Immagine fotorealistica del monumento ittita di Fraktin scolpito nella roccia ignimbritica in Turchia Centrale, vista grandangolare 15mm con messa a fuoco nitida, che evidenzia la texture della crosta indurita e i dettagli del rilievo antico sotto la luce naturale.

Fraktin: Lo Scudo Naturale che Protegge un Tesoro Millenario in Turchia

Ciao a tutti! Oggi voglio raccontarvi una storia affascinante che arriva direttamente dal cuore della Turchia, un luogo dove la storia antica e i fenomeni naturali si intrecciano in modo sorprendente. Parliamo del monumento di Fraktin, un’incredibile testimonianza lasciataci dagli Ittiti nel lontano XIII secolo a.C. Immaginatevi questi artisti antichi che scolpiscono direttamente sulla roccia… e pensate che quelle sculture sono arrivate fino a noi, quasi intatte, dopo circa 3500 anni! Viene da chiedersi: come è possibile? Qual è il segreto di questa incredibile longevità?

Beh, la risposta è tanto semplice quanto straordinaria: la natura stessa ha fornito uno “scudo” protettivo. Si tratta di un fenomeno chiamato indurimento superficiale (o *case hardening* in inglese). Sembra un termine tecnico, ma l’idea è semplice: a volte, sulla superficie delle rocce si forma uno strato più duro e meno poroso rispetto alla roccia sottostante. È un po’ come se la pietra sviluppasse una sua corazza naturale.

Ma come funziona questo “scudo” naturale?

Normalmente, le rocce esposte agli agenti atmosferici subiscono un lento ma inesorabile processo di degrado. Pensate al ciclo gelo-disgelo, all’azione dell’acqua che si infiltra, alle reazioni chimiche come l’ossidazione… tutti questi fattori, nel tempo, possono sgretolare anche la pietra più resistente. A volte si formano scaglie, altre volte la roccia si sbriciola, altre ancora si creano quelle tipiche cavità chiamate alveoli.

Tuttavia, in alcuni casi speciali, accade il contrario. Minerali disciolti nell’acqua che penetra nella roccia possono ridepositarsi proprio nello strato più esterno, riempiendo i piccoli pori e legando insieme i granelli. Ciclo dopo ciclo, questo processo crea una vera e propria crosta superficiale, più compatta e resistente. Questo strato indurito agisce come una barriera, limitando drasticamente l’ingresso dell’acqua – che, ricordiamolo, è uno dei principali “nemici” della pietra – e rallentando o addirittura bloccando i processi di alterazione. È un meccanismo di auto-protezione incredibile!

Alla scoperta del segreto di Fraktin

Affascinati da questa resistenza quasi “miracolosa” del monumento di Fraktin, abbiamo deciso di andare a vedere più da vicino. Il nostro obiettivo era capire esattamente come si fosse formato questo indurimento superficiale e quali effetti avesse avuto sulle proprietà fisiche della roccia.

Il monumento si trova vicino a Kayseri, nell’Anatolia Centrale, ed è scolpito in una roccia vulcanica chiamata ignimbrite, un tipo di tufo derivante da flussi piroclastici. È un rilievo alto circa 1,3 metri e largo 3,2, che raffigura scene votive con re, regine e divinità ittite. Un vero gioiello storico!

Per svelare il mistero, abbiamo messo in campo un po’ di tecnologia. Abbiamo prelevato campioni della roccia originale (lontano dal monumento, per non danneggiarlo!) e della crosta indurita per analizzarli in laboratorio. Abbiamo usato tecniche come la microscopia elettronica a scansione (SEM-EDS) e la spettrometria di massa con plasma accoppiato induttivamente (ICP-MS) per scrutare nella microstruttura della roccia e determinarne la composizione chimica.

Ma non ci siamo fermati al laboratorio! Siamo andati direttamente sul posto, al cospetto del monumento, e abbiamo eseguito una serie di test non distruttivi (NDT). Questi test ci permettono di misurare alcune proprietà della roccia senza dover prelevare campioni, un po’ come fare una “visita medica” alla pietra. Abbiamo misurato la durezza superficiale con lo sclerometro di Schmidt (SHR), la velocità di propagazione delle onde ultrasoniche (Vp) per capire la compattezza interna, l’umidità superficiale (SM) e la permeabilità all’acqua con il tubo di Karsten (Kt).

Immagine fotorealistica del monumento ittita di Fraktin scolpito nella roccia ignimbritica in Turchia Centrale. Obiettivo grandangolare 15mm, messa a fuoco nitida, che evidenzia la texture della crosta indurita e i dettagli del rilievo antico sotto la luce naturale diffusa del tardo pomeriggio. Si nota il contrasto tra la superficie scura e indurita del rilievo e la roccia circostante più chiara.

Il Segreto Svelato: Silice Amorfa come “Cemento” Naturale

Ebbene, le analisi ci hanno dato la risposta che cercavamo! Le immagini al microscopio elettronico (SEM) hanno mostrato chiaramente che la roccia originale è piuttosto porosa, mentre nella crosta superficiale questi pori sono stati riempiti da un materiale. L’analisi chimica (EDS e ICP-MS) ha rivelato la natura di questo “riempitivo”: si tratta principalmente di silice amorfa.

Immaginate delle soluzioni acquose ricche di silice (probabilmente derivata dalla dissoluzione dei minerali silicatici della stessa roccia vulcanica) che circolano nelle fessure e penetrano per alcuni centimetri (fino a 5-6 cm!) nella roccia. Queste soluzioni, poi, depositano la silice all’interno dei pori, agendo come un vero e proprio cemento naturale. In alcuni punti, si forma addirittura una sorta di “smalto” vetroso sulla superficie. Questo processo ha reso lo strato esterno molto meno poroso e più compatto.

