Pace Interiore: I Segreti Nascosti nell’Infanzia Svelati da uno Studio Globale
Ciao a tutti! Avete mai pensato a cosa ci rende davvero, profondamente sereni? Non parlo solo della felicità effimera, quella legata a un evento specifico, ma di quella sensazione più profonda, stabile: la pace interiore. Sapete, quella calma che ci fa sentire in armonia con i nostri pensieri e sentimenti, anche quando fuori c’è tempesta. È un concetto affascinante, ma spesso trascurato dalla ricerca scientifica, forse perché meno “sgargiante” di altre emozioni. Ma se vi dicessi che le radici di questa pace potrebbero affondare proprio nella nostra infanzia? E se vi dicessi che uno studio colossale, il Global Flourishing Study (GFS), ha iniziato a svelare questi legami nascosti su scala mondiale? Preparatevi, perché quello che stiamo scoprendo è davvero intrigante.
Perché la Pace Interiore è Stata la Cenerentola della Ricerca sul Benessere?
Diciamocelo, per decenni la psicologia si è concentrata molto sui problemi, sulle “patologie”, sulle cose che non vanno. Poi, per fortuna, è arrivata la psicologia positiva che ha spostato i riflettori su ciò che ci fa stare bene: felicità, soddisfazione, ottimismo. Grandioso! Ma anche in questo “rinascimento positivo”, alcune gemme sono rimaste un po’ in ombra. Tra queste, proprio la pace interiore e altre emozioni “a bassa intensità” ma positive (i ricercatori le chiamano LAPS – Low Arousal Positive States).
Perché? Una spiegazione plausibile è il cosiddetto “bias occidentale”. Gran parte della ricerca psicologica proviene da paesi “WEIRD” (Western, Educated, Industrialised, Rich, Democratic – Occidentali, Istruiti, Industrializzati, Ricchi e Democratici). In queste culture, forse, si dà più valore alle emozioni ad alta energia (HAPS – High Arousal Positive States) come l’euforia, l’eccitazione. Pensateci: quante volte sentiamo dire “Sii entusiasta!” rispetto a “Sii calmo”? Al contrario, culture orientali, ad esempio, sembrano valorizzare storicamente di più stati come la calma e l’armonia. Questo non significa che la pace interiore non sia importante per tutti, anzi! Recenti dati globali suggeriscono che è un desiderio universale. Tuttavia, questo squilibrio culturale nella ricerca potrebbe aver contribuito a trascurarla. Ma le cose, finalmente, stanno cambiando.
Il Global Flourishing Study: Una Finestra sul Mondo (e sul Passato)
Ed è qui che entra in gioco il GFS. Immaginate uno studio monumentale: oltre 200.000 partecipanti da 22 paesi diversissimi (dall’Argentina al Giappone, dalla Nigeria alla Svezia), seguiti per cinque anni per capire cosa contribuisce alla “fioritura umana” in tutte le sue sfaccettature. È un progetto ambizioso, soprattutto perché è longitudinale, cioè segue le stesse persone nel tempo, permettendo di capire meglio le cause e gli effetti, non solo le correlazioni momentanee.
E la pace interiore? C’è! Ai partecipanti è stato chiesto: “In generale, quanto spesso senti di essere in pace con i tuoi pensieri e sentimenti?” (con risposte tipo “sempre”, “spesso”, “raramente”, “mai”). Già nella prima ondata di raccolta dati, quella su cui si basa questo articolo, sono state incluse domande retrospettive sull’infanzia. Questo ci permette, anche se i dati sono tecnicamente “cross-sectional” (una fotografia del momento), di fare una sorta di studio longitudinale “sintetico”, guardando indietro per capire il presente.
Cosa Abbiamo Cercato nel Baule dei Ricordi d’Infanzia?
Ci siamo posti tre domande principali:
- Quali aspetti dell’infanzia (così come vengono ricordati) predicono la pace interiore in età adulta?
- Queste associazioni cambiano da paese a paese? (Spoiler: sì, e parecchio!)
- Quanto sono “robuste” queste relazioni? Possiamo essere ragionevolmente sicuri che non siano dovute a qualche fattore nascosto che non abbiamo misurato?
Per rispondere, abbiamo analizzato ben 13 potenziali predittori infantili:
- L’età (anno di nascita, per capire effetti di coorte)
- Il genere
- La struttura familiare (stato civile dei genitori)
- La frequenza religiosa a 12 anni
- L’affiliazione religiosa a 12 anni
- Il rapporto con la madre
- Il rapporto con il padre
- Sentirsi un “outsider” in famiglia crescendo
- Aver subito abusi (fisici o sessuali)
- La salute auto-percepita durante la crescita
- Lo status di immigrato (nato nel paese o altrove)
- La situazione finanziaria soggettiva della famiglia
- L’etnia/razza (dove disponibile)
Un bel po’ di carne al fuoco, vero?

