Soffitto di Cristallo? Sfóndalo con il Tuo Personal Brand!
Ciao a tutte! Parliamoci chiaro: quante volte abbiamo sentito parlare di “soffitto di cristallo”? Quella barriera invisibile ma tremendamente reale che sembra bloccare la carriera di tante donne, specialmente quando si punta alle posizioni di vertice. È una sfida persistente, un ostacolo che frena non solo le singole ambizioni, ma anche il raggiungimento di obiettivi globali importanti come la parità di genere (l’Obiettivo 5 per lo Sviluppo Sostenibile, per intenderci).
Prendiamo il caso dello Zimbabwe, un paese dove, come in molte altre parti del mondo, le donne sono ancora sottorappresentate ai piani alti delle aziende quotate in borsa. Uno studio recente si è tuffato proprio in questa realtà, cercando di capire se c’è uno strumento che noi donne possiamo usare per farci strada: il personal brand equity. In parole povere? Il valore del nostro “marchio” personale. Affascinante, vero? Vediamo cosa è emerso.
Spieghiamo cos’è questo “soffitto di cristallo”
Prima di addentrarci, rinfreschiamo la memoria. Il “soffitto di cristallo” (glass ceiling in inglese) è quella metafora usata per descrivere le difficoltà e gli ostacoli che le donne incontrano nella loro scalata professionale verso ruoli manageriali e dirigenziali. Non è un muro esplicito, ma un insieme di pregiudizi, stereotipi e pratiche organizzative che, di fatto, limitano l’accesso ai livelli superiori. E spesso, questo “blocco” inizia a farsi sentire già a livello di middle management. Leggi, quote rosa, obiettivi volontari… si è tentato di tutto a livello internazionale, ma diciamocelo, i risultati sperati spesso non arrivano, soprattutto in contesti dove l’applicazione delle leggi è debole o dove le quote vengono viste come un contentino che mina la meritocrazia.
Il Personal Branding come arma segreta?
Ed ecco che entra in gioco un’idea intrigante: e se la chiave fosse lavorare su noi stesse, sul nostro “marchio” personale? Il personal branding è quel processo che ci permette di comunicare chi siamo, cosa sappiamo fare, quali sono i nostri valori e le nostre competenze uniche. Non si tratta di “vendersi”, ma di prendere consapevolezza del proprio valore e saperlo esprimere in modo autentico ed efficace.
Lo studio si è concentrato sul concetto di Personal Brand Equity (PBE), che potremmo definire come il “patrimonio” del nostro brand personale. Si basa su tre pilastri principali, derivati dal marketing ma applicati alla persona:
- Personal Brand Appeal (PBA): Quanto siamo “attraenti” professionalmente? Riguarda le percezioni positive che suscitiamo, il nostro carisma, la capacità di entrare in sintonia con la cultura aziendale, le nostre doti comunicative e l’intelligenza emotiva.
- Personal Brand Recognition (PBR): Quanto siamo “riconosciute” nel nostro campo? Si lega alla nostra visibilità, alla nostra reputazione basata su competenze, conoscenze, formazione, risultati professionali e network.
- Personal Brand Differentiation (PBD): Cosa ci rende uniche? È la nostra capacità di distinguerci dalla “concorrenza” (in questo caso, spesso i colleghi uomini), mettendo in luce i nostri punti di forza specifici e il nostro stile di leadership.
L’idea di fondo è: se capiamo come le donne che ce l’hanno fatta (quelle arrivate ai vertici) hanno costruito, posizionato e difeso il loro personal brand, forse possiamo imparare qualche trucco per sfondare anche noi quel soffitto.
Cosa ha scoperto lo studio?
I ricercatori hanno coinvolto 523 donne manager (sia middle che senior) di aziende quotate in Zimbabwe, chiedendo loro quanto ritenessero importanti questi tre aspetti del PBE per il successo della loro carriera. E qui viene il bello, perché sono emerse delle differenze interessanti tra i due gruppi.
Per le donne nel middle management (quelle che, potenzialmente, stanno iniziando a “sbattere” contro il soffitto):
- La differenziazione (PBD) è risultata avere un impatto positivo significativo sul successo percepito della carriera. Sapersi distinguere, far emergere la propria unicità, è fondamentale!
