Tesoro Riscoperto: Un Manoscritto Inedito di “El Nuevo Mundo” Svela Segreti e Intrighi del ‘700!
Amici lettori, preparatevi a una storia che ha dell’incredibile, una di quelle scoperte che fanno battere forte il cuore a noi appassionati di storia e letteratura! Immaginatevi la scena: archivi polverosi, il profumo della carta antica e, all’improvviso, un tesoro che riemerge dalle nebbie del tempo. Sto parlando del ritrovamento di un manoscritto inedito del poema epico “El Nuevo Mundo” (1701) di Francisco Botelho de Moraes e Vasconcelos. Un’opera che, vi assicuro, merita molta più attenzione di quanta ne abbia ricevuta finora.
Un Poema Epico Tra Due Mondi (e Due Lingue!)
“El Nuevo Mundo” non è un poema qualsiasi. Scritto da un poeta portoghese, Botelho (1670–1747), ma composto interamente in spagnolo, narra l’epica traversata di Cristoforo Colombo verso le Americhe, attraverso episodi allegorici e profetici. Pensate un po’: un portoghese che scrive in spagnolo un poema su Colombo! Già questo ci fa capire quanto fosse vivace e interconnesso il panorama letterario iberico dell’epoca, nonostante le tensioni politiche, come quelle legate alla Guerra di Successione Spagnola (1701–1714), che facevano da sfondo alla pubblicazione del poema a Barcellona nel 1701.
Quest’opera è considerata un esempio notevole della rinascita epica settecentesca dedicata a Colombo, paragonabile a colossi come “Os Lusíadas” o “La Araucana”. Eppure, “El Nuevo Mundo” è rimasto un po’ nell’ombra, quasi una rara avis, con pochi studi dedicati e, soprattutto, privo di un’edizione critica moderna. Fino ad ora, o quasi!
La Sorpresa dall’Abbazia di Montserrat
Ed è qui che la storia si fa davvero succosa. Immaginate la mia sorpresa nello scoprire che nella biblioteca dell’Abbazia di Montserrat, vicino a Barcellona, si celava l’unico manoscritto conosciuto di questo poema! Parliamo del documento ms. 0648, una vera e propria capsula del tempo. E la cosa più entusiasmante? Contiene ben 200 ottave inedite del libro VI, completamente assenti dalla prima edizione a stampa del 1701. Avete capito bene: 200 ottave che nessuno aveva letto per secoli!
Questo ritrovamento non è solo una chicca per bibliofili. È una chiave fondamentale per capire meglio non solo il processo di composizione del poema e la sua travagliata storia editoriale, ma anche, come vedremo, aspetti biografici della vita stessa di Botelho. Lo stesso poeta, nel prologo a un’altra sua opera, “El Alphonso”, si lamentava amaramente di come i suoi poemi fossero stati “mescolati”, alterati e pubblicati senza il suo consenso, definendoli un “mal unido caos poético”. Ebbene, questo manoscritto sembra dargli pienamente ragione!
Cosa Nasconde il Manoscritto?
Il manoscritto di Montserrat è composto da 39 fogli e contiene 302 ottave del libro VI. La grafia è leggibile e lo stato di conservazione buono. Ma cosa ci racconta di nuovo?
Innanzitutto, una breve nota introduttiva in cui Botelho spiega la struttura del libro e giustifica la collocazione della genealogia del dedicatario originale, Manuel de Toledo (fratello del Duca d’Alba). Addirittura, il poeta chiede un parere al destinatario: «Este libro es episodio y conversación de dos soldados en la armada […] Está concluido, mas no limado, en cuya fe suplico al duque mi señor lo honre con hacer juicio de él para que ilustrado yo con el soberano dictamen de su excelencia pueda perfeccionarlo como es justo.». Insomma, un “work in progress” sottoposto a revisione.
Poi, il titolo originale: “El Mundo Nuevo. Poema Heroico, de D. fran.co Botello de Moraes y Vasconcelos”. Una piccola variazione che ci avvicina ad altre epiche colombiane dell’epoca.
Ma il vero scoop sono le circa 200 ottave inedite. Queste strofe corrispondono a quei vuoti, segnalati con puntini sospensivi nelle edizioni a stampa, che facevano pensare a parti mancanti o mai scritte. E qui la faccenda si fa intrigante: Pedro de Castro, che curò i commenti allegorici dell’edizione a stampa, scrisse che il testo mancante sarebbe stato inserito una volta redatto dal poeta. Peccato che il manoscritto dimostri che quelle ottave erano già state scritte!
