L’Economia nella Testa della Gente: i Paesi UE Sono Davvero Connessi?
Avete mai pensato a come le nostre sensazioni sull’economia, quella che gli esperti chiamano “percezione economica”, possano essere contagiose? Io sì, e mi sono tuffato in un’analisi affascinante che riguarda proprio noi, cittadini dell’Unione Europea. La domanda che mi ronzava in testa era: il modo in cui percepiamo l’economia nei nostri rispettivi paesi è un affare puramente locale, o c’è una sorta di “filo rosso” che ci lega tutti quanti? E se sì, questo legame si sta rafforzando?
L’Importanza dell’Ambiente Internazionale e gli “Animal Spirits”
Partiamo da un presupposto: viviamo in un mondo sempre più interconnesso. Governi, banche centrali e istituzioni sovranazionali sono sempre più interessati a capire come le percezioni e le aspettative economiche si colleghino all’economia reale. Perché? Semplice: migliorare la fiducia di imprese, consumatori e mercati è un mantra per ogni politico e policy maker. Autori come Keynes, con i suoi famosi “animal spirits”, e più recentemente Blanchard, hanno sottolineato quanto l’attività economica sia sensibile a questi aspetti “psicologici”. Insomma, quello che abbiamo in testa sull’economia conta, eccome, e può influenzare la crescita futura.
Ma con economie così interdipendenti, l’ambiente internazionale gioca un ruolo cruciale. Questo potrebbe portare a una maggiore sincronizzazione del “sentiment” e a schemi di aggregazione tra paesi che prima non conoscevamo. Immaginate un effetto domino: un’ondata di pessimismo in un paese potrebbe, attraverso questa sincronizzazione del sentire comune, propagarsi ad altri.
Cosa Dice la Ricerca? Uno Sguardo Approfondito con l’ESI
Per capirci qualcosa di più, ho analizzato l’Indicatore del Sentimento Economico (ESI), prodotto da Eurostat, per 23 paesi dell’UE, coprendo un periodo che va dal 1995 al 2020. Questo indicatore è una sorta di “termometro” delle percezioni, costruito mettendo insieme informazioni da sondaggi a imprese e consumatori in cinque settori: consumatori, industria, costruzioni, servizi e commercio al dettaglio.
L’obiettivo? Verificare se esiste un “sentimento europeo unico” o se, al contrario, i paesi si raggruppano in “club” distinti, e capire come questi gruppi si compongono e si evolvono. Ho usato modelli a fattori approssimati e metodologie di clustering (sia “hard” che “fuzzy”), strumenti perfetti per questo tipo di indagine e, per quanto ne so, mai usati prima in questo specifico contesto.
La cosa interessante è che questi modelli permettono ai dati stessi di “decidere” come i paesi si raggruppano, invece di partire da idee preconcette. È un po’ come lasciare che gli ingredienti si combinino da soli per mostrare la ricetta nascosta.
![]()
Un Fattore Comune Dominante e la Sua Evoluzione
Ebbene, i risultati sono stati illuminanti! È emerso che una parte molto significativa delle fluttuazioni nelle percezioni economiche è legata all’ambiente internazionale. C’è un forte co-movimento tra i paesi, e sembra che stia crescendo. Pensateci: eventi globali, flussi di informazione rapidissimi grazie a internet e ai social media… è logico che persone in contesti diversi possano reagire in modo simile a stimoli internazionali.
In particolare, ho identificato un fattore comune dominante che, da solo, spiega oltre il 50% della volatilità del sentimento economico per un numero significativo di nazioni, incluse tutte le principali economie europee. Questo “super-fattore” sembra catturare eventi epocali come l’attacco alle Torri Gemelle del 2001, la crisi dei subprime del 2008/9, la crisi del debito europeo e, più di recente, gli effetti della pandemia di Covid-19. È come se ci fosse un’onda emotiva comune che attraversa il continente in risposta a questi grandi shock.