- Invece, l’appeal (PBA) e il riconoscimento (PBR) non sembravano fare una grande differenza, secondo la loro percezione.
Per le donne già in posizioni senior (quelle che il soffitto, in qualche modo, l’hanno superato):
- Anche per loro, la differenziazione (PBD) è cruciale e ha un impatto positivo forte.
- Ma attenzione: per loro, anche il riconoscimento (PBR) diventa significativo. Essere visibili, riconosciute per le proprie competenze e risultati, è importante per consolidare e far progredire ulteriormente la carriera ai livelli più alti.
- Curiosamente, anche per le manager senior, l’appeal (PBA) non è risultato avere un’influenza statisticamente significativa sul successo percepito.
Questo risultato sull’appeal è un po’ controintuitivo, no? Spesso si pensa che piacere, essere simpatiche, avere buone doti relazionali sia fondamentale. Lo studio suggerisce che, almeno in questo contesto e secondo la percezione di queste manager, potrebbero essere altri i fattori più determinanti per la carriera. O forse, è un’area su cui c’è ancora da lavorare per tutte.
Non è *solo* questione di brand
Lo studio ha anche confermato che altri fattori influenzano la percezione del successo lavorativo, sia per le middle che per le senior manager. In particolare:
- Livello di istruzione: Un’istruzione più elevata è associata a una maggiore percezione di successo.
- Settore industriale: Alcuni settori (come manifatturiero, minerario, agro-business nello studio) sembrano presentare più sfide per la carriera femminile rispetto ad altri (come quello finanziario, usato come riferimento). Questo ci ricorda che il contesto conta eccome!
L’età, invece, non è risultata un fattore significativo in questo specifico studio.
Quindi, cosa ci portiamo a casa?
Questo studio, pur con i suoi limiti (è focalizzato sullo Zimbabwe, usa dati raccolti in un momento specifico, ecc.), ci offre degli spunti davvero potenti.
1. La Differenziazione è la Regina: Sia che siamo a metà percorso o già in alto, lavorare su ciò che ci rende uniche sembra essere la strategia vincente. Quali sono i nostri punti di forza specifici? Come possiamo portarli in azienda in modo che siano riconosciuti e valorizzati? Studi precedenti hanno mostrato che le donne eccellono spesso in aree come la leadership etica, l’orientamento al marketing, la gestione del cambiamento, la trasparenza e l’inclusività. Facciamolo sapere! Non dobbiamo imitare modelli maschili, ma scolpire la nostra identità basandoci sulle nostre forze.
2. Il Riconoscimento Cresce con la Carriera: Se siamo nel middle management, forse dobbiamo iniziare a pensare a come costruire la nostra visibilità. Investire in competenze, conoscenze, ottenere risultati concreti è il primo passo. Ma poi, come suggeriscono le esperienze delle senior manager, diventa importante farci conoscere, costruire network professionali, magari ottenere riconoscimenti o endorsement.
3. L’Appeal: un’area da esplorare? Il fatto che l’appeal non sia emerso come fattore chiave qui non significa che non sia importante in assoluto. Anzi, lo studio suggerisce che potrebbe essere un’area su cui le donne manager (sia middle che senior) devono ancora migliorare per potenziare la loro carriera. Lavorare sulle soft skills come comunicazione, gestione delle impressioni, intelligenza emotiva, potrebbe comunque fare la differenza per superare stereotipi e costruire relazioni solide.
4. Un Approccio Basato sul Merito: Il bello del personal branding è che sposta l’attenzione su di noi, sulle nostre capacità e sul nostro valore. È un approccio che si basa sulla meritocrazia, un’alternativa o un complemento a misure come le quote, che a volte possono essere percepite come “tokenismo”.
In conclusione, costruire consapevolmente il nostro personal brand equity non è una bacchetta magica, ma sembra essere uno strumento strategico potentissimo per noi donne che vogliamo farci strada nel mondo del lavoro e, perché no, sfondare quel fastidioso soffitto di cristallo. È un invito a prendere in mano la nostra narrazione professionale, a investire su noi stesse e a dimostrare, con i fatti e con la nostra unicità, che meritiamo di arrivare dove vogliamo. E contribuire così, passo dopo passo, a una maggiore parità di genere anche ai vertici.
Fonte: Springer