Salute nel Mondo: Chi Sta Meglio? Sorprese da 22 Paesi!
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che ci tocca da vicino: come percepiamo la nostra salute fisica. Vi siete mai chiesti se questa percezione cambia da un paese all’altro? E se fattori come età, genere o lavoro influenzano come ci sentiamo fisicamente, a seconda di dove viviamo? Beh, ho messo le mani su uno studio affascinante, il Global Flourishing Study (GFS), che ha cercato di rispondere proprio a queste domande, intervistando oltre 200.000 persone in 22 paesi diversissimi tra loro, dal 2022 al 2023. E i risultati? Preparatevi, perché ci sono delle sorprese!
La Classifica Inaspettata della Salute Percepita
Immaginate una scala da 0 (salute pessima) a 10 (salute eccellente). Dove pensate che la gente si senta mediamente meglio? Forse nei paesi economicamente più sviluppati? E invece no! Lo studio ha rivelato che i punteggi medi più alti di salute auto-percepita (SRH – Self-Rated Health) si trovano in paesi come l’Indonesia (con un incredibile 8.29!), la Nigeria (8.27) e il Kenya (8.06). Tre dei primi quattro posti sono occupati da nazioni in via di sviluppo, non occidentali.
E i paesi più ricchi? Sorprendentemente, occupano gli ultimi posti della classifica. I cinque punteggi medi più bassi appartengono a Germania (6.62), Australia (6.49), Svezia (6.41), Regno Unito (6.37) e, fanalino di coda, il Giappone (5.97). Questo ci fa davvero riflettere: un reddito pro capite elevato non si traduce automaticamente in una migliore percezione della propria salute fisica.
Ma non è solo la media a variare. Anche la distribuzione dei punteggi cambia. In paesi come Israele, Polonia e Stati Uniti, i punteggi sono più “spalmati” uniformemente, mentre in Egitto, Tanzania e India c’è una maggiore disuguaglianza: molte persone si sentono benissimo, ma tante altre si sentono malissimo. È come se la percezione della salute fosse più polarizzata in alcuni contesti.