Questo significa che gran parte delle nostre percezioni economiche non sembra dipendere solo da condizioni economiche, sociali e demografiche nazionali o da eventi locali come elezioni o disastri naturali, ma è fortemente ancorata a ciò che accade oltre i nostri confini.
La Divisione Est-Ovest: Un Ricordo del Passato?
Un altro aspetto affascinante riguarda la dinamica dei cluster. Inizialmente, i dati indicavano una chiara divisione nel co-movimento del sentiment tra i paesi dell’Europa Occidentale e quelli dell’Europa Orientale. Probabilmente, il background storico comune e l’eredità delle economie pianificate hanno plasmato diversamente la formazione delle percezioni economiche in questi ultimi, legandoli insieme. Questo “secondo fattore”, più debole del primo (spiegava circa il 14.7% della variazione), era distintivo proprio per i paesi dell’Est.
Tuttavia, questa separazione sembra svanire intorno al primo decennio di questo secolo. È come se, con il tempo e l’integrazione, anche le “menti economiche” dell’Est e dell’Ovest abbiano iniziato a vibrare in modo più simile. Studiando l’evoluzione temporale, ho notato che questo secondo fattore, specifico dell’Est, scompare dopo la finestra temporale 2001-2007.

Crisi Transitorie e la Nascita di un Sentimento Unico
C’è stato un momento interessante durante la crisi del debito europeo. In quel periodo (la finestra 2010-2016), è riemerso un secondo fattore, ma diverso dal precedente. Non era più legato alla divisione Est-Ovest, ma sembrava catturare la reazione, diversa da paese a paese, alla crisi del debito sovrano. Questo fattore è stato relativamente importante per nazioni come Grecia, Romania, Estonia, Bulgaria, Finlandia, Irlanda, Regno Unito e Spagna. Fortunatamente, è stato un fenomeno transitorio. Una volta superato lo shock, siamo tornati a un modello a singolo fattore dominante.
La cosa più sorprendente? L’analisi suggerisce che, soprattutto negli ultimi anni, stiamo assistendo alla presenza di un singolo sentimento economico europeo. Il “club” principale, quello dominante, verso la fine del periodo analizzato sembra rimanere l’unico in piedi. Questo suggerisce che, a meno di shock catastrofici, il presente (e il futuro) ci sta già mostrando un’Europa le cui percezioni economiche sono sempre più allineate.
Questo forte sentimento comune, che per la maggior parte del tempo spiega oltre il 70% della variazione nelle percezioni, ha implicazioni importanti. Potrebbe significare che gli “spillover” di percezioni tra le economie europee non mostrano molta asimmetria, rendendo meno probabile che il sentiment stesso causi grandi divergenze nella sincronizzazione economica tra i paesi dell’UE. Anzi, un sentimento economico europeo coeso probabilmente favorisce la sincronizzazione dei cicli economici.
Cosa Ci Dice Tutto Questo?
Beh, per prima cosa, che l’economia nella testa della gente è una forza potente e sempre più “europea”. Le nostre percezioni non sono isole, ma sono connesse in una rete fitta, influenzata da grandi eventi globali e dalla crescente facilità con cui le informazioni circolano. La vecchia divisione Est-Ovest nel modo di “sentire” l’economia sembra essere un capitolo chiuso, o quasi.
Certo, non possiamo dire che per tutto il periodo analizzato i paesi dell’UE abbiano condiviso un unico sentimento economico. Ma la tendenza è chiara: un numero significativo di nazioni, comprese tutte le principali, si raggruppa in un cluster molto dominante che, alla fine del campione, sembra essere l’unico rimasto. Siamo testimoni, quindi, di una crescente omogeneità nel modo in cui noi europei percepiamo le sorti dell’economia. E questo, amici miei, è un dato su cui riflettere, perché ha implicazioni profonde per le politiche economiche e per il futuro stesso dell’integrazione europea.
Fonte: Springer
