Fotografia macro di una sezione di carena di nave rivestita con il nuovo copolimero anfifilico, dove si vedono goccioline d'acqua e particelle di sedimento respinte dalla superficie, lente macro da 105mm, alta definizione, illuminazione controllata per enfatizzare la texture e l'effetto repellente.

Addio Alghe e Denti di Cane! La Mia Super-Vernice Marina che Resiste a Tutto (Anche al Fango!)

Avete presente quelle fastidiose incrostazioni che si formano sulle carene delle navi? Quelle che sembrano una vera e propria giungla sottomarina fatta di alghe, molluschi e altri organismi? Ecco, quel fenomeno si chiama biofouling e, credetemi, è un incubo per chiunque abbia a che fare con il mare. Non solo rende le navi più lente, ma fa consumare un sacco di carburante in più, con un conseguente aumento delle emissioni di gas serra. Un bel problema, vero?

Da anni, noi scienziati siamo alla ricerca di soluzioni più ecologiche rispetto alle classiche vernici antivegetative, spesso cariche di metalli pesanti dannosi per l’ambiente marino. Una delle strade più promettenti è quella dei rivestimenti polimerici. Immaginate una sorta di “pelle” speciale per le navi, capace di tenere alla larga questi ospiti indesiderati.

La Sfida del Fango Marino

Tra le varie opzioni, i rivestimenti idrofili, quelli che amano l’acqua, sembravano una buona idea. Creano uno strato d’acqua sulla superficie che funge da barriera fisica. Peccato che, in condizioni reali, il mare non sia solo acqua pulita. C’è il sedimento, il fango, il limo, che si deposita su queste superfici e, zac!, addio effetto antivegetativo. Le diatomee, microalghe super comuni, ci sguazzano sopra felici.

Allora ci siamo detti: e se provassimo a rendere la superficie un po’ meno “accogliente” anche per il sedimento? Qui entrano in gioco i copolimeri anfifilici. Detta così sembra una parolaccia, ma significa semplicemente che hanno una doppia natura: una parte ama l’acqua (idrofila) e una la respinge (idrofoba). L’idea è che questa combinazione possa creare una sinergia vincente, respingendo sia gli organismi che il sedimento. In particolare, l’accoppiata tra segmenti idrofobi e specie zwitterioniche (molecole con cariche positive e negative, super idrofile) ha attirato parecchio la nostra attenzione. Alcuni studi avevano già mostrato il potenziale di questi materiali in mare, ma nessuno, sorprendentemente, aveva mai verificato come si comportassero le diatomee sulla superficie di questi copolimeri in presenza di fango. Una bella lacuna da colmare!

La Nostra Ricetta Segreta: Cozze, Chimica di Precisione e un Pizzico di Zirconio

C’erano però ancora delle sfide. Come far aderire saldamente questi copolimeri su grandi superfici, come l’acciaio degli scafi? E come capire quale fosse la “ricetta” perfetta del copolimero – la giusta proporzione tra parte idrofila e idrofoba, la loro disposizione (casuale o a blocchi distinti), il peso molecolare – per massimizzare l’effetto? Domande non da poco!

Ecco dove è entrata in gioco la nostra idea. Abbiamo pensato di combinare due strategie:

  • Un pre-rivestimento a base di polidopamina (pDA). La polidopamina è una sostanza ispirata alla “colla” super potente che usano le cozze per attaccarsi agli scogli. Ha il vantaggio di aderire a quasi tutte le superfici in modo semplice e veloce.
  • Dei copolimeri anfifilici ben definiti, sintetizzati con una tecnica di polimerizzazione controllata chiamata RAFT (Reversible Addition-Fragmentation chain Transfer). Questa tecnica ci permette di “costruire” le catene polimeriche con grande precisione, controllando composizione, peso molecolare e sequenza dei monomeri.

Come mattoncini per i nostri copolimeri, abbiamo scelto:

  • Il sulfobetaina metacrilato (SBMA): un monomero zwitterionico, quindi super idrofilo.
  • Il trifluoroetil metacrilato (TFEMA): un monomero idrofobo, grazie ai suoi atomi di fluoro che, tra l’altro, lo rendono molto resistente.

Una volta preparati i nostri copolimeri “su misura”, li abbiamo applicati sullo strato di polidopamina. E qui, il colpo di genio: abbiamo usato degli ioni di zirconio (Zr(IV)) come una sorta di “ponte” chimico. Questi ioni creano legami di coordinazione forti tra i gruppi sulfobetainici del copolimero e la polidopamina. Il risultato? Un film spesso (oltre i 20 nanometri, a volte anche 40!), robusto e stabile in acqua di mare per almeno un mese! Pensate, un rivestimento che si auto-assembla e si ancora saldamente!

Macro fotografia di una superficie metallica rivestita con un polimero trasparente avanzato, goccioline d'acqua che si formano su di essa, lente macro da 60mm, alta definizione, messa a fuoco precisa, illuminazione da studio che evidenzia l'effetto repellente.