Questo fa sorgere un sospetto: ci fu una qualche forma di censura o di intervento editoriale “pilotato”? Le ottave mancanti, infatti, trattano argomenti piuttosto sensibili per l’epoca: i rapporti tra Portogallo e Spagna, un elogio spassionato a Manuel de Toledo, a Filippo V e a Luigi XIV, e dettagli sulla genealogia della Casa d’Alba. Pensate che il nome di Manuel de Toledo, dedicatario nella prima edizione (1701a), scompare dalla variante successiva (1701b)! Un giallo nel giallo.
Quando il Poema Diventa Autobiografia
Ma c’è di più. Le ottave inedite non sono solo materiale politico o encomiastico. Una parte significativa, che nel manoscritto va dalla strofa 37 alla 228, contiene un monologo del personaggio di Carlos che, udite udite, sembra ricalcare in modo sorprendente la biografia di Botelho stesso!
Carlos racconta le sue peripezie, paragonandosi a Ulisse, ma con un destino più amaro, segnato dalla mancanza di amici fidati e dall’esilio dalla patria in giovane età: «yo, de mi patria huyendo voy perdido/infeliz, desterrado y perseguido». Parla dei suoi studi giovanili, dell’amore per la poesia, e menziona luoghi chiave per Botelho: Coimbra, dove studiò, e forse anche un riferimento velato alla sua città natale, Torre de Moncorvo.
Il personaggio di Carlos (o dovremmo dire Botelho?) evoca miti e storie nazionali portoghesi, come quella di Inés de Castro, strettamente legati a Coimbra. Descrive poi una tormentata storia d’amore con una certa Jacinta (che nelle allegorie dell’opera stampata rappresenta la Spagna, ma qui potrebbe avere un significato più personale) sulle rive del fiume Mondego. Un amore contrastato, forse da un’autorità paterna o regia, che finisce con la delazione di un falso amico e l’esilio: «¡Oh, ingrata Patria! […] ¿Estos los triunfos son y hojas extrañas que en supremos laureles me ofreciste?».
Il racconto di Carlos prosegue con il suo arrivo in Spagna, prima a Madrid («alta Cibele[s] en héroes más robusta») e poi a Barcellona («Allá donde a Barcino origen debe la ciudad»). Proprio a Barcellona Botelho fu membro dell’Acadèmia dels Desconfiats e pubblicò “El Nuevo Mundo”. E, ironia della sorte, è lì vicino che il manoscritto è stato conservato per secoli.
Nelle ottave inedite, Botelho/Carlos esprime la sua delusione per l’ambiente cortigiano, sia portoghese che madrileno, pieno di invidie e incomprensioni, tanto da fargli quasi abbandonare la poesia: «profesé no escribir, pues tanto aflige/la turba indocta». Ma proprio quando sta per rompere la lira, interviene una musa, Calliope, che gli annuncia il favore e la protezione di un “gran Toledo”, quasi certamente Manuel de Toledo. Questo patrocinio diventa per il poeta l’occasione per dimostrare il suo talento e guadagnarsi un posto d’onore nella corte, associando la Casa d’Alba nientemeno che alla nuova dinastia borbonica di Filippo V e a Luigi XIV.
Un Ritrovamento che Apre Nuovi Scenari
Capite bene l’importanza di questo manoscritto. Non solo ci restituisce una versione più completa di “El Nuevo Mundo”, ma getta una luce nuova su Francisco Botelho de Moraes e Vasconcelos, un poeta che merita di essere riscoperto dagli specialisti dell’epica iberica. Ci offre uno spaccato affascinante della vita diplomatica e culturale di un’epoca di grandi cambiamenti, quella soglia della Modernità in Spagna.
Certo, questo ritrovamento solleva più domande che risposte. Chi intervenne realmente nell’edizione a stampa? Perché Pedro de Castro mentì sullo stato di completamento del libro VI? Il poema fu “usurpato” e trasformato in uno strumento di propaganda? O fu lo stesso Botelho, magari per prudenza politica in un clima di alleanze mutevoli, a decidere di omettere quelle parti? E quale fu il vero ruolo di Manuel de Toledo, la cui lealtà politica sembra aver oscillato?
Queste sono solo alcune delle domande a cui una futura edizione critica del manoscritto, attualmente in preparazione, cercherà di rispondere. Per ora, una cosa è certa: la diffidenza verso le edizioni barcellonesi del 1701 è più che giustificata. I lamenti di Botelho riguardo alle alterazioni subite dalle sue opere non erano solo sfoghi, ma la cruda realtà.
Questo manoscritto è una testimonianza materiale preziosissima, un tassello mancante che ci aiuta a ricostruire non solo la storia di un poema, ma anche quella di un uomo e del suo tempo. E chissà quali altri segreti custodiscono ancora le biblioteche del mondo! Io, nel frattempo, resto con il fiato sospeso, in attesa di saperne di più. E voi?
Fonte: Springer