Fotografia paesaggistica di un vasto campo agricolo nel Corn Belt statunitense al tramonto, file di mais alto alternate a file di soia più bassa, obiettivo grandangolare 20mm, messa a fuoco nitida, colori caldi, che simboleggia la rotazione delle colture e il suo impatto sul carbonio del suolo.

Mais Contro Soia: Chi Vince la Sfida del Carbonio nel Cuore dell’America Agricola?

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che sta letteralmente sotto i nostri piedi ma che ha un potere enorme, quasi nascosto: il suolo. Sì, proprio la terra che coltiviamo. Sta ricevendo sempre più attenzione come possibile “cassaforte” per il carbonio, aiutandoci a togliere un po’ di quella fastidiosa CO2 dall’atmosfera. Pensateci: un alleato silenzioso nella lotta al cambiamento climatico!

Le Solite Note (e le Novità) per Salvare il Pianeta… dal Campo

Abbiamo sentito parlare tanto di “Buone Pratiche Agricole” (le famose BMP – Best Management Practices): colture di copertura per non lasciare il terreno nudo, lavorazioni minime o nulle per non disturbare troppo la terra, gestione avanzata dei nutrienti… tutte cose ottime per aumentare il carbonio organico nel suolo (il cosiddetto SOC, Soil Organic Carbon). Ma c’è un aspetto che forse abbiamo trascurato un po’: la scelta stessa di cosa coltivare.

In questo viaggio, ci concentreremo su due giganti dell’agricoltura statunitense, soprattutto nel famoso “Corn Belt” (la cintura del mais): il mais (Zea mays L.) e la soia (Glycine max (L.) Merr.). Sono la spina dorsale della produzione agricola del Midwest e spesso vengono coltivati in rotazione. Perché? Beh, porta vantaggi: migliora le rese e riduce il bisogno di “aiutini” chimici come i fertilizzanti. Ad esempio, coltivare soia l’anno prima può far aumentare la resa del mais e ridurre il bisogno di azoto. Sembra un’accoppiata vincente, no? E in generale, si pensa che una rotazione complessa faccia bene alla salute del suolo.

La Sorpresa: Più Mais, Più Carbonio?

E qui arriva il colpo di scena. Diversi studi a lungo termine hanno iniziato a notare una cosa strana: i sistemi di rotazione mais-soia sembrano immagazzinare meno carbonio rispetto alla coltivazione continua di mais. Come è possibile? L’ipotesi più gettonata è che l’alternanza tra i residui della soia (ricchi di azoto) e quelli del mais (relativamente poveri) dia una sorta di “scossa” ai microbi del suolo. Dopo il mais, i microbi si danno da fare per decomporre i residui, e dopo la soia, questo processo viene ulteriormente stimolato. Risultato? Più decomposizione significa potenzialmente meno carbonio che rimane stabilmente nel terreno.

Per capirci qualcosa di più, abbiamo messo insieme i dati. Abbiamo usato i dati del programma RaCA (Rapid Carbon Assessment) del Dipartimento dell’Agricoltura USA (USDA), che ha misurato il carbonio nel suolo in tantissimi punti sparsi per gli Stati Uniti, fino a un metro di profondità. Poi, grazie ai dati satellitari del Cropland Data Layer (CDL), abbiamo “spiato” cosa veniva coltivato in quei punti negli anni precedenti alla misurazione del carbonio. È un po’ come fare i detective agricoli su larga scala! Abbiamo anche aggiunto dati climatici (temperatura, pioggia) per avere un quadro più completo.

Fotografia macro di radici fini di mais e soia intrecciate nel terreno scuro e ricco di humus. Lente macro 90mm, alta definizione, illuminazione laterale controllata per evidenziare la struttura del suolo e delle radici, simbolo della rotazione colturale.

I Risultati: Cosa Ci Dice la Terra?

Guardando i dati, soprattutto negli stati chiave del Corn Belt (Ohio, Indiana, Iowa, Illinois), la rotazione mais-soia è la regina indiscussa. Ma analizzando più a fondo, emerge un pattern chiaro: più anni consecutivi di mais in un ciclo di 3 anni, maggiore è la quantità di carbonio organico immagazzinata nel suolo, fino a 100 cm di profondità.

Facciamo qualche esempio concreto basato sulle nostre stime:

  • Passare da una monocoltura di soia a coltivare mais per 1 anno su 3 aumenta il SOC del 30.0%.
  • Passare da una monocoltura di soia a coltivare mais per 2 anni su 3 aumenta il SOC del 42.4%.
  • Passare da una monocoltura di soia a una monocoltura di mais (3 anni su 3) aumenta il SOC addirittura del 71.3%!

In media, aggiungere un anno di mais ogni tre anni nella rotazione sembra aumentare lo stock di carbonio nel suolo di circa il 25.1%. Non è poco!

Abbiamo anche notato che la “freschezza” della coltivazione di mais conta: avere mais nell’anno stesso della misurazione sembra avere un impatto leggermente maggiore sull’aumento del carbonio rispetto ad averlo avuto l’anno prima, specialmente negli strati più superficiali e più profondi.

