Visualizzazione concettuale fotorealistica del cervello umano con aree evidenziate in cui la molecola DDL-218 agisce sul gene SirT1 contrastando l'effetto negativo di ApoE4. Effetto profondità di campo, illuminazione drammatica che simboleggia la speranza, focale 35mm prime.

Alzheimer: E se potessimo “Sbloccare” un Gene Protettivo? La Scoperta di DDL-218

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi appassiona profondamente e che accende una luce di speranza nella lotta contro una malattia devastante: l’Alzheimer. Immaginate per un attimo il nostro cervello come una complessa rete di informazioni, e l’Alzheimer come un’ombra che lentamente offusca questa rete. Sappiamo che ci sono diversi fattori in gioco, ma uno dei principali “indiziati” per la forma più comune, quella sporadica, è una proteina chiamata Apolipoproteina E4, o più semplicemente ApoE4. Pensate che tra il 40% e il 65% dei pazienti con Alzheimer possiede almeno una copia di questo gene!

Il “Freno” Genetico: ApoE4 e SirT1

Per anni, la ricerca si è concentrata sul ruolo di ApoE4 nel metabolismo dei lipidi e nella sua incapacità di “pulire” efficacemente le famigerate placche amiloidi (Aβ) rispetto ad altre varianti come ApoE3 o E2. Ma negli ultimi dieci anni, abbiamo scoperto che ApoE4 è un personaggio molto più complesso e, purtroppo, dannoso. È associato a un aumento della produzione di Aβ, a disfunzioni mitocondriali, a problemi nei lisosomi (i “netturbini” delle cellule), all’alterazione della proteina tau e persino alla regolazione dell’espressione genica.

Ed è qui che entra in gioco un’altra proteina cruciale: la Sirtuina 1, o SirT1. SirT1 è un po’ come un “maestro regolatore” del metabolismo cellulare e un fattore neuroprotettivo. Bassi livelli di SirT1 sono stati implicati nell’Alzheimer. E indovinate un po’? Abbiamo scoperto che ApoE4 agisce come un vero e proprio “freno” sull’espressione di SirT1, legandosi direttamente al suo promotore genetico (la sequenza di DNA che ne avvia la produzione). In pratica, ApoE4 impedisce alla cellula di produrre abbastanza SirT1 protettiva.

La Caccia al “Rilasciatore del Freno”: Nasce DDL-218

Di fronte a questa scoperta, la domanda è sorta spontanea: e se potessimo trovare una molecola capace di “rilasciare questo freno”? Una molecola che potenzi l’espressione di SirT1 anche in presenza di ApoE4? Sarebbe un approccio terapeutico completamente nuovo per l’Alzheimer.

Così è iniziata la nostra caccia. Partendo da un precedente successo preliminare (una molecola chiamata A03), attraverso un intenso lavoro di chimica farmaceutica, abbiamo identificato un analogo promettente, DDL-214, e poi isolato la sua forma attiva, l’enantiomero (-) chiamato DDL-218. La cosa fantastica è che DDL-218 non solo funziona in vitro (nelle cellule neuronali che esprimono ApoE4), ma è anche una piccola molecola, somministrabile per via orale e capace di attraversare la barriera emato-encefalica, raggiungendo quindi il cervello!

Immagine macro ad alta definizione di una complessa struttura proteica (ApoE4) legata a un filamento di DNA stilizzato, impedendo l'accesso a un'altra proteina (RNA Polimerasi). Illuminazione controllata e focus preciso sul sito di legame, focale 85mm.

Come Funziona DDL-218? Svelato il Meccanismo

Ma come fa DDL-218 a contrastare l’effetto frenante di ApoE4? Abbiamo scavato a fondo per capirlo. Utilizzando tecniche sofisticate come la purificazione per affinità e la proteomica, abbiamo scoperto che DDL-218 interagisce con una via di segnalazione cellulare specifica. Ecco i passaggi chiave che abbiamo ricostruito:

  • Passo 1: DDL-218 aumenta i livelli di un fattore di trascrizione chiamato NFYb. I fattori di trascrizione sono come interruttori che accendono o spengono i geni.
  • Passo 2: L’aumento di NFYb porta a un incremento di un’altra proteina, un enzima chiamato PRMT5 (Protein Arginine Methyltransferase 5).
  • Passo 3: Ed ecco il colpo di scena! PRMT5 interagisce direttamente con ApoE4. Abbiamo confermato questa interazione con analisi specifiche (OCTET).
  • Passo 4: Legandosi ad ApoE4, PRMT5 sembra “distrarla” o competere con essa, impedendole di legarsi così saldamente al promotore di SirT1. È come se PRMT5 dicesse ad ApoE4: “Ehi, lascia stare quel gene!”.
  • Passo 5: Con ApoE4 “spostata”, il freno viene rilasciato. La RNA polimerasi (la macchina molecolare che legge i geni) può accedere più facilmente al promotore di SirT1 e avviarne la trascrizione. Risultato: più SirT1 protettiva!

