L’integrazione dei dati clinici umani con quelli del modello murino è stata fondamentale. Ci ha permesso di vedere pattern conservati tra le specie, rafforzando l’idea che i meccanismi identificati siano realmente rilevanti per la patologia umana. Ad esempio, il profilo delle chemochine nel sangue era sorprendentemente simile tra i neonati con sepsi e i topolini trattati con LPS. Inoltre, l’analisi trascrittomica delle cellule immunitarie isolate dal cervello dei topi ha confermato l’aumento dei neutrofili e ha rivelato complesse alterazioni anche in altre popolazioni immunitarie.

Abbiamo anche confrontato i geni la cui espressione cambiava sia nei neonati che nei topi. Molti di questi geni “sovrapposti” erano legati proprio alla funzione dei neutrofili (migrazione, degranulazione) e alle vie infiammatorie (come quella mediata dall’interleuchina-1), oltre che allo stress ossidativo. Questo suggerisce che l’infiammazione periferica possa davvero “pilotare” il danno cerebrale promuovendo l’infiltrazione dei neutrofili e innescando alterazioni metaboliche nelle microglia.

Il modello animale ci ha anche permesso di osservare le conseguenze a lungo termine. I topolini che avevano subito l’insulto infiammatorio da piccoli (con la dose di 5 mg/kg di LPS, che causava danno cerebrale ma non mortalità eccessiva) mostravano da “adolescenti” (a P40-P45) comportamenti anomali:

  • Maggiore ansia (passavano meno tempo nelle aree aperte di un labirinto a O).
  • Deficit sociali (mostravano meno interesse nell’interagire con un altro topo).
  • Problemi di memoria e apprendimento (difficoltà nel riconoscere oggetti nuovi e nel ricordare percorsi in un labirinto a Y).
  • Funzione motoria leggermente compromessa (cadevano prima da un’asta rotante).

Questi risultati collegano direttamente l’infiammazione neonatale e il danno alla sostanza bianca con deficit neurocomportamentali duraturi, simili a quelli osservati in alcuni bambini nati pretermine che hanno sofferto di sepsi.

Fotografia di un test comportamentale su topi (Y-maze). Un topo si muove in un labirinto a tre bracci a forma di Y. L'ambiente è controllato, illuminazione soffusa. L'immagine cattura il movimento del topo, tracciato da un software (linea sovrapposta). Obiettivo zoom 24-35mm, focus sull'animale, sfondo leggermente sfocato.

Verso Nuove Terapie: Speranze per il Futuro

Capire questi meccanismi è il primo passo per poter intervenire. I nostri risultati suggeriscono alcuni potenziali bersagli terapeutici. Potremmo pensare a strategie per:

  • Modulare la risposta microgliale: magari intervenendo sul loro metabolismo per evitare il passaggio eccessivo alla glicolisi o proteggendole dalla morte cellulare (PANoptosi).
  • Limitare l’infiltrazione dei neutrofili: bloccando le chemochine che li attirano nel cervello o i recettori che usano per migrare.
  • Neutralizzare le NETs: usando farmaci che le degradano o ne impediscono la formazione.

Ovviamente, la strada è ancora lunga. Il modello LPS, pur utile, non replica tutta la complessità della sepsi clinica. Misurare direttamente il metabolismo delle microglia in vivo è ancora tecnicamente difficile. E bloccare completamente i neutrofili potrebbe essere rischioso nei neonati, data la loro importanza per combattere le infezioni.

Tuttavia, questo studio getta nuova luce sui processi patologici alla base dell’encefalopatia associata alla sepsi nei prematuri. Identificare l’infiltrazione dei neutrofili, la formazione di NETs e la riprogrammazione metabolica delle microglia come eventi chiave ci offre una mappa più dettagliata del campo di battaglia. Speriamo che questa mappa ci guidi verso lo sviluppo di interventi mirati per proteggere i cervelli più vulnerabili e migliorare il futuro di tanti bambini nati troppo presto.

Fonte: Springer

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