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Alzheimer: E se la Chiave Fosse Nascosta in un Enzima? La Rivoluzionaria Scoperta di MS1262

Amici appassionati di scienza, preparatevi perché oggi vi porto nel cuore pulsante della ricerca sull’Alzheimer, una malattia che, ahimè, conosciamo fin troppo bene per il suo impatto devastante sulla memoria e sulla vita di milioni di persone. Per anni, la ricerca si è concentrata principalmente sulla rimozione delle placche di proteina beta-amiloide (Aβ) dal cervello, un po’ come cercare di pulire una stanza allagata continuando a togliere acqua senza chiudere il rubinetto. I farmaci attuali, purtroppo, riescono solo a rallentare un pochino il declino cognitivo, e spesso solo nelle fasi iniziali. Il problema è che l’Alzheimer è un “mostro” complesso, con tante facce, e capire esattamente come nasce e progredisce è una sfida enorme.

Un Nuovo Sospettato: L’Enzima G9a

E se vi dicessi che abbiamo scovato un nuovo “personaggio” chiave in questa intricata storia? Si chiama G9a, un enzima metiltransferasi istonica. Nome complicato, lo so, ma pensatelo come un piccolo operaio specializzato che attacca dei “post-it” chimici (gruppi metilici) a specifiche proteine, le istone, che avvolgono il nostro DNA. Questo processo, chiamato metilazione, di solito serve a “spegnere” certi geni. Studi precedenti avevano già notato che l’attività di G9a è più alta nel cervello di pazienti con Alzheimer e in modelli animali della malattia. Sembrava quindi che G9a contribuisse silenziando geni importanti per la comunicazione tra neuroni, come quelli per i recettori del glutammato.

Ma c’era un “però”. L’Alzheimer non è solo una questione di geni spenti. È anche una “proteopatia”, cioè una malattia dove l’espressione e la funzionalità di un’ampia gamma di proteine vanno in tilt. Come poteva G9a, con la sua funzione “silenziatrice” di geni, spiegare questo caos proteico generalizzato? Qui la faccenda si è fatta interessante!

La Sorpresa: G9a e la Traduzione delle Proteine

Utilizzando una tecnica super sofisticata che abbiamo chiamato ChaC-MS (una sorta di “pesca miracolosa” molecolare per vedere con chi interagisce G9a), abbiamo scoperto qualcosa di inaspettato. G9a, nel contesto dell’Alzheimer, non si limita a lavorare sul DNA. No, fa molto di più! Abbiamo visto che interagisce con un sacco di regolatori della traduzione delle proteine. In pratica, G9a sembra avere un ruolo “non canonico”, cioè diverso dal solito, nel controllare direttamente come e quali proteine vengono prodotte a partire dall’RNA messaggero (mRNA). Immaginate G9a non solo come un interruttore per i geni, ma anche come un “capo cantiere” che dirige la produzione di proteine specifiche legate alla patologia dell’Alzheimer.

In particolare, abbiamo notato un’interazione stretta tra G9a e METTL3, un altro enzima che aggiunge una modifica chimica (chiamata m6A) all’mRNA. Questa modifica m6A è cruciale per regolare quali mRNA vengono tradotti in proteine. Sembra proprio che G9a, quando è iperattivo nell’Alzheimer, “dirotti” questo meccanismo di traduzione, portando alla produzione anomala di proteine che contribuiscono alla malattia.

Visualizzazione macro di una sezione del cervello umano affetto da Alzheimer, con focus sulle proteine G9a evidenziate in un colore contrastante e placche amiloidi visibili, illuminazione controllata per dettagli patologici, obiettivo macro 90mm, alta definizione.

Nasce MS1262: Un Inibitore G9a “Cervellone”

Una volta capito questo nuovo meccanismo, la domanda è sorta spontanea: e se potessimo bloccare G9a? Potremmo fermare questa produzione sregolata di proteine dannose? È qui che entra in scena la nostra “superstar”: una nuova molecola che abbiamo sviluppato e chiamato MS1262. Non è un inibitore qualsiasi! MS1262 è stato progettato per essere super potente contro G9a (e il suo “gemello” GLP), molto selettivo (cioè non va a disturbare altri enzimi a caso) e, cosa fondamentale, capace di attraversare la barriera emato-encefalica. Questa barriera è come un buttafuori molto severo che protegge il nostro cervello, e superarla è una delle sfide più grandi nello sviluppo di farmaci per malattie neurologiche. Beh, MS1262 ce l’ha fatta!

