Ritratto fotografico realistico di un minatore sudafricano, casco e lampada frontale, espressione seria e stanca ma determinata, in un ambiente minerario sotterraneo. Obiettivo prime 35mm, profondità di campo, toni bicromatici seppia e grigio scuro.

Salvare l’Udito nelle Miniere Sudafricane: Le Voci Ignorate che Fanno la Differenza

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta molto a cuore e che, purtroppo, spesso passa inosservato: la salute dell’udito dei lavoratori, in particolare nel settore minerario sudafricano. Mi sono imbattuto in uno studio affascinante che ha cercato di capire perché, nonostante gli sforzi, i programmi per proteggere l’udito (chiamati Hearing Conservation Programmes, o HCPs) in quelle miniere non stiano dando i risultati sperati. E sapete una cosa? La risposta, come spesso accade, sta nell’ascoltare le persone giuste.

Lo studio, di tipo qualitativo, ha coinvolto 16 persone chiave: funzionari della sicurezza, audiologi, ingegneri, igienisti… insomma, un bel mix di professionisti che ogni giorno hanno a che fare con il rumore assordante delle miniere e le sue conseguenze. Attraverso interviste approfondite, i ricercatori hanno tirato fuori sei temi principali che ci fanno capire luci e ombre di questi programmi di conservazione dell’udito.

L’Epidemia Silenziosa: L’ONIHL nelle Miniere Sudafricane

Prima di entrare nel vivo, capiamo il problema. La perdita dell’udito indotta dal rumore sul lavoro (Occupational Noise-Induced Hearing Loss, o ONIHL) è la malattia professionale più diffusa al mondo. Pensate che circa il 20% della popolazione mondiale soffre di qualche forma di perdita uditiva, e una fetta significativa (dal 5% al 21% a seconda delle stime) è causata proprio dal baccano che si subisce lavorando. È un problema enorme, con costi sociali ed economici altissimi. La cosa pazzesca? È prevenibile!

In Sudafrica, specialmente nel settore minerario, il problema è particolarmente sentito. Già nel 1994 si è iniziato a parlare di HCPs, e nel 2003 sono stati fissati degli obiettivi ambiziosi (i “milestones”) per ridurre drasticamente il deterioramento dell’udito entro il 2008 e limitare il rumore massimo delle attrezzature entro il 2013. Purtroppo, una revisione nel 2013 ha mostrato che questi obiettivi non erano stati raggiunti. Così, sono stati rivisti nel 2014, con nuove scadenze (2016 e 2024) focalizzate sullo Standard Threshold Shift (STS), un indicatore precoce di danno uditivo. Ma anche qui, i risultati tardano ad arrivare in molte realtà.

Voci dal Campo: Cosa Non Ha Funzionato? Il Tema della “Gestione della Crisi”

Uno dei temi emersi dalle interviste è quello che potremmo chiamare “gestione della crisi”. Molti partecipanti hanno espresso frustrazione per la mancanza di piani d’azione chiari fin dall’inizio (quelli del 2003 sono arrivati solo nel 2008!). L’approccio è stato percepito come reattivo, focalizzato sul “trovare il problema” piuttosto che sul prevenirlo. Un partecipante ha descritto i milestones del 2003 proprio come “gestione della crisi”, sottolineando che l’industria mineraria non era pronta, né in termini di costi né di infrastrutture, e mancava il supporto necessario.

A questo si aggiunge una sentita mancanza di collaborazione e di assunzione di responsabilità tra i vari attori coinvolti. “Non c’è stato abbastanza coinvolgimento fin dall’inizio”, ha lamentato un intervistato. Un altro ha rincarato la dose: “Implementazione e decisioni unilaterali. Se viene dalla Sicurezza, la Salute non si coinvolge. I dipendenti non sono coinvolti nello sviluppo del programma. La linea di gestione non è coinvolta, non capiscono nemmeno cosa dovrebbero fare”. È emersa forte la necessità di un impegno della leadership, non solo per fornire fondi, ma per monitorare, assicurare che le iniziative vadano avanti e responsabilizzare tutti. Non è solo una questione di conformità, ma di salute delle persone.

Il Pezzo Mancante: Dove Erano gli Audiologi? Il Tema “Alcuni Sono Più Uguali di Altri”

Qui tocchiamo un nervo scoperto, soprattutto per gli audiologi intervistati. Nonostante la loro formazione specifica sia cruciale per gestire il rumore e i suoi effetti sull’udito, si sono sentiti esclusi dai processi decisionali, sia nella formulazione che nell’implementazione dei milestones. “Prendono decisioni sul nostro coinvolgimento senza coinvolgerci”, ha detto uno di loro, esprimendo una frustrazione diffusa. Altri stakeholder, invece, li vedevano più come figure operative che strategiche, da consultare “al bisogno”.

