Vista dettagliata di un tubo di ottone inclinato con un nastro metallico attorcigliato (twisted tape) visibile all'interno. Illuminazione controllata da studio per evidenziare le texture metalliche e la forma elicoidale. Obiettivo macro 85mm, alta definizione, profondità di campo ridotta per focalizzare l'attenzione sul nastro e sul tubo.

Il Segreto dei Tubi Inclinati: Come Nastri Attorcigliati Rivoluzionano lo Scambio Termico

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel mondo dello scambio termico. Sembra un argomento super tecnico, vero? Eppure, riguarda tantissime cose che usiamo ogni giorno, dai termosifoni ai motori delle auto, fino ai grandi impianti industriali e ai sistemi energetici come i collettori solari. L’obiettivo è sempre lo stesso: trasferire calore nel modo più efficiente possibile, senza sprecare troppa energia per far circolare i fluidi.

Nel mio lavoro, mi sono imbattuto in una sfida intrigante: come ottimizzare lo scambio di calore in tubi che, per ragioni di spazio o di design, non possono essere messi in orizzontale, ma devono stare inclinati? E come se non bastasse, cosa succede quando il flusso del fluido (nel nostro caso, aria) non è né perfettamente liscio (laminare) né completamente caotico (turbolento), ma si trova in quella terra di mezzo un po’ instabile chiamata regime di transizione?

La Sfida del Regime di Transizione e l’Inclinazione

Vedete, gli scambiatori di calore (H.Ex.) di solito vengono progettati per funzionare o in regime laminare (bassi costi operativi, ma scambio termico meno efficiente) o in regime turbolento (scambio termico ottimo, ma costi energetici più alti). Il regime di transizione è spesso evitato come la peste! È instabile, imprevedibile, influenzato da mille fattori: la geometria dell’ingresso, la rugosità delle superfici, le proprietà del fluido, il calore applicato e, appunto, l’orientamento del tubo.

Però, mi sono chiesto: e se invece ci fosse un modo per sfruttare questo regime? Magari offre un compromesso interessante tra efficienza e costi. E qui entra in gioco l’inclinazione. Quando un tubo è inclinato, la gravità inizia a giocare un ruolo più complesso, influenzando il movimento del fluido caldo e freddo (un fenomeno chiamato convezione mista, dove sia il flusso forzato che quello naturale dovuto alla densità contano). Capire come l’angolo di inclinazione (AoI – Angle of Inclination) influenzi tutto questo è fondamentale, specialmente in applicazioni come i collettori solari ad aria, dove l’efficienza è tutto.

La Soluzione: i Nastri Attorcigliati (Twisted Tapes)

Per dare una “svegliata” al flusso e migliorare lo scambio termico, soprattutto nei regimi meno turbolenti, si usano spesso dei “turbolatori”. Tra questi, i più pratici ed economici sono i nastri attorcigliati (Twisted Tapes – TwT). Immaginate una striscia di metallo attorcigliata a elica e inserita dentro il tubo. Semplice, no? Eppure, questo piccolo accorgimento fa miracoli: costringe il fluido a un percorso a spirale, rompe lo strato limite vicino alla parete (dove il trasferimento di calore è più difficile), crea vortici e rimescola tutto, aumentando l’interazione tra il fluido e la parete calda del tubo.

Certo, esistono turbolatori più complessi, con tagli, fori, forme strane… ma spesso il costo di produzione non giustifica il guadagno di performance rispetto ai semplici TwT. Per questo, nel nostro studio, ci siamo concentrati proprio su questi nastri “classici”, ma in una configurazione poco esplorata: dentro un tubo inclinato e riscaldato uniformemente, analizzando cosa succede proprio nel delicato passaggio tra regime laminare, transitorio e turbolento.

Immagine macro di un nastro metallico attorcigliato (twisted tape) inserito all'interno di un tubo di ottone trasparente per visualizzare il flusso. Illuminazione laterale controllata per evidenziare la forma elicoidale del nastro e le texture metalliche. Obiettivo macro 100mm, alta definizione, messa a fuoco precisa sul nastro.

Il Nostro Esperimento: Misure sul Campo

Per capirci qualcosa di più, abbiamo costruito un banco prova qui al BITS Pilani. Niente di fantascientifico, ma efficace: un soffiatore d’aria potente, un lungo tubo per calmare il flusso in ingresso, una sezione di prova in ottone (lunga 2 metri, diametro interno 20 mm) riscaldata uniformemente con fili elettrici, e tutta la strumentazione necessaria per misurare portate (flussimetri), temperature (termocoppie e sensori PT-100 collegati a un sistema di acquisizione dati) e cadute di pressione (manometro a U).

Abbiamo fatto girare aria a diverse velocità, coprendo un ampio intervallo di numeri di Reynolds (Re) – un parametro che ci dice “quanto” turbolento è il flusso – da circa 435 (pienamente laminare) a oltre 10.000 (turbolento). Abbiamo applicato tre diversi livelli di flusso termico (2, 3 e 4 kW/m²) e usato nastri attorcigliati con diversi “passi” dell’elica (il rapporto tra la lunghezza per una rotazione completa e il diametro, P/D, pari a 3, 4 e 5 – un passo minore significa un’elica più stretta e più turbolenza). E, ovviamente, abbiamo inclinato l’intero apparato a 15° e 30° rispetto all’orizzontale, sempre in condizioni di “flusso assistito” (la gravità aiuta il flusso a scendere).

Prima di tutto, abbiamo validato il sistema: abbiamo misurato lo scambio termico (espresso dal numero di Nusselt, Nu) e la resistenza al flusso (espressa dal fattore di attrito, f) nel tubo liscio (senza nastro) in posizione orizzontale e confrontato i risultati con le formule classiche della letteratura scientifica. L’accordo era ottimo (errori sotto il 5%), quindi eravamo sicuri che le nostre misure fossero affidabili.

