Ricercatore scientifico in camice bianco osserva dati complessi su uno schermo olografico che mostra strutture molecolari e reti geniche legate alla distrofia corneale di Fuchs. Ambiente di laboratorio futuristico, illuminazione high-tech, obiettivo 35mm, profondità di campo, colori blu e bianco duotone.

Distrofia di Fuchs: E se la Cura Fosse Nascosta in un Algoritmo?

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un viaggio affascinante nel mondo della ricerca medica, un viaggio che unisce biologia, tecnologia e la speranza di trovare nuove soluzioni per una malattia degli occhi piuttosto fastidiosa: la distrofia endoteliale corneale di Fuchs (FECD). So che il nome suona complicato, ma cercherò di spiegarvelo in modo semplice e, spero, interessante.

Immaginate la cornea, la parte trasparente davanti all’occhio, come una finestra sul mondo. Nella sua parte più interna c’è uno strato di cellule chiamato endotelio, fondamentale per mantenere la cornea trasparente e alla giusta “idratazione”. Nella distrofia di Fuchs, questo strato si ammala.

Cos’è Esattamente la Distrofia di Fuchs e Perché è un Problema?

La FECD è una malattia progressiva che colpisce entrambi gli occhi. Cosa succede in pratica? Si formano delle piccole escrescenze chiamate guttae, che sono depositi di matrice extracellulare (ECM) proprio sotto l’endotelio. Inoltre, le preziose cellule endoteliali iniziano a morire progressivamente.

Questo doppio danno ha conseguenze dirette sulla vista:

  • Le guttae diffondono la luce in modo anomalo, causando abbagliamento e visione offuscata.
  • La perdita di cellule endoteliali compromette la loro funzione di “pompa”, portando a un accumulo di liquido nella cornea (edema corneale) e a un calo della vista ancora più grave.

Purtroppo, la FECD è una delle principali cause di cecità corneale nel mondo. Ad oggi, il trattamento principale è il trapianto di cornea. Funziona, certo, ma non è una passeggiata. Ci sono limiti importanti: la scarsità di donatori, il rischio di rigetto e la possibilità che il trapianto fallisca nel tempo perché il danno alle cellule endoteliali può continuare. Capite bene, quindi, che c’è un bisogno urgente di trovare alternative terapeutiche.

La Sfida: Capire la Malattia a Livello Molecolare

Negli ultimi anni, grazie alle analisi del trascrittoma (cioè lo studio di tutti i geni che vengono “accesi” o “spenti” in una cellula), abbiamo scoperto che le cellule endoteliali dei pazienti con FECD hanno una “firma” genetica unica. Nel nostro precedente lavoro, avevamo identificato ben 2.366 geni che si comportavano in modo diverso rispetto alle cellule sane: 1.092 erano iperattivi (sovraespressi) e 1.274 erano meno attivi (sottoespressi).

Analizzando questi geni “anomali” (chiamati DEGs, Differentially Expressed Genes), abbiamo visto che molti erano coinvolti proprio nei processi che sapevamo essere alterati nella FECD: l’organizzazione della matrice extracellulare (legata alla formazione delle guttae), la risposta allo stress ossidativo e i segnali che portano le cellule alla morte (apoptosi). Questa corrispondenza ci ha confermato che le alterazioni genetiche osservate erano davvero rilevanti per la malattia.

Immagine macro di un occhio umano che mostra segni evidenti di distrofia corneale endoteliale di Fuchs, con dettagli sulle guttae visibili sull'endotelio. Obiettivo macro 90mm, illuminazione controllata per alta definizione, messa a fuoco precisa sulla struttura corneale alterata.

L’Approccio Hi-Tech: Usare i Computer per Trovare Nuovi Farmaci

Ed è qui che entra in gioco la parte più “futuristica” della nostra ricerca. Ci siamo chiesti: e se potessimo usare la potenza dei computer per trovare dei composti, magari farmaci già esistenti o molecole sperimentali, capaci di “normalizzare” l’espressione di questi geni alterati nella FECD? In altre parole, trovare qualcosa che potesse spegnere i geni troppo attivi e riaccendere quelli troppo spenti.

Abbiamo deciso di usare tre diverse piattaforme di screening computazionale di farmaci:

  • L1000FWD
  • L1000CDS2
  • SigCom LINCS

Questi strumenti, parte di un grande progetto chiamato NIH Library of Integrated Network-based Cellular Signatures, analizzano enormi database di dati su come migliaia di composti chimici influenzano l’espressione genica in cellule umane. Il nostro obiettivo era identificare i composti “reverser”, cioè quelli che potevano invertire la firma genetica della FECD, riportandola verso la normalità.

La Caccia al Tesoro Digitale: I Risultati dello Screening

Abbiamo dato “in pasto” alle piattaforme i dati sui 706 geni sovraespressi e 962 geni sottoespressi identificati nei pazienti FECD con una specifica caratteristica genetica (l’espansione di ripetizioni trinucleotidiche nel gene TCF4, un fattore di rischio noto).

