Robot Amici: Come Stiamo Rivoluzionando l’Insegnamento STEM con la Robotica Collaborativa!
Avete mai pensato a come la tecnologia, quella che sembra uscita da un film di fantascienza, possa diventare uno strumento pazzesco per accendere la scintilla della curiosità nei ragazzi, specialmente in quelli che magari pensano che le materie STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) non facciano per loro? Beh, io sì, e vi racconto come stiamo cercando di fare proprio questo!
Nel mondo di oggi, c’è una fame crescente di tecnologie assistive, soprattutto nel settore sanitario. Pensateci: la popolazione anziana raddoppierà entro il 2050! Questo significa che avremo sempre più bisogno di soluzioni innovative, come i robot collaborativi (o “co-robot”), per aiutare le persone con limitazioni fisiche. E qui, amici miei, si apre un’opportunità d’oro: coinvolgere gli studenti, in particolare quelli provenienti da contesti sottorappresentati nelle STEM, in qualcosa di veramente significativo.
Perché la Robotica Collaborativa a Scuola?
La ricerca ci dice una cosa chiarissima: quando l’insegnamento STEM si lega a contesti che hanno un impatto sociale, come migliorare la qualità della vita delle persone, l’interesse degli studenti schizza alle stelle. Immaginate di poter costruire qualcosa che aiuta concretamente qualcuno: non è fantastico? L’ingegneria biomedica, per esempio, che si concentra proprio sulla salute e il benessere, vede già una maggiore partecipazione femminile rispetto ad altre discipline ingegneristiche. Ecco perché abbiamo pensato: perché non unire la robotica educativa con le tecnologie assistive? Vogliamo mostrare ai ragazzi come l’ingegneria e l’informatica possano migliorare la vita delle persone, rendendo queste materie più vicine e affascinanti.
Il Nostro Progetto: Il “Neupulator” e il Modello 6E
E così è nato il nostro curriculum di co-robotica per le scuole superiori. Al centro di tutto c’è il “Neupulator”, un braccio robotico che gli studenti costruiscono e programmano. La figata? È controllato da bio-segnali, come l’elettromiografia (EMG) che rileva la contrazione muscolare, e da accelerometri. In pratica, si simula l’interazione uomo-robot per aiutare in compiti che migliorano la qualità della vita. Non stiamo parlando di robot che combattono, ma di robot che aiutano!
Per guidare gli studenti in questa avventura, usiamo il modello didattico 6E:
- Engage (Coinvolgere): catturare l’interesse iniziale.
- Explore (Esplorare): farli sperimentare in prima persona.
- Explain (Spiegare): fornire i concetti teorici.
- Engineer (Progettare/Ingegnerizzare): applicare le conoscenze per costruire.
- Enrich (Arricchire): approfondire e ampliare.
- Evaluate (Valutare): verificare l’apprendimento.
Questo approccio li accompagna in un processo iterativo di scoperta, progettazione e riflessione. L’idea è rendere la materia accessibile e significativa per tutti, con un occhio di riguardo per chi, tradizionalmente, si sente meno rappresentato nelle STEM.
Certo, esistono già tanti programmi di robotica nelle scuole, come le competizioni FIRST Robotics, i robot NAO o i Lego Mindstorms. Ma, secondo noi, mancano di tre aspetti cruciali quando si parla di robotica collaborativa: i costi di accesso sono spesso alti, l’interazione non sfrutta appieno la biomeccanica umana (niente interazioni fisiche uomo-robot significative) e non mirano ad aumentare le capacità umane (non sono assistivi o riabilitativi). Noi, invece, puntiamo proprio lì, usando sensori come accelerometri ed EMG, che sono il cuore del nostro curriculum.
Il nostro “Neupulator” è un braccio robotico a due gradi di libertà. Un giunto è controllato dall’attività muscolare del bicipite dello studente (tramite EMG), l’altro da un accelerometro integrato nel microcontrollore. E non finisce qui: gli studenti devono anche progettare un organo terminale (una “pinza” o “gripper”) per interagire con gli oggetti. Siamo passati da una piattaforma basata su Arduino a una MCU micro:bit, che è fantastica per la didattica grazie ai suoi LED integrati, accelerometro, pulsanti e un ambiente di programmazione a blocchi super intuitivo. E il bello è che siamo riusciti a mantenere il costo per kit sotto i 100 dollari, con la maggior parte dei pezzi riutilizzabili!
Dall’Idea alla Classe: Sfide e Successi Iterativi
Abbiamo sviluppato una serie di piani di lezione implementati in tre fasi continue in diverse scuole in Indiana e Georgia. Ad ogni fase, abbiamo raccolto dati qualitativi – osservazioni in classe, interviste agli insegnanti, registrazioni delle sessioni di formazione per docenti (PD) – per migliorare continuamente. Volevamo capire come gli insegnanti percepissero l’efficacia del materiale, quali difficoltà incontrassero e come ottimizzare l’esperienza di apprendimento.
All’inizio, la sfida di progettazione era aiutare un atleta infortunato a servire a tennis, usando il Neupulator per lanciare una pallina di gommapiuma. Ma alcuni insegnanti l’hanno trovata una “situazione banale e scollegata dall’obiettivo”. Giustamente, lanciare una palla non risolve il gomito del tennista! Abbiamo riflettuto e capito che, sebbene il tennis sia uno sport bilanciato per genere, non toccava le corde di tutti gli studenti, specialmente quelli di comunità meno privilegiate. Così, abbiamo virato su qualcosa di più inclusivo: cibo e cucina. La nuova sfida? “Aiutare un compagno di classe infortunato costruendo un braccio robotico per assisterlo in cucina”, manipolando oggetti di gommapiuma che rappresentano alimenti. Molto più coinvolgente!
