Psoriasi: La Classifica dei Farmaci Cambia Davvero Se Cambiamo le Regole dell’Analisi?
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi affascina molto nel mondo della ricerca medica, specialmente quando si tratta di confrontare diverse terapie per malattie come la psoriasi. Avete mai sentito parlare di Meta-Analisi di Rete (NMA)? Immaginatela come un modo super potente per mettere insieme i risultati di tantissimi studi clinici diversi, anche quelli che non hanno confrontato direttamente due farmaci specifici, per capire quale funziona meglio. È uno strumento fondamentale, soprattutto con tutte le nuove terapie biologiche che stanno uscendo per la psoriasi.
Ma ecco il punto interessante: quando noi ricercatori facciamo una NMA, dobbiamo prendere un sacco di decisioni. Quali studi includere? Quali pazienti considerare (ad esempio, solo quelli che non hanno mai provato farmaci biologici prima)? Quali metodi statistici usare? Sembrano dettagli tecnici, ma la domanda che ci siamo posti è: quanto queste scelte influenzano il risultato finale? Cambia la classifica dei farmaci migliori a seconda delle “regole del gioco” che stabiliamo all’inizio?
Il Dilemma delle Scelte Metodologiche
Pensateci: ogni NMA pubblicata potrebbe aver usato criteri leggermente diversi. Questo a volte porta a risultati discordanti tra analisi che, sulla carta, dovrebbero valutare la stessa cosa. È un po’ come se diverse ricette per la stessa torta dessero risultati completamente differenti solo cambiando un paio di ingredienti o il tempo di cottura. Questo fenomeno è stato chiamato “vibrazione degli effetti”: l’idea che la stima dell’efficacia di un farmaco possa “vibrare”, cioè cambiare, a seconda delle scelte metodologiche e analitiche fatte.
Questa variabilità può far sorgere dubbi sulla riproducibilità dei risultati e sul rischio che si scelgano le analisi che danno i risultati “preferiti” (il cosiddetto selective reporting). Capire quanto queste scelte contino è cruciale per interpretare correttamente le NMA e fidarsi delle loro conclusioni.
La Nostra Indagine Approfondita sulla Psoriasi
Proprio per far luce su questo aspetto, abbiamo preso in mano i dati di una delle più grandi e aggiornate revisioni sistematiche sulla psoriasi, una revisione Cochrane “vivente” (cioè aggiornata continuamente). Questa revisione includeva dati su 20 trattamenti attivi (più il placebo) provenienti da 179 studi clinici, per un totale di oltre 62.000 pazienti con psoriasi da moderata a grave. Un bel po’ di materiale su cui lavorare!
Cosa abbiamo fatto? Abbiamo ri-analizzato questi dati in tantissimi modi diversi, simulando le varie scelte che un team di ricerca potrebbe fare. Abbiamo definito diversi “scenari analitici” combinando varie opzioni:
- Popolazione: Includere o escludere studi su pazienti “naive” ai biologici?
- Interventi: Includere o escludere i trattamenti convenzionali (come metotrexato, ciclosporina)?
- Disegno dello studio: Includere o escludere gli studi di Fase II (spesso più piccoli e preliminari)?
- Metodo statistico: Usare il metodo Mantel-Haenszel o l’Inverse Variance? Usare un modello a effetti fissi o casuali? Stimare la varianza tra studi con diversi metodi (DerSimonian-Laird o REML)?
Abbiamo applicato queste combinazioni a tre risultati chiave: il raggiungimento del PASI 90 (una riduzione del 90% della gravità della psoriasi, un ottimo risultato!), il PASI 100 (pelle completamente pulita, ancora meglio!) e gli eventi avversi gravi (SAE). Per il PASI 90, abbiamo anche distinto tra risposta precoce (4-12 settimane) e tardiva (14-24 settimane). In totale, abbiamo eseguito ben 560 diverse Network Meta-Analisi! Un lavoro enorme, ma necessario per vedere se i risultati “vibravano” molto.
Cosa Abbiamo Scoperto: Vibrazioni e Stabilità
Allora, qual è stato il verdetto? Le scelte metodologiche hanno un impatto. Abbiamo misurato la variabilità delle stime di efficacia usando degli indicatori chiamati RRR (Ratio of Relative Risks) e ROR (Ratio of Odds Ratios). Valori più alti indicano maggiore variabilità. In generale, la variabilità era moderata, ma presente.
Quali scelte hanno fatto “vibrare” di più i risultati?
- L’inclusione o esclusione di studi su pazienti naive ai biologici.
- L’inclusione o esclusione di studi di Fase II.
- L’inclusione o esclusione di studi sui trattamenti convenzionali.
- Dal punto di vista analitico, l’uso del metodo Mantel-Haenszel (che tende a dare stime di effetto leggermente maggiori) rispetto all’Inverse Variance.
