Fotografia paesaggistica grandangolare che cattura un solo sciano di fondo che si addestrasse vigorosamente all'alba attraverso un vasto e incontaminato altopiano nevoso nelle montagne norvegesi. Lente grandangolare, lunghezza focale di 18 mm, focus acuto in tutta la scena, effetto a lungo esposizione che leviga le nuvole di alba colorate. Luce mattutina drammatica e bassa creazione di lunghe ombre. Trasmette la solitudine, l'immenso sforzo, la dedizione e la scala epica dell'allenamento di resistenza in natura.

I Segreti dei Coach Norvegesi: Come si Allenano i Campioni Olimpici di Endurance?

Ciao a tutti! Sono sempre stato affascinato dal mondo degli sport di endurance e da come gli atleti di livello mondiale riescano a spingere i loro limiti fisici e mentali. Ma qual è la ricetta segreta dietro le loro incredibili performance? Spesso pensiamo solo all’atleta, ma dietro ogni grande campione c’è quasi sempre un coach eccezionale, una mente strategica che orchestra l’intero processo. Recentemente mi sono imbattuto in uno studio super interessante che ha cercato di svelare proprio questo: le “best practice” dell’allenamento negli sport olimpici di endurance, raccontate direttamente da alcuni dei migliori coach norvegesi al mondo. E credetemi, quello che ho scoperto è davvero illuminante!

La Norvegia, si sa, è una vera potenza negli sport di resistenza (sci di fondo, biathlon, ma non solo!). Questi coach, che insieme hanno guidato atleti a vincere oltre 380 medaglie internazionali (!), hanno condiviso le loro strategie, frutto di anni di esperienza sul campo e di un approccio quasi scientifico, sperimentale, all’allenamento. Lo studio ha coinvolto allenatori di corsa di lunga distanza, biathlon, canottaggio, sci di fondo, pattinaggio di velocità, ciclismo su strada, nuoto e triathlon. Insomma, un bel mix di discipline!

La Visione d’Insieme: Come si Pianifica un Anno da Campioni?

Una delle prime cose che salta all’occhio è che tutti, ma proprio tutti, questi coach seguono un modello di periodizzazione tradizionale. Cosa significa? In parole semplici, l’anno viene diviso in fasi. Si parte con un periodo di preparazione generale, dove il volume di allenamento è alto ma l’intensità è relativamente bassa. Man mano che ci si avvicina al periodo delle gare importanti (Olimpiadi, Mondiali…), il volume totale diminuisce gradualmente, mentre aumenta la percentuale di allenamenti più intensi e specifici per la gara. È un po’ come costruire le fondamenta solide di una casa prima di passare ai dettagli e alle rifiniture.

Ma attenzione, non è una tabella di marcia rigida e immutabile! I coach hanno sottolineato un approccio molto pragmatico. La pianificazione deve adattarsi alle mille variabili: il calendario delle gare, i raduni in altura (molto comuni e usati strategicamente), la disponibilità di impianti specifici (neve, ghiaccio, piscine…), le condizioni meteo e, ovviamente, la risposta individuale dell’atleta. A volte inseriscono dei “blocchi” di allenamento focalizzati su aspetti specifici, come la forza in certi periodi, o blocchi ad alta intensità prima delle gare. Quindi, sì alla struttura tradizionale, ma con tanta flessibilità e intelligenza pratica.

Il Segreto è Davvero “Tanto Volume”? Il Mix Perfetto tra Quantità e Qualità

Parliamo di volume. Sì, questi atleti si allenano tanto, tantissimo. Si va dalle circa 600 ore annue per i corridori di lunga distanza (che comunque sono un’enormità!) fino alle sbalorditive 1400 ore per i triatleti. Ma il punto chiave non è solo “fare tante ore”. La stragrande maggioranza di questo tempo (parliamo dell’80-90% del tempo dedicato all’endurance) è spesa in allenamenti a bassa intensità (LIT – Low-Intensity Training), principalmente nella cosiddetta Zona 1. Questo serve a costruire quella che i coach chiamano una solida “base aerobica”, fondamentale per sostenere poi gli sforzi più intensi.