Abbiamo creato un sito web privato per insegnanti e studenti con tutti i materiali, slide, guide alla risoluzione dei problemi e video esemplificativi. Ogni lezione è auto-contenuta. Abbiamo anche aggiunto un forum QeA che si è rivelato un ottimo strumento per risposte rapide e condivisione di successi.
I Segreti del Successo (e qualche Grattacapo): Bio-Segnali e Creatività
L’uso del micro:bit e della sua programmazione a blocchi (Microsoft MakeCode) è stato un sollievo per molti insegnanti e meno intimidatorio per i programmatori alle prime armi. Gli studenti si sono subito entusiasmati quando hanno visto i motori muoversi per la prima volta grazie all’accelerometro! Questo sensore, facile da implementare, ha costruito fiducia ed eccitazione.
L’EMG, invece, è stata una medaglia a due facce. Da un lato, la parte più interessante e nuova per quasi tutti. Dall’altro, una fonte di frustrazione quando l’hardware dava problemi o gli studenti commettevano errori difficili da diagnosticare (posizionamento errato degli elettrodi, fili collegati male, batterie scariche). Per mitigare, abbiamo aggiunto un LED indicatore per le batterie e testato ogni chip EMG prima della spedizione. Gli insegnanti hanno suggerito un design EMG con cablaggio integrato e protetto, dato che il wiring non è materia principale per molti a quel livello.
Un altro aspetto che ha generato pareri contrastanti è stato il codice di elaborazione del segnale EMG che fornivamo. Funzionava, ma per gli studenti era una “scatola nera”. Questo ci ha fatto riflettere sull’opportunità di integrare lezioni di matematica sull’elaborazione del segnale o, idealmente, integrare l’elaborazione direttamente nella scheda EMG pre-costruita.
A metà percorso, abbiamo inserito un’attività super coinvolgente: una competizione di flipper! Gli studenti programmavano servomotori per agire come palette, progettando le loro palette con materiali di fortuna. Nelle prime fasi, è stato un successone. Poi, l’abbiamo potenziata: nella fase III, gli studenti dovevano controllare ogni paletta con un bio-segnale (EMG e accelerometro) invece che con i pulsanti. Questo ha aumentato la sfida e migliorato la comprensione dei concetti chiave, con coppie di insegnanti che si sfidavano con entusiasmo durante i PD!
La parte della progettazione dell’organo terminale (gripper) è stata lasciata volutamente aperta per stimolare la creatività. E i risultati sono stati incredibili! Molti insegnanti hanno sottolineato quanto i loro studenti fossero stati creativi e motivati. “Alcuni studenti hanno implementato principi di robotica morbida”, ci ha detto uno. “Verso la fine, per il design del gripper, le idee hanno iniziato a fioccare. Alcuni si sono portati il lavoro a casa”. Questo dimostra quanto sia importante dare tempo e spazio alla progettazione.
L’assemblaggio delle parti in legno, inizialmente tagliate e forate a mano, è stato migliorato usando compensato tagliato al laser, con etichette incise per facilitare il montaggio. Un insegnante ha notato: “Il legno aveva etichette significative, ma altre parti come le viti no”, suggerendo che l’etichettatura è utile ovunque!
Cosa Abbiamo Imparato e Dove Stiamo Andando
Nelle interviste finali, gli insegnanti hanno notato che, sebbene non tutti gli studenti iniziassero il progetto aspirando a una carriera STEM, l’ampiezza degli argomenti (programmazione, costruzione, bio-segnali, sanità), il fattore impatto (segnali EMG muscolari, parti in movimento) e i progressi del progetto hanno catturato l’attenzione della maggior parte di loro. Alcuni hanno trovato prezioso presentare questi progressi tecnologici a studenti interessati a carriere mediche, fornendo loro una conoscenza degli strumenti all’avanguardia.
Abbiamo osservato che la dimensione ideale del gruppo per questo progetto era di due studenti, per un coinvolgimento ottimale. L’assemblaggio, a volte, è stato percepito come noioso. Alcuni insegnanti preferirebbero robot pre-assemblati, altri apprezzano l’aspetto pratico. Stiamo lavorando per semplificare l’assemblaggio, magari con un design a incastro, mantenendo però la fase di progettazione del gripper per coltivare creatività e apprendimento iterativo.
Le attività noiose con poco feedback visivo, come il cablaggio e la risoluzione dei problemi dell’EMG, non sono state ben accolte. Al contrario, attività con movimento e feedback visivo, come il movimento dei motori e il design del gripper, sono state più coinvolgenti. Questo ci suggerisce che integrare il movimento dello studente in correlazione con il movimento del robot è una progressione naturale nell’esperienza di apprendimento.
In conclusione, il “Neupulator” è stato generalmente ben accolto. Il processo iterativo ha migliorato il curriculum e la formazione degli insegnanti, rendendolo uno strumento efficace per insegnare la robotica nel contesto della co-robotica e per aumentare l’interesse verso le STEM nei gruppi sottorappresentati. Stiamo continuando a sviluppare e migliorare, basandoci sul feedback, perché gli studenti passino più tempo ad apprendere i concetti chiave unici della robotica collaborativa e delle tecnologie assistive.
Il futuro? Vogliamo studiare l’impatto a lungo termine di questo progetto sul desiderio degli studenti di intraprendere carriere STEM, in ingegneria biomedica e robotica collaborativa, misurando soddisfazione, auto-efficacia e motivazione. Ad oggi, più di 30 insegnanti hanno partecipato ai nostri PD, 18 hanno implementato con successo il curriculum e la maggior parte continua a farlo. E per me, questa è già una vittoria che fa brillare gli occhi!
Fonte: Springer