La cosa affascinante è che, studiando diverse “ricette”, abbiamo scoperto che la sequenza con cui i monomeri SBMA e TFEMA si dispongono lungo la catena polimerica fa una differenza enorme. Abbiamo confrontato copolimeri “random”, dove i due mattoncini sono mescolati a caso, con copolimeri “a blocchi”, dove ci sono lunghe sequenze solo di SBMA seguite da lunghe sequenze solo di TFEMA.

Risultati da Urlo: il Segreto è nell’Equilibrio (e nel Caos!)

Ebbene sì, i test hanno parlato chiaro. Prima di tutto, siamo riusciti a creare rivestimenti belli spessi e uniformi, soprattutto con i copolimeri random. L’angolo di contatto con l’acqua (una misura di quanto una superficie sia idrofoba) ci ha dato subito un’indicazione interessante: i rivestimenti con copolimeri random erano decisamente più idrofobi rispetto a quelli con copolimeri a blocchi, nonostante una composizione simile. Questo suggerisce che nella versione random, sia i gruppi idrofili che quelli idrofobi sono esposti sulla superficie più esterna, pronti a fare il loro lavoro.

Ma la vera sorpresa è arrivata con i test antivegetativi, condotti per la prima volta in presenza di sedimento. Abbiamo messo alla prova i nostri rivestimenti su substrati di silicio/ossido di silicio e, cosa ancora più importante, su acciaio inossidabile, il materiale principe delle navi.
I risultati sono stati spettacolari! Il copolimero random con un rapporto ottimale tra SBMA e TFEMA (circa 1:3) ha ridotto l’adesione delle diatomee di oltre il 90% rispetto alla superficie non trattata. Un successo incredibile! Al contrario, il polimero fatto solo di SBMA (quindi super idrofilo) ha addirittura peggiorato la situazione, favorendo l’attacco delle diatomee in presenza di fango, come ci aspettavamo. Anche il copolimero a blocchi, pur essendo meglio di niente, non ha raggiunto le prestazioni di quello random.

Questo ci dice una cosa fondamentale: l’equilibrio tra idrofilia e idrofobia è cruciale, ma lo è altrettanto la loro disposizione “casuale”. È come se questa mescolanza intima sulla superficie creasse un ambiente inospitale sia per le diatomee che per il sedimento. Il rivestimento riesce a respingere il fango grazie alla sua componente idrofoba, mantenendo al contempo la capacità di respingere gli organismi grazie alla sua componente idrofila (e alla sua particolare struttura superficiale).

Immagine al microscopio a fluorescenza di diatomee marine che tentano di aderire a una superficie trattata con il rivestimento anfifilico, confrontata con una superficie non trattata piena di diatomee, lente teleobiettivo zoom 100-400mm, tracciamento del movimento delle diatomee in acqua, alta velocità dell'otturatore.

Abbiamo anche visto che il peso molecolare del copolimero conta: se è troppo basso (sotto i 20 kg/mol), il rivestimento è meno efficace, probabilmente perché non si forma uno strato sufficientemente spesso e stabile. Ma una volta superata questa soglia, un ulteriore aumento del peso molecolare non sembra portare benefici enormi, a parità di composizione.

Stabilità a Lungo Termine e Prospettive Future

Un’altra ottima notizia è la stabilità. Dopo quattro settimane in acqua di mare artificiale, il nostro rivestimento campione, il polySrT(0.25, 24.6) – che sta per copolimero Random di SBMA (25% molare) e TFEMA, con peso molecolare teorico di 24.6 kg/mol – era ancora lì, bello saldo e con prestazioni antivegetative quasi identiche a quelle iniziali. Questo significa che i legami mediati dallo zirconio tengono botta anche in condizioni di alta salinità!

Confrontando i nostri risultati con quelli presenti in letteratura (che, ricordiamolo, sono quasi tutti ottenuti in assenza di sedimento), il nostro rivestimento si è dimostrato eccezionalmente efficace. Anche in presenza di limo, che di solito manda in crisi molti sistemi, abbiamo ottenuto una densità di diatomee adese bassissima, paragonabile o addirittura inferiore a quella di altri sistemi testati in condizioni ideali. Questo è un passo avanti enorme!

Certo, la ricerca non si ferma qui. C’è sempre spazio per migliorare, magari incorporando altri tipi di monomeri o giocando con la morfologia del film. Ma quello che abbiamo scoperto è un principio di design importante: per un’efficace azione antivegetativa e anti-sedimento, serve un bilanciamento ottimale tra idrofilia e idrofobia in una sequenza random, dove entrambi i tipi di funzionalità sono esposti sulla superficie a contatto con l’acqua.

La combinazione di questa strategia di sintesi dei copolimeri con il metodo di pre-rivestimento a base di polidopamina e l’ancoraggio tramite zirconio ci ha permesso di sviluppare un materiale con un potenziale enorme per applicazioni pratiche. Immaginate navi che scivolano sull’acqua senza attrito superfluo, consumando meno e inquinando meno. Un piccolo passo per un copolimero, un grande passo per una navigazione più sostenibile! E io sono davvero entusiasta di aver contribuito a questa scoperta!

Fotografia grandangolare di una nave da carico con una carena visibilmente pulita che naviga in mare aperto, lente grandangolare 10-24mm, lunga esposizione per rendere l'acqua liscia, cielo sereno, mettendo in evidenza l'efficacia del rivestimento antifouling.

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *