Segni Motori Lievi e Depressione: Solo Effetti Collaterali o C’è di Più?
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta particolarmente a cuore e che, secondo me, merita molta più attenzione: il legame tra depressione maggiore e quei piccoli, quasi impercettibili, segni motori lievi (che chiameremo MMS, dall’inglese Mild Motor Signs). Sapete, quando si pensa alla depressione, vengono subito in mente tristezza, apatia, perdita di interesse… ma raramente si pensa a come il nostro corpo si muove. E se vi dicessi che quei leggeri tremori, quella rigidità quasi impercettibile o un rallentamento nei movimenti potrebbero non essere solo “colpa” degli antidepressivi?
La depressione maggiore è un osso duro, lo sappiamo. Colpisce milioni di persone nel mondo – pensate che negli ultimi 30 anni l’incidenza è aumentata del 50%! – e trovare la terapia giusta, quella che funziona davvero, non è sempre una passeggiata. Uno dei grossi problemi è l’aderenza al trattamento: tanti, troppi pazienti (dal 10% fino al 60%!) smettono le cure, spesso per paura degli effetti collaterali. E quali sono questi effetti? Si parla tanto di problemi gastrointestinali, disturbi del sonno, aumento di peso… ma dei sintomi motori? Se ne parla molto meno, forse perché si pensa siano legati più agli antipsicotici di vecchia generazione. Ma la questione è più complessa.
Cosa abbiamo cercato di capire?
Nel nostro studio, parte di un progetto europeo più ampio chiamato GSRD (Group for the Study of Resistant Depression), abbiamo voluto vederci chiaro. Ci siamo chiesti due cose principalmente:
- C’è un legame diretto tra specifici farmaci antidepressivi e questi segni motori lievi?
- Questi segni motori sono collegati alla risposta (o alla mancata risposta) alle cure, indipendentemente dai farmaci assunti?
Abbiamo analizzato i dati di 790 pazienti con depressione maggiore, tutti in cura con almeno un antidepressivo da un tempo sufficiente. Li abbiamo divisi in “responder” (quelli che miglioravano significativamente, circa il 39%) e “non-responder” (quelli che, purtroppo, non vedevano grandi benefici, circa il 61%). Abbiamo escluso chi aveva una depressione resistente a più trattamenti (TRD) e chi aveva già una diagnosi di disturbi del movimento, per non confondere le acque.
I risultati che fanno riflettere
Ebbene, cosa abbiamo scoperto? Prima di tutto, che questi segni neurologici non sono affatto rari: ben il 43.3% dei pazienti li presentava! I più comuni? Tremore (quasi un terzo dei pazienti) e rigidità (quasi il 20%). Un dato già di per sé notevole, visto che non sono tra gli effetti collaterali più “pubblicizzati” degli antidepressivi moderni.

Poi siamo andati a vedere i farmaci. E qui arriva la sorpresa. Ci si aspetterebbe un legame forte tra antidepressivi serotoninergici (i famosi SSRI, ma anche SNRI, TCA) e questi sintomi. Invece, nel nostro campione, nessuna associazione significativa è emersa per queste classi di farmaci. Anzi, abbiamo trovato delle associazioni *negative* (cioè, chi prendeva certi farmaci aveva *meno* probabilità di avere certi sintomi) tra:
- Distonia e Nassa (antidepressivi noradrenergici e serotoninergici specifici) e antipsicotici.
- Rigidità e benzodiazepine, stabilizzatori dell’umore e antipsicotici.
- Acatisia (irrequietezza motoria) e benzodiazepine.
L’associazione negativa con gli antipsicotici può sembrare strana, ma probabilmente è dovuta al fatto che molti pazienti prendevano quetiapina a basso dosaggio, un farmaco noto per avere effetti collaterali motori trascurabili rispetto ad altri. E quella con benzodiazepine e stabilizzatori potrebbe legarsi al loro effetto GABAergico. Ma la vera notizia è l’assenza di legame con gli antidepressivi più comuni. Questo suggerisce che, forse, la causa di questi MMS non è (solo) nei farmaci.
Il vero indizio: la mancata risposta alla terapia
Ed ecco il punto cruciale. Abbiamo scoperto un’associazione forte e chiara tra la mancata risposta al trattamento e la presenza di specifici segni motori: distonia, rigidità e ipocinesia (rallentamento dei movimenti). E questa associazione rimaneva valida anche tenendo conto dell’età dei pazienti e dei farmaci che stavano assumendo! Anche escludendo chi prendeva antipsicotici, il risultato non cambiava.
Cosa significa? Che i pazienti che non migliorano con gli antidepressivi hanno più probabilità di mostrare questi segni motori, e non perché prendono farmaci “cattivi”, ma forse per qualcos’altro. Inoltre, abbiamo notato che alcuni segni (ipocinesia e tremore) erano più frequenti negli uomini.

Un legame più profondo? Depressione e Parkinson
Questa scoperta apre scenari intriganti. Potrebbe esistere un sottogruppo di pazienti depressi in cui i sintomi motori non sono un effetto collaterale, ma l’epifenomeno di un disturbo neurologico sottostante, magari ancora non diagnosticato. Si pensa subito ai disturbi del movimento, come il Parkinson. Sappiamo che la depressione è uno dei sintomi non-motori più comuni del Parkinson, presente nel 40% dei casi anche prima che compaiano i problemi motori veri e propri.
Alcuni sintomi della depressione, come il rallentamento psicomotorio, assomigliano molto a quelli del Parkinson iniziale. E studi precedenti hanno mostrato un legame tra depressione difficile da trattare e un rischio maggiore di sviluppare il Parkinson in futuro. Forse, in alcuni pazienti (specialmente uomini, visto che il Parkinson è più comune nel sesso maschile), quella che etichettiamo come “depressione resistente” è in realtà la manifestazione precoce di una malattia neurodegenerativa. La mancata risposta agli antidepressivi potrebbe dipendere proprio da questa condizione neurologica di base non riconosciuta.
Certo, ci sono dei “ma”
Come ogni studio, anche il nostro ha dei limiti. Non avevamo una valutazione neurologica di base prima dell’inizio della terapia, né una misura diretta di quanto i pazienti seguissero le cure. Inoltre, i segni neurologici sono stati valutati con un questionario, non da uno specialista in disturbi del movimento. Sono aspetti da migliorare in ricerche future.
Cosa ci portiamo a casa?
Il messaggio fondamentale è questo: quei lievi segni motori che a volte compaiono in chi soffre di depressione non vanno liquidati troppo in fretta come semplici effetti collaterali degli antidepressivi. Specialmente nei pazienti che non rispondono bene alle terapie e negli uomini, questi MMS potrebbero essere un campanello d’allarme, un segnale che indica la possibile presenza di un problema neurologico sottostante, come una fase pre-clinica del Parkinson.
È fondamentale che medici e pazienti siano consapevoli di questa possibilità. Indagare più a fondo questi segni motori potrebbe non solo aiutare a capire perché alcuni pazienti non migliorano, ma anche permettere una diagnosi più precoce di malattie neurodegenerative. Insomma, c’è ancora tanto da scoprire, ma abbiamo aperto una porta importante sulla complessa interazione tra mente e corpo nella depressione.
Fonte: Springer