Nei test di laboratorio, MS1262 si è dimostrato da 23 a 37 volte più potente dei precedenti inibitori di G9a e ha mostrato un’ottima capacità di penetrare nel cervello dei topi dopo una semplice iniezione.

MS1262 alla Prova: Risultati Sorprendenti nei Topi

Armati di MS1262, siamo passati ai test su diversi modelli murini di Alzheimer. Questi topolini sono ingegnerizzati per sviluppare sintomi simili a quelli umani, come la perdita di memoria, l’ansia e la depressione, oltre ovviamente alle placche amiloidi e, in alcuni modelli, anche i grovigli di proteina Tau (un’altra protagonista negativa dell’Alzheimer).

E i risultati? Semplicemente entusiasmanti! I topi trattati con MS1262 hanno mostrato:

  • Miglioramenti significativi nella memoria spaziale: riconoscevano oggetti in posizioni nuove molto meglio dei topi non trattati, tornando a livelli simili a quelli dei topi sani.
  • Riduzione dell’ansia: passavano più tempo in aree aperte nei test specifici, indicando meno ansia.
  • Minore comportamento depressivo: erano più attivi nei test di nuoto forzato.

Questi miglioramenti sono stati osservati in ben tre diversi modelli di topo, inclusi quelli che sviluppano sia placche Aβ che grovigli Tau e che mimano anche il processo di invecchiamento. Questo suggerisce che MS1262 potrebbe avere un’ampia applicabilità.

Ma non ci siamo fermati al comportamento. Siamo andati a vedere cosa succedeva a livello cellulare nel cervello. Nel giro dentato dell’ippocampo (un’area cruciale per la memoria), abbiamo visto che MS1262 ripristinava la frequenza delle correnti sinaptiche eccitatorie spontanee (sEPSCs), che era ridotta nei topi malati. E ancora più importante, MS1262 ha completamente recuperato la potenziazione a lungo termine (LTP) nell’ippocampo, un meccanismo cellulare fondamentale per l’apprendimento e la memoria, che era persa nei topi con Alzheimer. È come se avessimo “riacceso” la capacità dei loro neuroni di rafforzare le connessioni!

Un topo da laboratorio bianco in un labirinto per test comportamentali, ripreso con teleobiettivo zoom 100mm, tracciamento del movimento, velocità otturatore elevata per catturare l'azione, focus sulla sua esplorazione attenta dell'ambiente.

Svelare il Meccanismo d’Azione: Un Effetto a Cascata

Per capire più a fondo come MS1262 stesse operando questi “miracoli”, abbiamo fatto un’analisi multiomica (proteomica, fosfoproteomica, epitrascrittomica m6A) sull’ippocampo dei topi trattati e non. Abbiamo confermato che MS1262 invertiva il legame anomalo di G9a con i regolatori della traduzione. E, come previsto, l’inibizione di G9a con MS1262 ha normalizzato la distribuzione delle modifiche m6A sull’RNA, riducendo quelle eccessive vicino all’inizio dei geni e aumentandole dove erano carenti. Gli RNA “salvati” da MS1262 erano principalmente coinvolti nella segnalazione sinaptica e nello sviluppo cerebrale.

A livello di proteine, abbiamo identificato un gran numero di proteine la cui espressione o fosforilazione (un’altra modifica chimica importante) era alterata nell’Alzheimer e veniva riportata alla normalità da MS1262. Molte di queste proteine erano, guarda caso, tradotte da RNA con modifiche m6A, confermando il ruolo di G9a nella regolazione traduzionale. È interessante notare che MS1262 ha avuto un impatto più marcato sulla fosforilazione delle proteine che sulla loro quantità totale, suggerendo che G9a regola finemente la patologia dell’Alzheimer a livello traduzionale e post-traduzionale.