Cosa Abbiamo Scoperto? I Risultati Chiave

Ed ecco le scoperte più succose:

1. L’Inclinazione Conta (Eccome!): L’angolo di inclinazione ha un impatto significativo, soprattutto a bassi numeri di Reynolds (sotto Re ≈ 1000). In questa zona, domina la convezione mista. Abbiamo calcolato il numero di Richardson (Ri), che misura proprio l’importanza della convezione naturale rispetto a quella forzata. A bassi Re, Ri era alto (fino a 2.5), indicando che la spinta di galleggiamento del fluido caldo contava molto. Man mano che Re aumentava, Ri scendeva drasticamente (fino a 0.0087 in regime turbolento), segno che la convezione forzata prendeva il sopravvento. Interessante notare che Ri era leggermente più alto a 30° che a 15° (e ancora meno in orizzontale), suggerendo che l’effetto della gravità si fa sentire di più man mano che ci si allontana dalla perpendicolarità al flusso.

2. La Transizione si Sposta: Nel tubo liscio riscaldato (3 kW/m²), il passaggio da laminare a transitorio avveniva a Re ≈ 2924 per l’inclinazione di 15°, e poco dopo, a Re ≈ 3001, per quella di 30°. La transizione finiva rispettivamente a Re ≈ 4088 e Re ≈ 4274. Perché questa differenza? Quando il tubo è orizzontale, le forze di galleggiamento agiscono perpendicolarmente al flusso, creando più “disturbo”. Aumentando l’inclinazione, l’effetto di queste forze diminuisce, il flusso è meno perturbato e la transizione verso la turbolenza viene ritardata.

Fotografia del banco prova sperimentale inclinato a 30 gradi. Si vede il tubo di ottone riscaldato, i cavi delle termocoppie, il manometro a U e il flussimetro. Obiettivo grandangolare 24mm per catturare l'intero setup, luce ambientale da laboratorio, messa a fuoco nitida su tutta la scena.

3. I Nastri Fanno il Loro Lavoro (Ma a un Prezzo): L’inserimento dei nastri attorcigliati ha aumentato notevolmente lo scambio termico. Abbiamo usato il Colburn j-factor, un parametro che lega scambio termico e caduta di pressione. In media, a 15°, il j-factor è aumentato del 145% in regime laminare, del 100% in transizione e del 62.5% in turbolento rispetto al tubo liscio! Ovviamente, questo miglioramento ha un costo: un aumento della caduta di pressione (e quindi del fattore di attrito, f).
* Passo dell’elica (y = P/D): Nastri con passo minore (y=3, elica più stretta) hanno dato i risultati migliori in termini di scambio termico (j-factor più alto), ma anche le perdite di carico maggiori (f più alto). Questo perché introducono più turbolenza e hanno una maggiore area di contatto.
* Flusso Termico (q): Un flusso termico maggiore (q=4 kW/m²) ha portato a un j-factor leggermente più alto, probabilmente perché accentua gli effetti della convezione mista e le differenze di densità nel fluido.
* Confronto 15° vs 30°: A 30°, abbiamo osservato una leggera diminuzione (circa 5%) del j-factor rispetto ai casi a 15°. Questo conferma che a inclinazioni maggiori, i disturbi (e quindi l’incremento dello scambio termico dovuto ai nastri) sono leggermente inferiori. Anche la transizione avveniva leggermente più tardi a 30°.

4. Aria vs Acqua: Confrontando i nostri risultati (con aria) con studi precedenti simili che usavano acqua, abbiamo trovato valori di j-factor e fattore di attrito inferiori. Questo è normale: l’aria è molto meno densa e viscosa dell’acqua, quindi oppone meno resistenza e scambia calore in modo diverso.

Conclusioni e Prospettive Future

Insomma, questa ricerca ci ha mostrato chiaramente che l’angolo di inclinazione non è un dettaglio trascurabile quando si progetta uno scambiatore di calore, specialmente se si usano turbolatori come i nastri attorcigliati e si opera vicino al regime di transizione.

Le conclusioni principali sono:

  • L’inclinazione influenza sia lo scambio termico che la caduta di pressione, soprattutto a bassi regimi di flusso.
  • La transizione da laminare a turbolento viene ritardata all’aumentare dell’angolo di inclinazione a causa dei minori effetti della galleggiabilità.
  • I nastri attorcigliati migliorano significativamente lo scambio termico (fino al 145% in più in regime laminare!), ma aumentano anche le perdite di carico. L’effetto è maggiore con passi dell’elica più stretti.
  • Lo scambio termico è leggermente inferiore a 30° rispetto a 15° quando si usano i nastri.
  • La convezione mista è dominante solo a numeri di Reynolds molto bassi (sotto 1000).
  • Un flusso termico esterno più elevato potenzia leggermente l’effetto dei nastri.

Questi risultati sono particolarmente utili per progettare scambiatori di calore più efficienti e compatti, come i collettori solari ad aria, che spesso devono essere installati su tetti inclinati. Capire come l’inclinazione e i nastri interagiscono ci permette di ottimizzare il design per ottenere il massimo calore possibile con il minimo dispendio energetico.

E per il futuro? La strada è aperta! Si potrebbero studiare turbolatori “ibridi” che si adattano alle condizioni, controllare attivamente la transizione per massimizzare l’efficienza, o sviluppare geometrie ancora più intelligenti. L’obiettivo è rendere i nostri sistemi energetici, specialmente quelli basati su fonti rinnovabili, sempre più performanti ed economici. È una sfida complessa, ma affascinante!

Fonte: Springer

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