Qualcuno ha ipotizzato che dietro questa esclusione ci fossero ragioni economiche. È emerso un quadro preoccupante: per risparmiare, a volte si preferisce formare personale amministrativo con corsi brevi (e discutibili) per fare i test audiometrici, piuttosto che impiegare audiologi qualificati. “Una persona che non sa identificare una patologia, non sa guardare nelle orecchie, non sa interpretare un grafico… ed è così che si fa. È una grande sfida”, ha confessato un partecipante. Questo solleva interrogativi seri sulla priorità data alla salute dei lavoratori rispetto ai costi. Eppure, il contributo degli audiologi è fondamentale: possono dare input preziosi sulla gestione dei risarcimenti, consigliare le strategie più efficaci ed economiche per gli HCPs, e persino fungere da periti in cause legali. Ironia della sorte, è stato proprio grazie all’input di un’audiologa che i milestones del 2014 sono passati dal vecchio indicatore PLH al più sensibile STS. Forse coinvolgerli prima sarebbe stato saggio?

Fotografia realistica di un gruppo eterogeneo di stakeholder (ingegneri, medici, funzionari, minatori) attorno a un tavolo in una sala riunioni industriale, discutono animatamente su piani e grafici relativi alla sicurezza uditiva. Obiettivo zoom 24-35mm, profondità di campo media, illuminazione da ufficio leggermente fredda.

Buone Intenzioni, Intoppi Inaspettati: Il Tema “Ci Abbiamo Provato, Ma Poi Interviene la Realtà”

Parliamo ora di una strategia considerata fondamentale: i controlli ingegneristici, in particolare l’approccio “buying quiet“, cioè acquistare macchinari meno rumorosi. Quasi tutti i partecipanti concordano che investire in questa direzione potrebbe ridurre drasticamente, se non eliminare, i nuovi casi di ONIHL. “In cima alla lista c’è ‘comprare silenzioso'”, ha dichiarato uno. Le grandi compagnie si stanno muovendo in questa direzione, non acquistando attrezzature che superino certi limiti di decibel (ad esempio 107 dB(A)) e cercando di modificare quelle esistenti per attutire il rumore.

Tuttavia, emergono due ostacoli principali. Il primo, prevedibile, è il costo. Comprare silenzioso costa di più, almeno inizialmente. Ma, come ha giustamente osservato un partecipante, “Possiamo parlare di salute e sicurezza… e parlare di costi? Qual è il costo dell’udito di un individuo?”. È una riflessione potente che spinge a vedere l’investimento in una prospettiva a lungo termine.

Il secondo ostacolo è più subdolo e preoccupante: le conseguenze non volute. Sembra incredibile, ma la possibilità di ottenere risarcimenti economici per la perdita dell’udito (compensation) e i bonus legati alla produzione spingono alcuni lavoratori a non proteggersi adeguatamente o addirittura a manomettere i dispositivi di sicurezza (come rimuovere i silenziatori dai macchinari!). “Purtroppo vediamo molte persone che fingono di avere una perdita uditiva perché vogliono un risarcimento”, ha ammesso un intervistato. Altri hanno aggiunto che la “caccia ai bonus di produzione” porta a sacrificare la sicurezza. Questo mette in luce la complessità del comportamento umano e le sfide nell’implementare anche controlli amministrativi come la rotazione del personale, perché i lavoratori più produttivi (e spesso più esposti) sono restii a spostarsi.

Diffondere la Consapevolezza: Potenzialità e Limiti. Il Tema “La Conoscenza è Potere”

Un altro aspetto cruciale sono le campagne di sensibilizzazione e la formazione. C’è un certo ottimismo riguardo a un cambiamento culturale in atto. Si parla di “clipper” personalizzati per il rumore, di sessioni di counseling individuale più dettagliate, di campagne informative durante giornate dedicate alla salute (TB Day, HIV Day) in collaborazione con gli igienisti. L’obiettivo è martellare sull’importanza di usare i DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) appropriati.