Abbiamo notato che un farmaco in particolare, l’infliximab, mostrava una variabilità piuttosto ampia nelle stime di efficacia e anche nella sua posizione in classifica. Scavando più a fondo, abbiamo visto che questa grande variazione dipendeva spesso dall’inclusione o esclusione di un singolo studio specifico che ne abbassava notevolmente l’efficacia stimata rispetto al placebo. Questo ci ricorda quanto possa essere importante anche un solo studio in una rete di evidenze.
Ma la Classifica dei Migliori Resiste?
Questa è forse la scoperta più importante e rassicurante. Nonostante le variazioni numeriche nelle stime di efficacia, la classifica dei trattamenti migliori è rimasta sorprendentemente stabile nella maggior parte delle analisi, soprattutto per gli outcome di efficacia come PASI 90 e PASI 100.
Abbiamo usato una metrica chiamata Average Overlap (AO) per confrontare le classifiche dei primi 6 farmaci ottenute in ogni scenario. Un AO di 1 significa accordo perfetto, 0 disaccordo totale. Ebbene, per il PASI 90, l’AO mediano era 0.84 (molto alto!), e per il PASI 100 addirittura 0.94! Anche per il PASI 90 precoce l’accordo era altissimo (0.94). Era un po’ più basso per il PASI 90 tardivo (0.75) e decisamente più basso per gli eventi avversi gravi (SAE, 0.59).
Perché questa differenza per gli SAE? Probabilmente perché per la sicurezza i valori di efficacia (o meglio, di “non-pericolosità”) dei farmaci sono più vicini tra loro, quindi piccole variazioni possono farli salire o scendere di posizione più facilmente. Inoltre, l’esclusione dei farmaci convenzionali (come il metotrexato, che spesso risultava tra i più sicuri) cambiava parecchio la classifica dei top.
Quindi, anche se le stime puntuali dell’effetto possono fluttuare un po’ a seconda delle scelte fatte, i farmaci che si piazzano costantemente sul podio per efficacia tendono a rimanere lì. Questo è un messaggio forte per medici e pazienti: le conclusioni generali sulla gerarchia dei trattamenti più efficaci per la psoriasi sembrano abbastanza robuste.
Altre Scoperte e Prospettive Future
Abbiamo fatto anche qualche analisi esplorativa aggiuntiva. Includere studi dove non ci sono stati eventi avversi in nessun gruppo (studi “double-zero”) non ha cambiato molto i risultati sulla sicurezza, confermando quanto già visto nella revisione Cochrane originale. Invece, usare un’altra misura statistica per la sicurezza, l’Incidence Rate Ratio (IRR), che tiene conto della durata del trattamento, ha portato a classifiche diverse rispetto a quelle basate su RR o OR. Questo suggerisce che il modo in cui misuriamo la sicurezza nel tempo potrebbe meritare ulteriori approfondimenti, magari con dati a livello di singolo paziente.
È importante sottolineare che il nostro approccio si è concentrato su variazioni metodologiche plausibili, basate su criteri PICO (Popolazione, Intervento, Confronto, Outcome) ben definiti, per mimare le differenze che si vedono tra NMA pubblicate con scopi simili. Altri studi hanno esplorato la “vibrazione degli effetti” in modo più estremo, testando tutte le combinazioni possibili di trattamenti da includere in una rete, trovando variazioni enormi. Il nostro studio suggerisce che, rimanendo all’interno di domande di ricerca sensate, la situazione per la psoriasi è più stabile.
Certo, il nostro studio ha dei limiti. Si basa su dati di una sola malattia (la psoriasi), anche se il dataset era molto grande. Non abbiamo esplorato tutte le possibili scelte analitiche esistenti (come modelli dose-risposta o analisi bayesiane, anche se queste ultime spesso danno risultati simili a quelle frequentiste).
Cosa Ci Portiamo a Casa?
La conclusione principale è che sì, le scelte metodologiche e analitiche che facciamo quando conduciamo una NMA possono influenzare i risultati, a volte anche in modo sostanziale per specifiche stime di effetto o per farmaci particolarmente sensibili (come l’infliximab nel nostro caso, a causa di uno studio specifico).
Tuttavia, la notizia rassicurante è che, almeno nel campo della psoriasi con la sua vasta mole di dati, la gerarchia dei trattamenti più efficaci sembra rimanere notevolmente stabile nonostante queste “vibrazioni”. I farmaci al top della classifica tendono a restarci, indipendentemente dalle diverse, ma ragionevoli, scelte metodologiche adottate.
Questo non significa che le scelte non contino – anzi, la trasparenza su come vengono fatte è fondamentale! – ma suggerisce che le conclusioni generali delle NMA sulla psoriasi sono probabilmente abbastanza solide. Sarà importante vedere se questi risultati si confermano anche in altre aree terapeutiche e con altri dataset. La ricerca continua!
Fonte: Springer