I risultati sono stati incoraggianti:

  • L1000FWD ha identificato 200 potenziali “reverser”.
  • L1000CDS2 ne ha trovati 35.
  • SigCom LINCS ne ha individuati 76.

La cosa interessante è stata confrontare i risultati delle tre piattaforme. Come in una vera indagine, abbiamo cercato i “sospetti” comuni, quelli che tutte e tre le piattaforme indicavano come promettenti. Ne abbiamo trovati cinque! Questi erano: cercosporina, LDN193189, menadione, BRD-K68313733 e BRD-A40431293.

Visualizzazione astratta di reti neurali e flussi di dati bioinformatici su uno schermo di computer in un laboratorio di ricerca high-tech. Illuminazione soffusa, profondità di campo per mettere a fuoco lo schermo, colori blu e cyano duotone, rappresentazione dello screening computazionale di farmaci.

Dalla Teoria alla Pratica: Testare i Candidati in Laboratorio

Avere una lista di candidati è un ottimo punto di partenza, ma bisognava verificare se funzionassero davvero. Abbiamo selezionato tre composti disponibili commercialmente (LDN193189, cercosporina e menadione) per testarli *in vitro*, cioè su cellule in coltura. Abbiamo usato un modello cellulare di FECD che avevamo sviluppato in precedenza, derivato da un paziente con la malattia.

Per simulare alcune condizioni patologiche della FECD, abbiamo stimolato queste cellule con una molecola chiamata TGF-β2, nota per indurre la produzione eccessiva di matrice extracellulare (ECM) e stress cellulare.

I primi test ci hanno mostrato che, mentre LDN193189 e cercosporina sembravano proteggere le cellule dagli effetti dannosi del TGF-β2, il menadione risultava tossico. Quindi, abbiamo concentrato i nostri sforzi sui primi due.

LDN193189 e Cercosporina: Due Promesse Contro la FECD?

Abbiamo studiato più a fondo l’effetto di LDN193189 e cercosporina sulla produzione di quelle proteine della matrice extracellulare (come FN1, LTBP2, MATN3, BGN) che contribuiscono a formare le guttae e che sappiamo essere aumentate nella FECD.

I risultati sono stati davvero positivi:

  • Sia LDN193189 che cercosporina hanno dimostrato di poter ridurre significativamente l’espressione di questi geni ECM indotta dal TGF-β2. In particolare, entrambi hanno normalizzato i livelli della fibronectina (FN1), una proteina chiave nella patologia.
  • Un altro aspetto cruciale nella FECD è lo stress del reticolo endoplasmatico (ER stress), causato dall’accumulo di proteine “mal ripiegate” (unfolded proteins), che può portare alla morte cellulare. Abbiamo osservato che il TGF-β2 aumentava la formazione di aggregati proteici (aggresomi) nelle nostre cellule modello, un segno di stress. Ebbene, sia LDN193189 che cercosporina sono riusciti a ridurre la formazione di questi aggregati, riportandola a livelli normali. Questo suggerisce che potrebbero proteggere le cellule endoteliali dallo stress e dalla morte cellulare.

Micrografia a fluorescenza di cellule endoteliali corneali in coltura. Nuclei blu (DAPI), aggregati proteici rossi ridotti dopo trattamento con composto sperimentale. Obiettivo 60mm, alta definizione, illuminazione controllata da microscopio.

Cosa Significa Tutto Questo? E Quali Sono i Prossimi Passi?

Questo studio, secondo me, è importante per due motivi principali. Primo, dimostra che l’approccio dello screening computazionale di farmaci, già usato con successo in campi come l’oncologia, è fattibile ed efficace anche in oftalmologia, in particolare per una malattia complessa come la FECD. È un modo per accelerare la scoperta di potenziali terapie.

Secondo, abbiamo identificato due composti, LDN193189 e cercosporina, che sembrano avere un effetto positivo su alcuni dei meccanismi chiave della malattia a livello cellulare: riducono la produzione eccessiva di ECM e proteggono dallo stress cellulare legato all’accumulo di proteine.

Certo, siamo ancora all’inizio. Questo è uno studio esplorativo e ci sono delle limitazioni. Non abbiamo ancora chiarito completamente i meccanismi d’azione precisi di questi composti sulla morte cellulare nella FECD, che è un processo complesso. Inoltre, questi risultati ottenuti *in vitro* dovranno essere confermati in modelli animali prima di poter pensare a studi sull’uomo. Infine, ci siamo concentrati su pazienti con una specifica alterazione genetica (espansione TCF4 > 50 ripetizioni), e dobbiamo capire se questi risultati valgono anche per altri pazienti con FECD.

Nonostante ciò, la strada aperta è promettente. L’idea di poter un giorno trattare la distrofia di Fuchs con un farmaco, magari un collirio, invece che con un trapianto, è un obiettivo che vale la pena perseguire con tutte le nostre forze. E la tecnologia computazionale si sta rivelando un’alleata preziosa in questa sfida. Speriamo di potervi dare presto nuove, buone notizie!

Fonte: Springer

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