E l’intensità? Non è che manchi, anzi! Viene concentrata strategicamente. La settimana tipo prevede 2-3 giorni “chiave”, in cui si svolgono dalle 3 alle 5 sessioni intensive totali (nelle zone 3, 4 o 5 della scala di intensità usata nello studio). Interessante notare che anche le sessioni in Zona 3 (spesso definita “soglia”) sono considerate “intensive”. Anzi, in alcuni sport come la corsa, il canottaggio, il nuoto e il triathlon, è comune fare addirittura due sessioni di soglia nello stesso giorno (“double threshold”), una al mattino e una al pomeriggio. Questo permette di accumulare un buon volume di lavoro ad intensità allenante, gestendo però il recupero. Un’altra cosa importante: anche quando si allenano ad alta intensità (Zone 4-5), raramente lo fanno fino all’esaurimento totale. Si cerca sempre un lavoro controllato.

Fotografia d'azione che cattura più atleti di resistenza a metà formazione: un corridore su un sentiero con espressione focalizzata, un ciclista che sale una ripida collina che mostra tensione, un vogatore che tira fortemente remi su acqua calma, uno sciano di fondo sugli skis a rulli che scivola in salita. Teleotdo lente zoom, lunghezza focale di 150 mm, movimento di congelamento della velocità dell'otturatore rapido, monitoraggio dei movimenti, fusione di luce naturale brillante ombre definite, mostrando intensi sforzi in diversi ambienti di allenamento realistici.

Non Siamo Tutti Uguali: Le Differenze Specifiche per Sport

Se i principi generali (periodizzazione tradizionale, tanto volume LIT, focus sull’intensità chiave) sono comuni, le differenze tra uno sport e l’altro sono enormi. E questo è logico! Le richieste cambiano radicalmente.

  • Volume Totale: Come detto, varia tantissimo. La corsa di lunga distanza ha il volume più basso (~600h) a causa dell’alto impatto meccanico e muscolare (ogni passo è un piccolo trauma!). Il ciclismo su strada e il nuoto, essendo sport “portati” (non weight-bearing), permettono volumi molto più alti. Il triathlon, combinando tre discipline, raggiunge i volumi massimi (~1400h).
  • Distribuzione Intensità: Anche qui ci sono sfumature. La corsa, ad esempio, usa moltissimo la Zona 3 (soglia), a volte con metodiche particolari (intervalli brevi con recuperi brevi) per tenere alta la velocità mantenendo sotto controllo lattato e frequenza cardiaca. Il pattinaggio di velocità, a causa della posizione molto faticosa e del tempo limitato sul ghiaccio, concentra gran parte del lavoro specifico nelle zone più alte (4, 5 e persino 6), usando il ciclismo per il grosso del volume.
  • Cross-Training: L’uso di allenamenti in discipline diverse da quella principale varia molto. Sciatori di fondo e biatleti fanno tanta corsa (con e senza bastoni) d’estate. I canottieri usano corsa, bici o sci di fondo d’inverno. I pattinatori fanno tantissima bici. Negli sport come nuoto, ciclismo e triathlon, invece, il cross-training è quasi assente, probabilmente perché le discipline stesse sono a basso impatto e permettono alti volumi specifici. I runner, per ridurre l’impatto, usano molto tapis roulant e strade sterrate, limitando l’allenamento in pista.
  • Forza e Velocità: La quantità e il tipo di allenamento per la forza e la velocità sono molto variabili e personalizzati, sempre con un occhio alle richieste specifiche dello sport. Ad esempio, nel canottaggio la forza della parte superiore del corpo è cruciale.

Queste differenze sono dettate principalmente dal tipo di carico meccanico e muscolare imposto dalla disciplina, dalla durata delle competizioni e da aspetti organizzativi (accesso a neve/ghiaccio, calendario gare).