Il Quadro Generale: Cosa Predice la Pace (in Media)?
Ebbene, i risultati sono stati illuminanti! Praticamente tutti i fattori indagati (tranne uno, lo status di immigrato) hanno mostrato un’associazione significativa con la pace interiore da adulti, quando abbiamo aggregato i dati di tutti i 22 paesi.
Il fattore con l’impatto medio più forte? La salute auto-percepita durante l’infanzia. Chi ricordava di essere stato in salute “eccellente” da piccolo aveva circa il 7% di probabilità in più di sentirsi spesso o sempre in pace da adulto, rispetto a chi si definiva “in buona salute” (che era la nostra categoria di riferimento). Al contrario, chi ricordava una salute “scarsa” o “discreta” aveva meno probabilità di raggiungere la pace interiore.
Ma non è tutto. Altri fattori positivamente associati alla pace interiore includono:
- Avere avuto un buon rapporto con la madre e con il padre.
- Provenire da una famiglia con una situazione finanziaria percepita come “confortevole”.
- Aver frequentato servizi religiosi regolarmente (più si frequentava, maggiore l’associazione).
- Avere avuto genitori sposati (rispetto a divorziati, single o deceduti).
Al contrario, fattori associati a minore pace interiore includono:
- Aver subito abusi fisici o sessuali.
- Essersi sentiti degli “outsider” nella propria famiglia.
- Provenire da famiglie che facevano “fatica” o “molta fatica” economicamente.
Questi risultati, in un certo senso, confermano l’importanza di un ambiente infantile supportivo e stabile per il benessere a lungo termine. Ma la vera sorpresa arriva quando guardiamo alle differenze tra paesi.
Non è Uguale Dappertutto! Il Potere Sorprendente del Contesto
Ed eccoci al punto forse più affascinante: le enormi variazioni tra i paesi. L’effetto di quasi tutti questi fattori infantili cambia drasticamente a seconda del contesto culturale, sociale ed economico. Prendiamo di nuovo la salute infantile. L’impatto di ricordare una salute “scarsa” rispetto a una “buona” variava da un effetto quasi nullo o addirittura positivo (RR = 1.19 in Nigeria!) a un effetto fortemente negativo (RR = 0.37 in Turchia). Avete letto bene: in Nigeria, ricordare di essere stati poco bene da piccoli sembra *aumentare* la probabilità di pace interiore da adulti!
Un altro esempio clamoroso: il divorzio dei genitori. In media, è associato a un po’ meno pace interiore rispetto all’avere genitori sposati. Ma guardate i singoli paesi: in Nigeria, l’effetto è marcatamente negativo (RR = 0.81), mentre in Turchia è addirittura positivo (RR = 1.36)! Significa che in Turchia, chi ha avuto genitori divorziati ha più probabilità di sentirsi in pace da adulto rispetto a chi li ha avuti sposati.
Lo stesso vale per la frequenza religiosa. In media, frequentare servizi religiosi da bambini è positivo per la pace futura. Ma ancora una volta, Nigeria e Turchia mostrano estremi opposti: in Nigeria, frequentare assiduamente sembra quasi controproducente per la pace interiore futura, mentre in Turchia l’effetto positivo è fortissimo.
Queste differenze sono pazzesche e ci dicono che non possiamo generalizzare facilmente. Le dinamiche culturali, i valori, le strutture sociali, persino le diverse interpretazioni linguistiche del concetto di “pace” (nonostante gli sforzi enormi per traduzioni accurate) giocano un ruolo potentissimo. Capire *perché* esistono queste differenze richiederà ricerche più approfondite, magari qualitative, che esplorino le specificità di ogni contesto. Ad esempio, perché il divorzio ha effetti così diversi? Forse le norme sociali, il supporto disponibile, o le diverse interpretazioni religiose del divorzio (la Nigeria ha una grande popolazione sia cristiana che musulmana, la Turchia è prevalentemente musulmana) fanno la differenza? Sono domande aperte e stimolanti.

Quanto Possiamo Essere Sicuri di Questi Legami?