MS1262 ha riattivato vie di segnalazione cruciali per la plasticità sinaptica e la memoria, come quelle del calcio, del CREB, della sinaptogenesi, e ha soppresso l’espressione di proteine dannose come la Tau e altre associate alla struttura sinaptica alterata. Ha persino influenzato vie legate all’umore, come quella della relaxina, il che potrebbe spiegare i miglioramenti nei sintomi non cognitivi come ansia e depressione.

Dai Topi all’Uomo: Una Speranza Concreta

La domanda cruciale, ovviamente, è: tutto questo ha rilevanza per i pazienti umani? Per rispondere, abbiamo confrontato i nostri dati sui topi con dati proteomici provenienti da campioni di cervello di pazienti con Alzheimer. Ebbene sì! Molte delle proteine la cui espressione era “corretta” da MS1262 nei topi erano le stesse che risultavano alterate nei pazienti. Tra queste, anche biomarcatori noti dell’Alzheimer e prodotti di geni di rischio per la malattia.

Ancora più promettente, MS1262 ha invertito l’espressione di diversi biomarcatori presenti nel liquido cerebrospinale (CSF) di pazienti nelle fasi iniziali dell’Alzheimer. Questo è importantissimo, perché suggerisce che questi biomarcatori potrebbero essere usati sia per identificare i pazienti che potrebbero beneficiare maggiormente del trattamento con MS1262, sia per monitorare l’efficacia del farmaco a livello individuale. Stiamo parlando di una potenziale medicina di precisione per l’Alzheimer!

Abbiamo anche visto che molte delle proteine regolate da G9a e corrette da MS1262 erano fortemente correlate con la quantità di placche Aβ nel cervello dei pazienti. Questo conferma che l’attività di G9a è intimamente legata alla patologia dell’Alzheimer e promuove la formazione di queste placche.

In sintesi, il nostro lavoro ha svelato un meccanismo nuovo e inaspettato attraverso cui G9a contribuisce alla “proteopatia” dell’Alzheimer, agendo sulla traduzione delle proteine. E, cosa più importante, abbiamo sviluppato un inibitore, MS1262, che penetra nel cervello e sembra capace di invertire molti aspetti della malattia nei modelli animali, con forti indicazioni di rilevanza anche per l’uomo.

Micrografia elettronica ad altissima risoluzione di una sinapsi neuronale che mostra la plasticità, con vescicole sinaptiche e recettori evidenziati, illuminazione scientifica precisa, obiettivo macro 105mm, dettagli molecolari delle connessioni neurali.

Cosa Ci Riserva il Futuro?

Certo, la strada dalla scoperta in laboratorio a un farmaco disponibile per i pazienti è ancora lunga e piena di ostacoli. Nessun modello animale, per quanto sofisticato, può replicare perfettamente la malattia umana. Tuttavia, l’efficacia di MS1262 su tre diversi modelli murini, che ricapitolano aspetti diversi della patologia, è un segnale molto forte. Il fatto che MS1262 agisca su un meccanismo così a monte, influenzando un’ampia gamma di proteine e vie di segnalazione alterate nell’Alzheimer, lo rende un candidato terapeutico particolarmente promettente, con un potenziale effetto “ad ampio spettro”.

Inoltre, i topi trattati con MS1262 per sei settimane non hanno mostrato segni di tossicità, il che è un altro punto a favore. Sembra che MS1262 agisca specificamente su G9a quando è “iperattivo” nelle cellule malate, lasciando tranquille le altre.

La nostra speranza è che MS1262, o molecole simili, possano un giorno offrire una nuova, potente arma contro l’Alzheimer, andando oltre la semplice gestione dei sintomi e affrontando le radici molecolari della malattia. E chissà, magari i biomarcatori che abbiamo identificato potrebbero aiutarci a diagnosticare la malattia prima e a personalizzare le cure. Incrociamo le dita e continuiamo a lavorare sodo, perché ogni passo avanti nella comprensione e nel trattamento dell’Alzheimer è una vittoria per tutti noi.

Fonte: Springer Nature

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