Veduta aerea paesaggistica di un campo sperimentale nel Corn Belt USA, diviso in parcelle con diverse rotazioni mais-soia. Obiettivo grandangolare 18mm, lunga esposizione per nuvole mosse, messa a fuoco nitida sul campo, luce del mattino, che mostra la diversità delle pratiche agricole.

Il Potenziale Teorico: Numeri da Capogiro (ma con Cautela)

Ora, giochiamo un po’ con i numeri (ma tenete a mente che è un esercizio teorico!). Se prendessimo tutti i terreni in Ohio, Indiana, Iowa e Illinois che attualmente sono in monocoltura di soia o in una qualche rotazione mais-soia, e li convertissimo tutti a monocoltura di mais… beh, il guadagno stimato in termini di carbonio stoccato nel suolo sarebbe di ben 896.7 milioni di tonnellate di Carbonio (Mg C). Una cifra enorme! L’Iowa sarebbe il campione, seguito da Illinois, Indiana e Ohio.

Questo è il limite massimo teorico. Uno scenario forse più realistico? Immaginiamo di spostare le pratiche attuali verso una rotazione in cui il mais viene coltivato per 2 anni ogni 3. In questo caso, l’aumento teorico di carbonio stoccato sarebbe di 172.9 milioni di tonnellate di Carbonio. Ancora tantissimo! Se proviamo a dare un valore economico a questo carbonio “sequestrato”, usando una stima del Costo Sociale del Carbonio (circa 678 dollari per tonnellata di C nel 2020), arriviamo a un beneficio potenziale di circa 117 miliardi di dollari. Stiamo parlando di cifre che fanno riflettere!

Fotografia di un agricoltore che esamina un campione di suolo fertile e scuro in un campo di mais. Ritratto ambientato, obiettivo 35mm, profondità di campo ridotta per sfocare lo sfondo del campo, luce naturale morbida, che esprime la connessione tra agricoltura e salute del suolo.

Calma e Gesso: Non è Tutto Oro Quel che Luccica

Ok, prima di correre tutti a piantare solo mais, fermiamoci un attimo. Come sempre, la realtà è più complessa.

  • Agronomia e Costi: La monocoltura di mais può essere costosa e non sempre fattibile ovunque. Le rotazioni esistono per motivi validi, come la gestione dei parassiti e la fertilità del suolo. Abbandonarle potrebbe avere conseguenze negative sulle rese e aumentare i costi per gli agricoltori.
  • Impatto Ambientale: Più mais significa spesso più fertilizzanti azotati. Questo può aumentare le emissioni di protossido di azoto (N₂O), un gas serra molto più potente della CO₂. Inoltre, l’eccesso di azoto può finire nei corsi d’acqua, peggiorando problemi di qualità dell’acqua già esistenti nel Corn Belt.
  • Effetti sul Mercato: Un cambiamento così massiccio verso il mais sconvolgerebbe i mercati agricoli. Meno soia significherebbe prezzi più alti per la soia, con possibili ripercussioni sul commercio internazionale e sulla sicurezza alimentare. Potrebbe anche spingere a convertire altre terre (magari foreste o praterie) altrove per coltivare soia, annullando parte dei benefici climatici.

Quindi, sì, aumentare la frequenza del mais nella rotazione ha un potenziale significativo per stoccare carbonio, ma dobbiamo considerare attentamente tutti questi “effetti collaterali”. È un equilibrio delicato tra obiettivi climatici, sicurezza alimentare, sostenibilità economica per gli agricoltori e salute generale dell’ambiente.

Guardando al Futuro: Cosa Abbiamo Imparato?

La lezione principale è che la scelta delle colture ha un impatto diretto e misurabile sulla quantità di carbonio nel nostro suolo. Non è solo una questione di *come* coltiviamo, ma anche di *cosa* coltiviamo. Abbiamo visto che, nel contesto specifico del Corn Belt e della rotazione mais-soia, favorire il mais sembra portare a un maggiore stoccaggio di carbonio.

Il potenziale è notevole, ma la strada per realizzarlo richiede saggezza e una visione d’insieme. Non possiamo guardare solo al carbonio. Servono politiche e incentivi che aiutino gli agricoltori a fare scelte vantaggiose sia per il clima che per il loro portafoglio, senza compromettere altri aspetti ambientali cruciali.

E per noi ricercatori? C’è bisogno di dati ancora migliori. Immaginate di poter seguire gli stessi campi anno dopo anno (dati panel), monitorando non solo il carbonio ma anche tutte le pratiche agricole adottate. Questo ci aiuterebbe a capire ancora meglio cosa funziona davvero e a dare consigli sempre più precisi. La terra ha tanto da offrirci, anche nella lotta al cambiamento climatico. Dobbiamo solo imparare ad ascoltarla e a lavorare con lei nel modo più intelligente possibile.

Fonte: Springer

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