Neve Addio? Viaggio nel Tempo sulle Montagne Europee con i Satelliti
Ciao a tutti! Avete mai alzato gli occhi verso le cime innevate delle nostre montagne, magari durante un’escursione estiva, chiedendovi se quella neve fosse lì anche 30 o 40 anni fa, nello stesso periodo? Beh, è una domanda che mi sono posto spesso, non solo per curiosità, ma perché la neve in montagna è molto più di un bel paesaggio. È una risorsa idrica fondamentale, un isolante termico per le piante, e il suo “programma” di scioglimento detta i ritmi della vita ad alta quota.
L’Europa si sta scaldando a un ritmo doppio rispetto alla media globale, e questo ha ovviamente un impatto enorme sulla neve. Ma quantificare questo impatto, soprattutto su aree vaste e complesse come le catene montuose, e farlo guardando indietro nel tempo, non è affatto semplice. Ed è qui che entra in gioco la mia passione e il mio lavoro: usare i dati satellitari per “vedere” come le cose sono cambiate.
In particolare, mi sono concentrato su un parametro chiave: la data di fine scioglimento della neve, o SMOD (Snow Melt-Out Date). È fondamentalmente il giorno dell’anno in cui un determinato punto del terreno si libera completamente dalla copertura nevosa invernale. Capire come questa data sia cambiata negli ultimi decenni ci dice tantissimo sugli effetti del cambiamento climatico in montagna.
La Sfida: Guardare Indietro con Dettaglio
Documentare i cambiamenti della neve a lungo termine e con una buona risoluzione spaziale (cioè vedendo i dettagli) in montagna è una vera sfida. Perché?
- Le stazioni meteo a terra ad alta quota sono poche e sparse.
- I modelli climatici attuali, pur essendo potentissimi, spesso lavorano a scale troppo grandi per cogliere le variazioni fini che avvengono su un versante montano rispetto a un altro.
- La neve in montagna non è una coperta uniforme: si accumula di più in certi punti, si scioglie prima in altri, creando un mosaico complesso che cambia di anno in anno.
Volevamo capire come lo SMOD fosse cambiato su aree significative – Pirenei, Alpi Europee, Caucaso Maggiore – e con un dettaglio sufficiente a essere rilevante per gli ecosistemi alpini, quelli sopra il limite degli alberi. Parliamo di una risoluzione di 30 metri: abbastanza fine da distinguere piccole conche da crinali esposti!
L’Alleato dallo Spazio: Landsat
Per questa missione quasi impossibile, abbiamo chiamato in aiuto un veterano dello spazio: la serie di satelliti Landsat. Questi satelliti osservano la Terra da decenni (fin dagli anni ’70, anche se noi ci siamo concentrati sul periodo dal 1985 in poi), fornendo immagini con quella risoluzione di 30 metri che cercavamo. Un vero tesoro di dati!
Però, c’è un “ma”. Landsat non passa tutti i giorni sopra lo stesso punto, e le montagne sono spesso coperte da nuvole. Questo significa che, soprattutto nei primi anni della serie (anni ’80 e ’90), il numero di immagini “buone” (senza nuvole) per una data area in un anno poteva essere molto basso, a volte solo 1-3 al mese! Troppo poche per determinare con precisione il giorno esatto dello scioglimento della neve in primavera/estate.
L’Idea “Aggregante”: Unire le Forze degli Anni
Come superare il problema dei pochi dati? Con un’idea un po’ furba: invece di cercare di calcolare lo SMOD per ogni singolo anno (cosa difficile con poche osservazioni), abbiamo deciso di aggregare i dati su periodi più lunghi. Abbiamo creato due “super-periodi”:
- Il passato: 1985-1996 (i primi 12 anni disponibili con dati consistenti)
- Il presente: 2011-2022 (gli ultimi 12 anni al momento dell’analisi)
Mettendo insieme tutte le osservazioni Landsat senza nuvole disponibili all’interno di ciascun periodo di 12 anni, ordinate per giorno dell’anno (DOY – Day Of Year), abbiamo ottenuto una “serie temporale densificata”. Immaginate di sovrapporre le foto di 12 primavere/estati: anche se in un anno avevate poche immagini, combinandole ne ottenete molte di più per ogni “giorno medio” dell’anno, rendendo possibile stimare uno SMOD “medio” per quel periodo con molta più affidabilità e sempre a 30 metri di risoluzione!
Come Funziona in Pratica: L’Indice della Neve
Per distinguere la neve dal terreno nudo nelle immagini satellitari, abbiamo usato un indice molto comune chiamato NDSI (Normalized Difference Snow Index). Semplificando, questo indice dà valori alti quando un pixel è coperto di neve e valori bassi o negativi quando non lo è.
Abbiamo analizzato migliaia di immagini Landsat sulle montagne europee per trovare la “soglia magica” di NDSI che separasse al meglio la neve dal non-neve. È risultato essere 0.1543. Quindi, per ogni pixel nella nostra serie temporale aggregata, abbiamo classificato ogni osservazione come “neve” (NDSI > 0.1543) o “non-neve”.