L’Ingrediente Magico: Cos’è Davvero la “Qualità” dell’Allenamento?

Al di là dei numeri (ore, zone, sessioni), tutti i coach hanno messo un’enfasi enorme sulla qualità dell’allenamento. Ma cosa intendono per “qualità”? Non è solo fare le cose “bene”, è un concetto più ampio che tocca tre aree principali:

  1. Ottimizzare le sessioni chiave: Soprattutto quelle intensive (Zone 3-5). Significa pianificarle nel dettaglio, eseguirle con precisione (monitorando parametri come frequenza cardiaca, lattato, passo/potenza con GPS e altri strumenti) e riflettere sui risultati.
  2. Bilanciare carico e recupero: Assicurarsi che l’atleta possa adattarsi positivamente all’allenamento nel tempo, evitando sovraccarico, burnout o infortuni. Questo richiede un monitoraggio costante e un dialogo aperto.
  3. Preparazione ottimale per le gare clou: Tutto il processo deve portare l’atleta al picco della forma nel momento più importante della stagione.

Per raggiungere questa qualità, il dialogo continuo tra coach e atleta è fondamentale. I coach non si limitano a dare tabelle, ma osservano, ascoltano il feedback dell’atleta, usano dati oggettivi (diari di allenamento, test specifici, dati da device) e li integrano con le sensazioni soggettive. È un processo di apprendimento continuo per entrambi. Le riflessioni post-allenamento, ad esempio, sono viste come opportunità preziose per migliorare le sessioni future. Si crea un ambiente di fiducia, collaborazione e forte senso di “ownership” del processo da parte dell’atleta.

Fotografia di ritratti ravvicinati che mostra un allenatore maschile focalizzato sui 50 anni che discute di dati su un tablet con un atleta di resistenza femminile sulla fine degli anni '20 durante una pausa di allenamento all'aperto. Lence Prime, lunghezza focale di 35 mm, profondità di campo superficiale che sfoca leggermente lo sfondo, concentrandosi bruscamente sui loro volti e sullo schermo del tablet. Luce mattutina naturale e morbida. Effetto duotone usando il blu fresco e il grigio neutro, trasmettendo un senso di concentrazione calma, analisi dei dati e partnership collaborativa.

Affinare la Forma: Come si Arriva al Top per le Gare Importanti?

Un ultimo accenno al periodo di “tapering”, cioè la fase di scarico prima delle gare importanti. La strategia comune è mantenere la frequenza degli allenamenti (anche quelli intensi), ma ridurne drasticamente la durata. Si elimina quasi del tutto l’allenamento di forza. L’obiettivo è recuperare energie fisiche e mentali mantenendo però gli adattamenti e la “sensibilità” alla velocità/ritmo di gara. Si fanno brevi richiami intensi, spesso a velocità di gara, per affinare tecnica e pacing.

Cosa mi porto a casa da tutto questo?

Questo studio è una miniera d’oro! Ci mostra come, al di là delle differenze specifiche tra gli sport, ci siano dei pilastri comuni nell’allenamento di endurance di altissimo livello:

  • Un approccio alla periodizzazione basato sulla tradizione ma estremamente pragmatico e flessibile.
  • L’importanza cruciale di un alto volume di allenamento a bassa intensità (LIT), come fondamenta.
  • La concentrazione del lavoro intenso in poche sessioni chiave settimanali, ben distribuite e controllate.
  • Una fortissima specificità legata alle caratteristiche uniche di ogni sport.
  • Un’ossessione quasi maniacale per la qualità del processo, intesa come ottimizzazione delle sessioni, gestione del recupero e preparazione mirata, basata su dati, dialogo e riflessione continua.

Non esiste una formula magica universale, ma questi coach di livello mondiale ci hanno offerto una visione incredibilmente dettagliata e affascinante del loro lavoro. È un mix sapiente di scienza, esperienza, arte e tanta, tanta dedizione. Spero che queste riflessioni vi abbiano incuriosito tanto quanto hanno incuriosito me!

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *