Fotografia realistica in primo piano di un'infermiera sorridente che utilizza un dispositivo medico high-tech con interfaccia AI, ambiente ospedaliero luminoso e moderno sullo sfondo sfocato, obiettivo prime 50mm, profondità di campo ridotta, colori blu e bianco duotone per un look pulito e tecnologico.

Intelligenza Artificiale e Infermieri: Abbiamo Creato la Scala per Capire Davvero Cosa Pensano!

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che sta letteralmente trasformando il mondo della sanità sotto i nostri occhi: l’Intelligenza Artificiale (AI). Se ne sente parlare ovunque, ma cosa significa davvero per chi lavora in prima linea, come noi infermieri? Beh, è una domanda cruciale, e per rispondere abbiamo bisogno di strumenti adeguati. Ecco perché mi sono tuffato (metaforicamente, eh!) nello sviluppo e nella validazione di uno strumento specifico: la Scala di Atteggiamento verso l’Intelligenza Artificiale per Infermieri (chiamiamola AIAS-N, suona più cool).

Partiamo da un presupposto: la trasformazione digitale sta investendo la sanità come un treno ad alta velocità. L’AI promette di migliorare diagnosi, trattamenti, assistenza, rendendo tutto più efficiente e, si spera, portando a risultati migliori per pazienti e personale [1, 2]. Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) spinge sull’acceleratore, sottolineando l’importanza di sfruttare queste tecnologie per la salute [3, 4]. E l’AI è proprio al centro di questa rivoluzione, con investimenti che si prevedono superare i 36 miliardi di dollari entro il 2025 nel solo settore sanitario [5].

L’Intelligenza Artificiale in Corsia: Una Rivoluzione Silenziosa?

Ma cos’è esattamente l’AI secondo l’OMS? È quella branca dell’informatica che simula l’intelligenza umana con macchine che “lavorano e reagiscono come esseri umani” [7]. In sanità, il suo utilizzo sta crescendo a dismisura, specialmente negli ambienti clinici [8, 9]. Ora, pensateci: noi infermieri siamo più del 50% della forza lavoro sanitaria [10, 11, 12]. È fondamentale che siamo pronti a usare queste tecnologie, capendone l’impatto sul sistema, sui pazienti e sulla nostra professione. Serve una forza lavoro infermieristica “digitalmente alfabetizzata” per garantire cure sicure ed efficaci [13].

Qui entrano in gioco anche i nostri coordinatori e dirigenti infermieristici: il loro ruolo è chiave per guidare l’adozione dell’AI, assicurandosi che ci aiuti davvero a ridurre il carico di lavoro e non diventi un altro problema [6, 10, 14]. Devono pianificare dove implementarla, valutare i rischi, inserirla nella formazione continua e affrontare le questioni etiche e di sicurezza [5, 6, 10, 14-16].

La ricerca mostra che l’AI si sta facendo strada nelle nostre applicazioni quotidiane. Più ne diventiamo consapevoli, più vediamo il suo potenziale nel migliorare l’assistenza [5, 15, 17, 18]. Certo, non è tutto rose e fiori. La letteratura evidenzia anche preoccupazioni: dilemmi etici, affidabilità, privacy dei dati, il timore (comprensibile) di perdere il lavoro e la mancanza di trasparenza degli algoritmi [5, 8, 19, 20].

Fotografia realistica di un'infermiera che interagisce con un tablet futuristico in un ambiente ospedaliero moderno, luce controllata, obiettivo macro 80mm per dettaglio sull'interfaccia AI, alta definizione.

Perché Misurare l’Atteggiamento? La Sfida della Comprensione.

Analizzando a fondo la letteratura, abbiamo identificato quattro temi caldi che inquadrano l’integrazione dell’AI nella nostra professione:

  • Assistenza Infermieristica: L’AI può migliorare la qualità delle cure supportando le decisioni cliniche, riducendo gli errori e aiutando a creare piani personalizzati. Può anche alleggerire il nostro carico di lavoro, monitorare i pazienti e permetterci di dedicarci di più al contatto diretto, delegando compiti indiretti [5, 6, 8, 15, 17-19, 21-25]. Ma attenzione: un eccessivo affidamento potrebbe indebolire il pensiero critico e svalutare il nostro ruolo [5, 16, 18, 23, 24].
  • Organizzazione: A livello organizzativo, l’AI può migliorare i processi decisionali, l’efficienza operativa, la produttività e l’adattamento ai cambiamenti. Può rendere i servizi sanitari più efficienti ed economici [15, 16, 18, 21, 23-27].
  • Prontezza all’Intelligenza Artificiale: Qui si guarda alla nostra conoscenza delle applicazioni AI, alla voglia di imparare e alla fiducia nell’integrarle nella pratica. La qualità della formazione è cruciale [6, 8, 15, 24, 28, 29].
  • Etica: Questo è un nodo cruciale. Le preoccupazioni riguardano violazioni etiche, sicurezza dei dati, privacy dei pazienti, rischi di codice malevolo, problemi di responsabilità e normative legali inadeguate [16, 18-20, 23, 24].

Esistevano già scale generiche sull’atteggiamento verso l’AI [30-32], ma mancava qualcosa di specifico per noi infermieri, che guardasse all’AI dalla prospettiva della nostra professione. La ricerca stessa suggeriva di indagare proprio i nostri atteggiamenti [8]. Un recente studio turco ha iniziato a colmare questo vuoto [33], ma il nostro lavoro si distingue perché esplora specificamente i quattro fattori che vi ho appena elencato. L’obiettivo? Sviluppare e validare una scala *ad hoc* per misurare l’atteggiamento degli infermieri turchi verso l’AI.

Nasce la “Scala di Atteggiamento verso l’Intelligenza Artificiale per Infermieri” (AIAS-N)

Come abbiamo fatto? Abbiamo seguito un percorso metodologico rigoroso [34, 35]. Prima fase: una bella immersione nella letteratura scientifica per capire le applicazioni attuali dell’AI in ambito infermieristico. Da lì, abbiamo creato un “pool” iniziale di 75 domande (item). Dopo un’attenta revisione interna (chiarezza, pertinenza, lunghezza…), siamo scesi a 40 item [Fig.1].

Poi, la palla è passata agli esperti: 12 professionisti (un esperto di misurazione e 11 colleghi infermieri con esperienza nello sviluppo di scale) hanno valutato la bozza [Supplement Table1]. Hanno usato il metodo di Davis, dando un voto a ogni item da “inappropriato” a “appropriato” [37]. Grazie ai loro feedback e all’analisi dell’Indice di Validità del Contenuto (CVI) [37, 38], abbiamo eliminato altri 8 item. Per quelli rimasti (32), il CVI era ottimo (tra 0.85 e 1.00, con un CVI generale di 0.94) [36]. Qualche ritocco finale alla forma e… voilà! La versione definitiva della scala a 32 item era pronta per il test sul campo.

Ritratto fotografico di un gruppo eterogeneo di infermieri in Turchia che discutono durante una pausa caffè in ospedale, obiettivo prime 35mm, profondità di campo ridotta per focalizzare sui volti, toni caldi e neutri, luce naturale dalla finestra.

Mettere alla Prova lo Strumento: Validità e Affidabilità

Per testare una scala servono numeri. La letteratura consiglia un campione da 5 a 10 volte il numero di item [39], o addirittura 20 volte per l’analisi fattoriale [40]. Noi abbiamo coinvolto 678 infermieri turchi, tutti attivi in ospedale, con almeno due anni di esperienza e che hanno partecipato volontariamente tra ottobre e dicembre 2024. Abbiamo diviso il campione in due: 332 per l’Analisi Fattoriale Esplorativa (EFA) e 346 per l’Analisi Fattoriale Confermativa (CFA) [41].

L’EFA serve a “esplorare” la struttura sottostante della scala, a vedere se gli item si raggruppano in fattori sensati. Prima di partire, abbiamo verificato che i dati fossero adatti con i test KMO (Kaiser-Meyer-Olkin) e di Bartlett [46]. Il nostro KMO era 0.88 (ottimo!) e il test di Bartlett significativo (p < 0.001), quindi via libera all'analisi. Risultato? Sono emersi quattro fattori distinti (proprio quelli che avevamo ipotizzato: Assistenza Infermieristica, Organizzazione, Etica e Prontezza all’AI) che insieme spiegavano ben il 72.185% della varianza totale [Supplement Table3]. Tutti gli item avevano un “peso” (factor loading) superiore a 0.50, quindi nessuno è stato scartato [40, 46, 47].

Poi è toccato alla CFA, che serve a “confermare” se la struttura a quattro fattori trovata con l’EFA regge anche su un campione diverso. Abbiamo usato vari indici di adattamento del modello (χ²/df, GFI, AGFI, NFI, IFI, TLI, CFI, RMR, RMSEA). I risultati? Decisamente buoni o accettabili [40, 45]! Ad esempio, l’AGFI, NFI, IFI, TLI e CFI indicavano un ottimo adattamento, mentre χ²/df, RMR, GFI e RMSEA un adattamento accettabile. Insomma, la struttura a quattro fattori era solida [Fig.2]. Abbiamo anche verificato la validità convergente e divergente (in pratica, se gli item misurano davvero quel fattore e se i fattori sono distinti tra loro) e i risultati erano positivi [46, 48-50] [Table2].

E l’affidabilità? Cioè, la scala misura le cose in modo consistente? Abbiamo usato il Cronbach’s Alpha: il valore totale era 0.925 (eccellente!), e anche per le singole sottoscale i valori erano altissimi (tra 0.913 e 0.960) [48]. Abbiamo fatto anche il test-retest: 30 infermieri (non inclusi nel campione principale) hanno compilato la scala due volte a distanza di 15 giorni. La correlazione tra le due misurazioni (ICC) era 0.947 (eccellente!) [43, 44], e anche per le sottoscale i valori erano ottimi [Table3]. Questo significa che la scala è stabile nel tempo.

Immagine grandangolare di un'aula universitaria moderna dove infermieri di diverse età partecipano attivamente a un training sull'intelligenza artificiale, schermo proietta grafici complessi, obiettivo 20mm, messa a fuoco nitida su tutta la scena, illuminazione brillante.

Cosa Misura Esattamente? I Quattro Pilastri dell’Atteggiamento

Quindi, questa AIAS-N è uno strumento valido e affidabile. Ma cosa ci dice in pratica? Ci permette di misurare l’atteggiamento degli infermieri verso l’AI lungo quattro dimensioni chiave:

  • Assistenza Infermieristica: Come percepiamo l’impatto dell’AI sulla qualità delle cure, sul supporto decisionale, sulla riduzione degli errori, ma anche i timori sulla perdita di pensiero critico.
  • Organizzazione: Come vediamo l’AI influenzare l’efficienza, la produttività e i processi decisionali all’interno delle strutture sanitarie.
  • Etica: Quali sono le nostre preoccupazioni riguardo alla privacy, alla sicurezza dei dati, alla responsabilità e ai potenziali bias degli algoritmi.
  • Prontezza all’AI: Quanto ci sentiamo preparati, informati e fiduciosi nell’usare queste nuove tecnologie.

È importante notare che alcuni item sono “reverse-coded”, cioè un punteggio alto significa un atteggiamento più negativo o una maggiore preoccupazione (es. item 13 e 14 nell’area Assistenza; item 21-25 nell’area Etica). Questo permette di catturare sfumature diverse dell’atteggiamento.

Limiti e Prospettive Future: La Strada è Ancora Lunga (ma Tracciata!)

Ogni studio ha i suoi limiti, parliamoci chiaro. Questo è stato condotto in Turchia, quindi il contesto culturale potrebbe aver influenzato i risultati. Sarebbe fantastico testare la scala in altri paesi per vedere se funziona altrettanto bene. Inoltre, la scala è nata in turco ed è stata tradotta in inglese per la pubblicazione scientifica; usarla in altre lingue richiederà adattamenti e validazioni specifiche.

Un altro punto è che, essendo una delle prime scale specifiche per infermieri su questo tema, non abbiamo potuto confrontare i nostri risultati con studi precedenti. Questo potrebbe influenzarne la sensibilità, ma apre anche la strada a future ricerche!

E ora? Beh, questa scala è uno strumento prezioso. Possiamo usarla per:

  • Capire meglio cosa pensano davvero gli infermieri dell’AI, magari correlando l’atteggiamento con variabili come età, esperienza, tipo di reparto.
  • Informare lo sviluppo di programmi formativi mirati, identificando le aree dove c’è più bisogno di supporto.
  • Guidare le decisioni di policy maker, dirigenti sanitari e coordinatori infermieristici per gestire al meglio l’integrazione dell’AI.
  • Adattarla ad altre culture per fare confronti interessanti e capire le sfide e le opportunità a livello globale.

Insomma, l’AI è qui per restare e sta cambiando il nostro lavoro. Avere uno strumento come l’AIAS-N ci aiuta a navigare questa trasformazione non subendola passivamente, ma comprendendo le prospettive di chi, come noi, è al cuore dell’assistenza. È un passo importante per costruire un futuro in cui tecnologia e cura possano davvero andare a braccetto.

Fonte: Springer

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