Primo piano, scatto macro (obiettivo 60-105mm) di una sezione trasversale stilizzata di un'arteria leggermente ristretta con depositi lipidici visibili (giallastri) e sottili marcatori infiammatori rossi, illuminazione controllata, alto dettaglio, messa a fuoco precisa.

S100A12: La Spia Nascosta che Lega Colesterolo Alto e Rischio di Arteriopatia Periferica?

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi ha davvero incuriosito, un legame potenzialmente cruciale per la salute delle nostre arterie, soprattutto se combattiamo con livelli di grassi nel sangue non proprio ottimali (la cosiddetta dislipidemia). Mi sono imbattuto in uno studio recente che getta nuova luce su un attore forse poco conosciuto nel grande dramma dell’aterosclerosi: una proteina chiamata S100A12.

Cos’è l’Arteriopatia Periferica (PAD) e perché dovrebbe interessarci?

Prima di tuffarci nei dettagli della proteina S100A12, facciamo un passo indietro. L’Arteriopatia Periferica, o PAD (dall’inglese Peripheral Arterial Disease), è una condizione subdola causata dall’aterosclerosi, ovvero l’accumulo di placche nelle arterie che non sono quelle del cuore o del cervello (tipicamente quelle delle gambe). Questo restringimento o blocco riduce il flusso di sangue ai tessuti, causando problemi che vanno dal dolore mentre si cammina (la famosa claudicatio intermittens) fino a difficoltà motorie, disabilità e, nei casi peggiori, amputazione.

Pensate che si stima che milioni di persone nel mondo ne soffrano, forse addirittura oltre 200 milioni! E il numero è in aumento. Il problema è che, nonostante la sua diffusione e la sua associazione con un rischio maggiore di eventi cardiovascolari gravi, la PAD è spesso sottodiagnosticata e sottotrattata. Sappiamo che fattori come l’età avanzata, l’ipertensione, il diabete, il fumo e, appunto, la dislipidemia (specialmente alti livelli di colesterolo LDL, quello “cattivo”) aumentano il rischio. Ma c’è dell’altro?

Entra in scena S100A12: un potenziale nuovo protagonista

Qui le cose si fanno interessanti. La proteina S100A12 è nota per essere un agente pro-infiammatorio. Viene rilasciata principalmente da cellule immunitarie come neutrofili e macrofagi. Studi precedenti l’avevano già collegata alla formazione di placche in pazienti con sindrome coronarica acuta, insufficienza renale terminale e diabete. L’infiammazione gioca un ruolo chiave nell’aterosclerosi: l’S100A12, legandosi a recettori specifici come il RAGE (Receptor for Advanced Glycation End products), scatena una cascata di segnali che promuovono la produzione di molecole infiammatorie e l’adesione di altre cellule immunitarie alla parete del vaso sanguigno, peggiorando l’infiammazione e contribuendo alla crescita della placca. Potrebbe anche favorire l’accumulo di lipidi ossidati (oxLDL) e la formazione di quelle “cellule schiumose” tipiche dell’aterosclerosi.

La domanda che si sono posti i ricercatori era: visto il suo ruolo nell’infiammazione e nell’aterosclerosi in altri distretti, potrebbe esserci un’associazione tra i livelli di S100A12 e il rischio di sviluppare PAD, specialmente in persone che già partono svantaggiate a causa della dislipidemia?

Macro fotografia (obiettivo 100mm) di pattern astratti rossi e bianchi vorticosi che rappresentano cellule infiammatorie e proteine come S100A12 all'interno di un contesto di vaso sanguigno, alto dettaglio, messa a fuoco precisa, illuminazione controllata.

Lo studio: cosa abbiamo scoperto?

Per rispondere a questa domanda, è stato condotto uno studio trasversale (cioè una fotografia di un momento specifico) tra marzo 2023 e giugno 2024, coinvolgendo 478 pazienti con dislipidemia. Questi pazienti sono stati divisi in due gruppi: 105 con diagnosi di PAD (basata su sintomi clinici, evidenze di imaging come l’ecodoppler e l’indice caviglia-braccio) e 373 senza PAD (gruppo di controllo). I ricercatori hanno misurato i livelli plasmatici di S100A12 e raccolto dati su età, sesso, storia clinica, abitudine al fumo e vari indicatori di laboratorio (come profilo lipidico, emoglobina glicata, ecc.).

I risultati sono stati piuttosto netti:

  • I livelli di S100A12 erano significativamente più alti nel gruppo di pazienti con PAD rispetto al gruppo di controllo [mediana 0.22 ng/cL vs 0.13 ng/cL].
  • Le analisi statistiche (regressione logistica univariata e multivariata) hanno suggerito che all’aumentare dei livelli di S100A12, il rischio di avere la PAD aumentava in modo significativo. L’Odds Ratio (OR), che misura la forza dell’associazione, era di 2.264, indicando che per ogni aumento unitario di S100A12 (interpretato nel contesto della scala di misurazione), il rischio di PAD era più che raddoppiato!
  • Lo studio ha confermato anche altri fattori di rischio noti: livelli più bassi di colesterolo HDL (quello “buono”) e la presenza di diabete mellito erano fattori di rischio indipendenti per la PAD.