Tuttavia, emergono anche qui delle criticità. Uno studio precedente (citato nella ricerca) aveva già evidenziato la mancanza di solide basi teoriche in queste campagne e problemi legati alla lingua e all’approccio “one-size-fits-all”. Usare lo stesso materiale per formare i manager e i lavoratori sul campo, senza considerare differenze culturali, linguistiche e di alfabetizzazione, rischia di essere inefficace. C’è bisogno di un approccio più personalizzato, sviluppato magari in collaborazione con i lavoratori stessi, per rendere l’informazione davvero accessibile e significativa.

Immagine macro ad alta definizione di un paio di otoprotettori personalizzati di colore giallo brillante, appoggiati su un opuscolo informativo sulla prevenzione dei danni uditivi in ambiente minerario. Obiettivo macro 90mm, messa a fuoco selettiva sugli otoprotettori, illuminazione morbida e controllata.

Imparare gli Uni dagli Altri: La Forza della Condivisione. Il Tema “Mostra e Racconta”

Nonostante le difficoltà, ci sono anche segnali positivi. Un tema emerso è l’uso delle “Leading Practice” (Pratiche Guida). Ci si è resi conto che alcune miniere o compagnie stavano sviluppando iniziative eccellenti ed efficaci, ma le tenevano per sé. Per contrastare questo lavoro “in silos”, è nata l’iniziativa MOSH (Mining Occupational Safety and Health), promossa dalla Camera delle Miniere. L’idea è semplice ma potente: identificare le innovazioni che funzionano in una miniera e promuoverne l’adozione in tutto il settore.

“Guardano le operazioni degli altri, vedono cosa stanno facendo che aiuta, e poi può essere adottato come pratica guida per l’industria”, ha spiegato un partecipante. Questo processo di “cross-fertilization”, di scambio di idee e soluzioni tra diverse realtà, è fondamentale. Permette di imparare dagli successi (e dagli errori) altrui, adattando le strategie al proprio contesto, che sia una piccola miniera o un grande complesso industriale. È un riconoscimento che lavorare insieme, condividendo apertamente le conoscenze, è la strada migliore per migliorare la salute e la sicurezza di tutti.

Lezioni Apprese: Cosa Portiamo a Casa?

Cosa ci insegna tutto questo? Principalmente che i programmi di conservazione dell’udito (HCPs) sono interventi complessi. Non basta una legge o un obiettivo sulla carta. Il loro successo dipende da un’infinità di fattori interconnessi:

  • Pianificazione e Chiarezza: Servono obiettivi chiari, piani d’azione dettagliati e teorie solide su come raggiungere quei risultati.
  • Inclusione Totale: Tutti gli stakeholder devono essere coinvolti fin dall’inizio e per tutto il percorso. Questo include non solo manager e funzionari, ma anche (e soprattutto!) gli esperti come gli audiologi e i diretti interessati, i lavoratori. La loro esclusione è un errore grave.
  • Collaborazione Reale: Serve un impegno congiunto, superando le divisioni tra dipartimenti (Sicurezza, Salute) e livelli gerarchici. La leadership deve dare l’esempio e garantire che tutti si sentano responsabili.
  • Consapevolezza del Contesto: Le strategie devono tenere conto della realtà specifica, inclusi i fattori comportamentali (come gli incentivi economici) che possono avere effetti imprevisti. Le campagne informative devono essere mirate e culturalmente appropriate.
  • Condivisione e Apprendimento: Bisogna incoraggiare e facilitare lo scambio di buone pratiche tra le diverse realtà minerarie.

Raccomandazioni per un Futuro Meno Rumoroso

Lo studio suggerisce azioni concrete: trattare gli HCPs come interventi complessi, creare framework per l’impegno e la collaborazione inclusiva (coinvolgendo attivamente audiologi e lavoratori), stabilire obiettivi chiari e condivisi, integrare gli HCPs in strategie di salute più ampie, continuare a spingere sul “buying quiet” (magari con incentivi), rendere le campagne di sensibilizzazione più efficaci e culturalmente rilevanti, formalizzare il ruolo degli audiologi, e promuovere un approccio di miglioramento continuo basato sul monitoraggio e sull’apprendimento reciproco.

Insomma, la strada per eliminare l’ONIHL nelle miniere sudafricane (e non solo) è ancora lunga e complessa. Ma una cosa è certa: per avere successo, dobbiamo smettere di ignorare le voci di chi vive il problema sulla propria pelle e di chi ha le competenze specifiche per affrontarlo. Ascoltare, collaborare e agire insieme: forse è questa la chiave per rompere finalmente il muro del silenzio… o meglio, del rumore assordante.

Fonte: Springer

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