Le analisi chimiche hanno anche mostrato un arricchimento di altri elementi nella crosta, come Ferro (Fe) e Magnesio (Mg), che probabilmente contribuiscono al colore rosso-brunastro della superficie indurita, e un notevole arricchimento di Arsenico (As), circa 30 volte superiore rispetto alla roccia fresca! Allo stesso tempo, altri elementi sono stati “lavati via” dalle soluzioni. È un complesso processo geochimico di dissoluzione e riprecipitazione.

La Prova del Nove: I Test sul Campo Confermano Tutto

I risultati dei test non distruttivi eseguiti direttamente sul monumento hanno confermato in modo lampante l’efficacia di questa crosta protettiva.

  • Permeabilità all’acqua (Test Kt): Qui la differenza è stata sbalorditiva! Sulla superficie con la crosta indurita, l’assorbimento d’acqua era quasi nullo (valore Kt di 0.63). Sulla roccia non protetta, invece, l’acqua veniva assorbita molto rapidamente (valore Kt di 209.76). Questo dimostra che la crosta di silice è una barriera formidabile contro l’infiltrazione d’acqua.
  • Umidità superficiale (SM): I valori di umidità sulla superficie del monumento erano generalmente bassi (tra 19 e 36 unità arbitrarie), confermando la scarsa penetrazione dell’acqua piovana. Le zone leggermente più umide corrispondevano a punti dove la crosta era stata danneggiata, probabilmente da interventi umani (scavi illegali) o dalla crescita di licheni. Questo evidenzia quanto sia importante l’integrità della crosta: dove viene meno, la roccia sottostante torna vulnerabile.
  • Durezza superficiale (SHR): La durezza della roccia fresca misurata in laboratorio era di 47 (valore SHR). Sul monumento, nelle zone con la crosta intatta, abbiamo misurato valori fino a 53. Un aumento non enorme in percentuale, ma significativo, che indica una superficie più resistente all’abrasione e agli impatti leggeri. I valori più bassi (fino a 23) corrispondevano proprio alle aree danneggiate.
  • Velocità delle onde P (Vp): Questo test misura indirettamente la compattezza e l’assenza di difetti interni. Nella roccia fresca, la velocità era di 2.7 km/s. Nelle zone del monumento con la crosta indurita, la velocità saliva fino a 3.1 km/s, indicando una struttura più densa e meno porosa. Anche qui, i valori più bassi erano associati alle zone danneggiate.

Immagine macro fotorealistica, obiettivo 90mm, di una sezione trasversale della roccia ignimbritica di Fraktin. Alta definizione, illuminazione controllata per evidenziare la differenza tra la struttura porosa della roccia interna (fresca) e lo strato esterno compatto dove i pori sono riempiti da silice amorfa (crosta indurita). Colori naturali della roccia.

Gli Ittiti Sapevano Già Tutto? Un’Ipotesi Affascinante

Mettendo insieme tutti i pezzi, emerge un quadro affascinante. Sembra che queste superfici indurite si siano formate lungo delle fratture naturali nella roccia ignimbritica. Successivamente, movimenti geologici o l’erosione hanno esposto queste facce più resistenti. La cosa incredibile è pensare che gli Ittiti, circa 3500 anni fa, abbiano deliberatamente scelto queste superfici naturalmente indurite per scolpire il loro monumento!

Questo suggerisce una conoscenza dei materiali e delle loro proprietà davvero avanzata per l’epoca. Forse avevano notato che queste specifiche zone della roccia resistevano meglio al tempo e agli elementi, e hanno deciso di sfruttare questa caratteristica per assicurarsi che la loro opera durasse per le generazioni future. Una scelta consapevole che ha permesso a questo tesoro di arrivare fino a noi.

Oggi e Domani: Cosa Ci Insegna Fraktin?

Nonostante i suoi 3500 anni, il monumento di Fraktin mostra pochissimi segni di degrado atmosferico. I danni principali sono dovuti all’uomo (atti vandalici, scavi) e a fattori biologici (crescita di licheni), concentrati soprattutto nella parte inferiore delle figure. Le alterazioni naturali, come piccole scagliature, sono molto limitate e presenti solo dove la crosta protettiva è assente o danneggiata.

La storia di Fraktin e del suo scudo di silice non è solo una curiosità scientifica. Ci insegna molto sulla conservazione dei beni culturali in pietra. Capire questi meccanismi naturali di protezione può ispirare nuove strategie per preservare altri monumenti realizzati con rocce simili (come altri tufi vulcanici), che sono spesso molto sensibili al degrado. Potremmo forse imparare dalla natura a sviluppare trattamenti consolidanti più efficaci e duraturi, basati proprio sulla silice, per aiutare il nostro patrimonio culturale a resistere alla prova del tempo.

In conclusione, il monumento di Fraktin è un esempio straordinario di come la natura possa diventare la migliore alleata nella conservazione. Quella crosta di silice, formatasi spontaneamente millenni fa, ha agito come un guardiano silenzioso, proteggendo l’arte ittita e permettendoci oggi di ammirarla. È un promemoria potente della resilienza della pietra e, forse, della saggezza dei nostri antenati.

Foto del monumento di Fraktin, Turchia, con sovrapposta una mappa concettuale che evidenzia le diverse zone: aree con crosta indurita intatta (SHR e Vp alti, SM bassa), aree con danni antropogenici (SHR e Vp bassi, SM più alta), e aree con crescita biologica (licheni). Obiettivo zoom 100mm, messa a fuoco precisa sui dettagli delle diverse zone, luce diurna.

Fonte: Springer

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