Poi, per “pulire” un po’ i dati (a volte un pixel può apparire senza neve per un giorno e poi di nuovo con neve), abbiamo applicato una “finestra mobile” di 25 giorni per calcolare una sorta di “probabilità di presenza neve”. Lo SMOD è stato definito come il primo giorno dell’anno (a partire dal giorno 50, per evitare confusioni con nevicate tardive) in cui questa probabilità scendeva sotto il 50%. Voilà! Avevamo la nostra mappa della data media di scioglimento per entrambi i periodi.
La Prova del Nove: Funziona Davvero?
Bello il metodo, ma i risultati sono affidabili? Per verificarlo, abbiamo fatto un doppio controllo:
- Confronto con stazioni nivometriche: Abbiamo preso i dati di profondità della neve misurati a terra da stazioni in Francia e Svizzera (sopra i 1800m) per entrambi i periodi. Abbiamo calcolato lo SMOD anche da questi dati (quando la neve scendeva sotto i 5 cm) e l’abbiamo confrontato con le nostre stime Landsat per i pixel corrispondenti. L’accordo è stato molto buono! (Correlazione R² circa 0.73-0.86, con un errore medio assoluto MAE di soli 6-8 giorni). Questo ci ha dato grande fiducia, soprattutto per il periodo più vecchio (1985-1996) dove i dati Landsat erano più scarsi.
- Confronto con temperature del suolo: Abbiamo usato dati da piccoli sensori di temperatura del suolo (logger) posizionati in diverse condizioni topografiche (creste, conche, versanti) in un sito di ricerca sulle Alpi Francesi (Col du Lautaret) per il periodo 2011-2022. Anche qui, lo SMOD stimato da Landsat corrispondeva bene a quello dedotto dai logger (quando la temperatura del suolo superava stabilmente 1°C), con un R² di 0.69 e un MAE di circa 10 giorni. Questo ha confermato che il nostro metodo coglieva bene anche le variazioni su piccola scala legate alla topografia.
Cosa Abbiamo Scoperto: La Neve si Ritira
Confrontando le mappe SMOD del periodo 1985-1996 con quelle del 2011-2022, abbiamo potuto “vedere” il cambiamento avvenuto in circa quattro decenni. Il risultato generale? La neve tende a sciogliersi prima. Ma attenzione, non in modo uniforme!
I cambiamenti sono molto variabili nello spazio, dipendono dall’altitudine (più marcati a quote medie) e dalla topografia locale. Questo è importantissimo: significa che l’impatto del cambiamento climatico non è lo stesso ovunque in montagna.
Questi cambiamenti hanno conseguenze dirette sugli ecosistemi. In uno studio collegato, abbiamo visto che la riduzione della durata della copertura nevosa (cioè uno SMOD anticipato) ha un’influenza maggiore sull’accumulo di calore disponibile per le piante durante la stagione di crescita rispetto al solo aumento della temperatura dell’aria. Questo “calore extra” sembra essere il motore principale del fenomeno di “inverdimento” (greening) osservato in molte aree alpine, specialmente quelle dove la neve si scioglieva tardi.
Perché è Importante per Tutti (Non Solo per i Ricercatori)
Ok, forse vi state chiedendo: “Interessante, ma a me cosa cambia?”. Cambia, eccome!
- Risorse idriche: Le montagne sono le “torri d’acqua” d’Europa. Uno scioglimento anticipato modifica la disponibilità di acqua a valle durante l’anno, con impatti sull’agricoltura, la produzione di energia idroelettrica e l’approvvigionamento idrico potabile.
- Biodiversità: Il cambiamento dei tempi della neve altera gli habitat e le interazioni tra le specie vegetali e animali uniche delle Alpi, dei Pirenei e del Caucaso.
- Rischi naturali: Modelli di scioglimento diversi possono influenzare il rischio di valanghe o piene improvvise.
- Turismo: La durata della stagione sciistica e le condizioni per l’escursionismo estivo sono direttamente legate alla neve.
Il nostro dataset fornisce una visione dettagliata, su larga scala e a lungo termine di questi cambiamenti, utile per chi deve pianificare la gestione del territorio, valutare i rischi o studiare più a fondo questi fenomeni.
Un Patrimonio Condiviso: Dati e Codice Aperti
La cosa forse più bella di questo lavoro è che non ce lo siamo tenuti per noi. Il dataset completo con le mappe SMOD per i due periodi e per le tre catene montuose è pubblicamente accessibile su Zenodo. E non solo! Abbiamo anche condiviso il codice che abbiamo sviluppato su Google Earth Engine (GEE), una piattaforma potentissima per l’analisi di dati geospaziali.
Questo significa che altri ricercatori, studenti, o chiunque sia interessato, possono non solo usare i nostri dati, ma anche applicare il nostro metodo ad altre catene montuose nel mondo, o magari adattarlo per studiare periodi diversi o con parametri leggermente modificati. È il bello della scienza aperta!
Insomma, è stato un viaggio affascinante attraverso 40 anni di storia della neve sulle nostre montagne, reso possibile dalla combinazione di dati satellitari storici e un po’ di ingegno nell’analizzarli. I risultati confermano che le nostre montagne stanno cambiando rapidamente, e avere strumenti per monitorare e capire questi cambiamenti è più cruciale che mai. Spero che questo racconto vi abbia incuriosito e fatto apprezzare ancora di più la complessa e delicata bellezza degli ambienti d’alta quota!
Fonte: Springer