Una domanda legittima è: siamo sicuri che queste associazioni tra infanzia e pace adulta siano “reali” e non dovute a qualcos’altro che non abbiamo misurato (i cosiddetti “confounders”)? Per valutare questo rischio, abbiamo usato una metrica chiamata E-value. In parole povere, l’E-value ci dice quanto forte dovrebbe essere l’associazione di un fattore nascosto (sia con l’esperienza infantile che con la pace adulta) per spiegare completamente il legame che abbiamo osservato. Più alto è l’E-value, più “robusto” è il nostro risultato, perché servirebbe un fattore nascosto molto potente (e spesso implausibile) per annullarlo.
Bene, per molte delle associazioni significative che abbiamo trovato, gli E-values erano abbastanza alti (spesso sopra 1.2 o 1.3). Ad esempio, per l’effetto della salute “eccellente” l’E-value era 1.36. Questo suggerisce che i nostri risultati hanno una buona resistenza ai potenziali fattori confondenti non misurati. Non è una certezza assoluta (la causalità è difficile da provare!), ma ci dà più fiducia nel pensare che queste esperienze infantili abbiano davvero un impatto duraturo sulla pace interiore.
E l’Età, il Genere e il Trasferirsi da un Paese all’Altro?
Abbiamo guardato anche ad alcuni fattori più “attuali”, ma che possono riflettere anche condizioni infantili.
- Età: Qui la tendenza è chiara: più si invecchia, più aumenta la probabilità di sentirsi in pace. Le persone over 80 riportavano livelli di pace significativamente più alti dei giovani adulti (18-24 anni). Questo potrebbe essere un effetto dell’età stessa (maturità, saggezza?) o forse un effetto di coorte (chi è nato prima ha vissuto esperienze diverse?). Probabilmente entrambe le cose. Anche qui, però, ci sono variazioni nazionali interessanti.
- Genere: In media, le donne riportavano livelli di pace leggermente inferiori agli uomini (RR = 0.98). Il dato più eclatante, però, riguarda la piccolissima percentuale di persone che si identificano come “altro” genere: il loro livello di pace era drasticamente più basso (RR = 0.44 in media), anche se questo dato va preso con cautela per via del campione ridotto e della grande incertezza. Questo risultato, purtroppo, si allinea con molta letteratura che evidenzia le difficoltà e le discriminazioni affrontate dalle persone LGBTQ+, che impattano sulla salute mentale. Ancora una volta, le differenze nazionali sono notevoli (in Messico, ad esempio, chi si identifica come “altro” riportava *più* pace!).
- Status di Immigrato: Sorprendentemente, essere nati in un paese diverso da quello in cui si vive attualmente non sembra avere, in media, un impatto significativo sulla pace interiore (RR = 1.01). Questo contrasta un po’ con l’idea comune che l’immigrazione sia sempre fonte di stress. Potrebbe essere un esempio del “healthy immigrant effect” (l’idea che chi emigra sia inizialmente più sano della popolazione nativa), anche se qui non vediamo un vantaggio, ma nemmeno uno svantaggio medio. Ma, indovinate un po’? Anche qui le differenze nazionali esistono: in alcuni paesi (come Egitto e India) l’essere immigrato è associato a un po’ meno pace, in altri (come la Tanzania) a molta di più.

Limiti e Orizzonti Futuri
Ogni studio ha i suoi limiti, è giusto riconoscerlo. Questi dati si basano sui ricordi delle persone riguardo alla loro infanzia, e i ricordi possono essere imprecisi o influenzati dallo stato d’animo attuale (anche se, come detto, servirebbe un bias molto forte per spiegare via tutti i risultati). La pace interiore è stata misurata con una sola domanda, che non può catturare tutta la complessità del costrutto. Inoltre, questi sono dati della prima ondata, quindi tecnicamente “cross-sectional”, il che limita le conclusioni sulla causalità diretta (anche se l’approccio retrospettivo e gli E-values aiutano). Infine, le differenze linguistiche e culturali rendono i confronti diretti tra paesi delicati.
Nonostante ciò, questo studio apre una finestra incredibilmente preziosa su un aspetto del benessere umano finora poco esplorato su scala globale. Ci mostra che le esperienze vissute da bambini – dalla salute alle relazioni familiari, dalla situazione economica alla spiritualità, fino alle avversità – gettano semi importanti per la nostra capacità di trovare pace da adulti. Ma ci ricorda anche, con forza, che il “terreno” culturale e sociale in cui questi semi crescono fa un’enorme differenza, portando a traiettorie di vita molto diverse.
La pace interiore non è un lusso, ma una componente fondamentale di una vita fiorente. Speriamo che questa ricerca stimoli più attenzione su questo tema affascinante e complesso, e ci aiuti a capire meglio come coltivare questa preziosa risorsa interiore, fin dai primi anni di vita, in tutti gli angoli del mondo.
Fonte: Springer