Un legame forte, anche nei sottogruppi

Una delle cose più convincenti è che l’associazione positiva tra S100A12 e rischio di PAD è rimasta significativa anche analizzando diversi sottogruppi di pazienti: non importava se i livelli di HDL-C erano bassi (<1.03 mmol/L), se l'età era superiore ai 60 anni, o se i pazienti avevano diabete o ipertensione. In tutti questi casi, livelli più alti di S100A12 erano associati a un maggior rischio di PAD. Anzi, sembrava che la correlazione fosse persino un po' più forte nei pazienti più giovani (<60 anni) o con livelli di HDL-C più bassi, forse perché in questi ultimi mancano alcuni meccanismi protettivi anti-infiammatori mediati dall'HDL. Macro shot (obiettivo 60mm) di una provetta di campione di sangue accanto a una striscia reattiva per il colesterolo che mostra risultati alti di LDL/bassi di HDL, illuminazione controllata, alto dettaglio.

La sorpresa: una relazione non lineare

Ma c’è un dettaglio affascinante: la relazione tra S100A12 e il rischio di PAD non sembra essere lineare. Utilizzando una tecnica statistica chiamata Restricted Cubic Splines (RCS), i ricercatori hanno scoperto che la correlazione positiva era più forte quando i livelli di S100A12 erano inferiori a 1.00 ng/cL. Oltre questa soglia, l’aumento dei livelli di S100A12 aveva un impatto minore sul rischio di PAD.

Perché questa non linearità? L’ipotesi è che, ad un certo punto, i recettori a cui si lega S100A12 (come RAGE e TLR-4) potrebbero diventare “saturi”. Una volta raggiunta la saturazione, un ulteriore aumento della proteina non si tradurrebbe in un proporzionale aumento della risposta infiammatoria e, di conseguenza, del rischio di PAD. È come se il sistema andasse in sovraccarico e ulteriori “segnali” avessero meno effetto. Questo è un aspetto molto interessante che merita ulteriori indagini sui meccanismi molecolari.

Cosa significa tutto questo per noi?

Questi risultati sono importanti per diverse ragioni. Innanzitutto, suggeriscono che S100A12 potrebbe essere un potenziale biomarker per identificare i pazienti con dislipidemia ad alto rischio di sviluppare PAD, magari anche precocemente. Monitorare i livelli di S100A12 potrebbe diventare uno strumento utile nella pratica clinica per stratificare il rischio e guidare la gestione di questi pazienti.

In secondo luogo, questo studio sottolinea ancora una volta il ruolo cruciale dell’infiammazione nello sviluppo della PAD, specialmente nel contesto della dislipidemia. Non si tratta solo di controllare i livelli di colesterolo, ma anche di considerare la componente infiammatoria. Questo apre la porta a strategie preventive e terapeutiche che combinino il controllo dei lipidi con approcci di immunomodulazione, cioè mirati a regolare la risposta infiammatoria.

Infine, è interessante notare che un’altra proteina simile, S100A8/A9, anch’essa legata allo stress ossidativo, non è risultata significativamente elevata nei pazienti con PAD in questo studio (anche se il valore p era vicino alla soglia di significatività, quindi studi più ampi potrebbero dare risultati diversi). Una possibile spiegazione è che S100A12 sia più resistente all’ossidazione rispetto a S100A8/A9, rendendola forse un “motore” infiammatorio più persistente nel contesto dell’aterosclerosi.

Primo piano (macro 80mm) di cellule del sangue dall'aspetto sano che scorrono agevolmente in un'arteria stilizzata, colori vibranti, alto dettaglio, illuminazione controllata, simboleggiando la prevenzione e la salute vascolare.

Limiti e prospettive future

Come ogni studio, anche questo ha i suoi limiti. Essendo retrospettivo e condotto in un singolo centro, potrebbe essere soggetto a bias (errori sistematici dovuti alla raccolta dati incompleta, al ricordo dei pazienti o alla selezione dei partecipanti). Inoltre, anche se sono stati considerati molti fattori, altri potrebbero influenzare il rischio di PAD e non essere stati inclusi nell’analisi.

Per questo, sono necessari ulteriori studi:

  • Studi prospettici multicentrici per confermare questi risultati su una popolazione più ampia e diversificata.
  • Studi di follow-up per capire se i livelli di S100A12 influenzano anche la prognosi (l’evoluzione della malattia) nei pazienti con PAD.
  • Ricerche più approfondite sui meccanismi biologici alla base della relazione non lineare osservata tra S100A12 e il rischio di PAD.

In conclusione

Questo studio ci lascia con un messaggio importante: la proteina S100A12 emerge come un fattore di rischio indipendente per l’arteriopatia periferica nei pazienti con dislipidemia. Il suo legame con l’infiammazione la rende un candidato interessante come biomarker per la diagnosi precoce e la stratificazione del rischio. La scoperta della relazione non lineare aggiunge un ulteriore livello di complessità e apre nuove strade per la ricerca. Monitorare l’infiammazione, e forse specificamente S100A12, insieme al controllo dei lipidi, potrebbe diventare una strategia chiave per prevenire questa diffusa e invalidante malattia vascolare. Staremo a vedere cosa ci riserverà il futuro della ricerca in questo campo!

Fonte: Springer

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