Abbiamo confermato questo meccanismo in diversi modi: aumentando artificialmente PRMT5 nelle cellule, abbiamo visto salire i livelli di SirT1; diminuendo PRMT5 (knockdown), i livelli di SirT1 scendevano. Inoltre, sia il trattamento con DDL-218 che l’aumento di PRMT5 riducevano il legame di ApoE4 al promotore di SirT1 e aumentavano quello della RNA polimerasi. È un quadro molto coerente!

La Prova sul Campo: DDL-218 Migliora la Memoria nei Topi Modello di AD

Ok, funziona in provetta, ma nel “mondo reale”? Abbiamo testato DDL-218 su un modello murino di Alzheimer che esprime l’ApoE4 umana e sviluppa le patologie tipiche della malattia (ApoE4-TR:5xFAD). Abbiamo somministrato DDL-218 per via orale per 56 giorni (8 settimane).

I risultati sono stati davvero incoraggianti! I topi trattati con DDL-218 hanno mostrato un miglioramento significativo della memoria in un test specifico chiamato Barnes Maze (un labirinto in cui devono ricordare la posizione di una via di fuga). Rispetto ai topi malati non trattati, quelli che hanno ricevuto DDL-218 impiegavano meno tempo a trovare la “casa”.

Fotografia di un topo bianco di laboratorio che esplora attivamente un labirinto circolare di Barnes con fori lungo il perimetro e segnali visivi colorati sulle pareti circostanti. Scatto con teleobiettivo zoom 150mm, tracciamento del movimento, alta velocità otturatore per congelare l'azione.

E non è tutto. Analizzando il cervello di questi topi, abbiamo confermato che il trattamento con DDL-218 aveva effettivamente aumentato i livelli di mRNA (il messaggero genetico) per NFYb, PRMT5 e, soprattutto, per la nostra amica SirT1 nell’ippocampo, un’area cerebrale cruciale per la memoria. Anche l’analisi del legame al promotore di SirT1 nel tessuto cerebrale ha confermato un aumento dell’aggancio della RNA polimerasi e una tendenza alla diminuzione del legame di ApoE4, proprio come avevamo visto nelle cellule.

Uno Sguardo Oltre: Effetti Aggiuntivi e Prospettive Future

Un’analisi proteomica globale (che guarda a tutte le proteine espresse) nell’ippocampo dei topi trattati ha rivelato anche altri cambiamenti interessanti. Ad esempio, è aumentata una proteina chiamata PTprn2, che è spesso ridotta nell’Alzheimer e gioca un ruolo nel rilascio dei neurotrasmettitori e nella plasticità sinaptica. Altre proteine coinvolte nella funzione mitocondriale e nella plasticità sinaptica sono risultate anch’esse modulate positivamente. Questo suggerisce che DDL-218 potrebbe avere effetti benefici più ampi sulla funzione neuronale.

Cosa significa tutto questo? DDL-218 rappresenta un nuovo potenziale candidato terapeutico per l’Alzheimer, con un meccanismo d’azione innovativo: non si limita a combattere le placche amiloidi, ma agisce direttamente su uno dei principali fattori di rischio genetico (ApoE4) per “sbloccare” un meccanismo di protezione endogeno (SirT1).

Visualizzazione 3D fotorealistica di neuroni interconnessi nel cervello umano, con alcuni che mostrano segni di salute (colore vibrante) grazie all'azione di una molecola (DDL-218) che potenzia un fattore protettivo (SirT1). Profondità di campo, illuminazione suggestiva, focale 50mm prime.

È importante essere cauti: i modelli animali sono utili ma non predicono perfettamente l’efficacia nell’uomo. Tuttavia, i dati preclinici sono promettenti. L’idea di potenziare SirT1 e migliorare la funzione cognitiva potrebbe complementare le attuali terapie basate sugli anticorpi anti-Aβ, che finora hanno mostrato effetti limitati sul miglioramento della memoria.

La strada è ancora lunga. Serviranno ulteriori studi preclinici per valutare al meglio la selettività e la sicurezza di DDL-218, testarlo in altri modelli e poi, si spera, passare agli studi clinici sull’uomo. Ma questa scoperta apre una nuova, eccitante via nella ricerca sull’Alzheimer, mirando a rafforzare le difese naturali del nostro cervello contro questa malattia. La speranza si accende!

Fonte: Springer

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