Chi si Sente Meglio? Uno Sguardo ai Dati Demografici (con un MA)
Lo studio ha poi analizzato come la salute percepita cambia in base a diverse caratteristiche demografiche, mettendo insieme i dati di tutti i 22 paesi (con una tecnica chiamata meta-analisi a effetti casuali). Ecco cosa è emerso in linea generale:
- Età: Come forse ci aspettiamo, i più giovani tendono a riportare una salute migliore. Il punteggio medio scende progressivamente dai 7.62 per i 18-24enni ai 6.44 per gli over 80.
- Genere: Gli uomini riportano punteggi medi leggermente più alti (7.34) rispetto alle donne (7.09), anche se la differenza non è statisticamente enorme quando si guardano gli intervalli di confidenza.
- Stato Civile: Chi è single (mai sposato), sposato o in una partnership domestica tende a sentirsi leggermente meglio rispetto a vedovi, divorziati o separati. I vedovi riportano i punteggi più bassi (6.58).
- Lavoro: Studenti (7.61), lavoratori autonomi (7.42) e dipendenti (7.41) mostrano i punteggi più alti. I più bassi si registrano tra i pensionati (6.62) e chi rientra in categorie “altre” (6.45).
- Istruzione: C’è una leggera tendenza positiva: chi ha più anni di istruzione (16+) riporta punteggi medi più alti (7.50) rispetto a chi ne ha meno (fino a 8 anni: 6.95), ma anche qui le differenze non sono sempre statisticamente significative negli intervalli di confidenza.
- Religione (Frequenza): Chi partecipa a funzioni religiose riporta una salute percepita migliore. Chi non partecipa mai ha una media di 6.95, significativamente più bassa rispetto a chi partecipa una volta a settimana (7.48) o più di una volta a settimana (7.54).
- Immigrazione: La differenza tra nativi e immigrati è risultata relativamente piccola nell’analisi complessiva.
Sembrerebbe tutto abbastanza lineare, no? MA… ed è qui che le cose si fanno davvero interessanti.
Il Contesto è Tutto: Le Grandi Differenze tra Paesi
La scoperta forse più importante dello studio è l’enorme eterogeneità tra i paesi. Cosa significa? Che le tendenze generali che abbiamo appena visto non valgono allo stesso modo dappertutto. Il contesto nazionale, culturale ed economico gioca un ruolo fondamentale.
Facciamo qualche esempio concreto emerso dalle analisi specifiche per paese:
- Età: Se in generale i giovani stanno meglio, in paesi come Australia, Giappone e Svezia si osserva una curva a “U”: stanno meglio sia i giovanissimi che gli anziani, rispetto alle fasce di mezza età. Negli USA, addirittura, i punteggi più alti sono tra gli over 60! Un dato unico che merita approfondimenti.
- Genere: Mentre in molti paesi (soprattutto in via di sviluppo come Argentina, Brasile, Egitto, India) gli uomini riportano salute migliore, in Giappone accade il contrario: sono le donne a sentirsi meglio. E in tanti altri paesi (Australia, Germania, UK, USA, Indonesia, Kenya…) non ci sono differenze significative tra generi.
- Stato Civile: Chi sta meglio? I single o gli sposati? Dipende! In Australia, Svezia o USA sono gli sposati, mentre in Egitto, Germania, India o Kenya sono i single o chi ha un partner.
- Istruzione: Se quasi ovunque più istruzione = salute migliore, a Hong Kong avviene l’opposto: chi ha più di 16 anni di istruzione riporta la salute peggiore! Forse a causa dello stress lavorativo legato a professioni altamente qualificate?
- Religione: La tendenza “più frequenza = salute migliore” è diffusa, ma in Polonia, chi frequenta le funzioni più di una volta a settimana riporta i punteggi più bassi. Gli autori ipotizzano che ciò possa legarsi a interpretazioni culturali e religiose della sofferenza.
- Immigrazione: Anche qui, risultati contrastanti. In Australia, Germania o Spagna gli immigrati riportano salute migliore, mentre a Hong Kong, Israele o nelle Filippine riportano salute peggiore.

Questi esempi ci mostrano chiaramente che non possiamo applicare una “ricetta” unica per capire la salute percepita nel mondo. Il contesto culturale, sociale ed economico di ogni paese modella profondamente come le persone vivono e percepiscono la propria condizione fisica.
Cosa ci Portiamo a Casa (e Cosa ci Aspetta)
Questo studio, pur essendo “solo” una fotografia iniziale (è la prima ondata di dati, ne seguiranno altre), ci lascia con spunti importantissimi:
1. La salute percepita varia enormemente nel mondo, e non sempre come ci aspetteremmo (paesi ricchi non sempre al top).
2. Le caratteristiche demografiche (età, genere, lavoro, ecc.) contano, ma il loro impatto cambia tantissimo da paese a paese.
3. Il contesto è cruciale. Non possiamo capire la salute globale senza considerare le specificità locali.
Certo, ci sono delle limitazioni: le traduzioni delle domande possono avere sfumature diverse, le culture hanno modi differenti di parlare della salute, e questi dati sono trasversali (non mostrano cambiamenti nel tempo). Ma il GFS è solo all’inizio! Le prossime ondate di dati permetteranno di seguire le stesse persone nel tempo, capendo meglio le cause e gli effetti, e analizzando anche fattori a livello macro (come il PIL, le disuguaglianze, le politiche sanitarie).

Personalmente, trovo questi risultati estremamente stimolanti. Ci ricordano che il benessere è complesso e che per comprenderlo davvero dobbiamo adottare uno sguardo globale, ma allo stesso tempo attento alle mille sfaccettature locali. È un passo fondamentale per capire come promuovere una vita più sana e fiorente per tutti, ovunque nel mondo. Non vedo l’ora di scoprire cosa ci riveleranno le prossime fasi di questa ricerca!
Fonte: Springer
