Diverse bandiere europee (Belgio, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Svezia, UK) mescolate con grafici stilizzati della curva pandemica. Simboleggia il confronto tra le diverse risposte nazionali al COVID-19. Stile fotorealistico, obiettivo 35mm, profondità di campo, colori vividi ma seri.

COVID: E se l’Olanda avesse fatto come la Svezia? Lezioni Shock dalla Prima Ondata

Ciao a tutti! Sono qui oggi per parlare di un argomento che, ammettiamolo, ci ha tenuti tutti con il fiato sospeso e ha scatenato dibattiti infiniti: le diverse risposte alla pandemia di COVID-19 in Europa. Vi ricordate la prima ondata, tra febbraio e giugno 2020? Un periodo pazzesco, pieno di incertezze. Paesi vicini, magari simili per tanti aspetti, che prendevano strade completamente diverse. Belgio e Regno Unito con tassi di mortalità altissimi, quasi otto volte quelli di Germania e Danimarca nello stesso periodo. Ma perché? C’entrava il modo in cui hanno gestito la crisi?

Beh, mi sono imbattuto in uno studio scientifico affascinante che ha provato a rispondere proprio a questa domanda, concentrandosi su sei paesi del nord-ovest Europa: Belgio, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Svezia e Regno Unito. Paesi scelti perché, pur avendo caratteristiche socio-economiche simili e tempi di introduzione del virus non troppo distanti, hanno adottato strategie (i famosi NPI, interventi non farmacologici) con tempistiche e rigidità diverse. Si andava da chiusure severe di scuole, bar e ristoranti a misure più “soft” e volontarie.

La domanda che si sono posti i ricercatori è stata: cosa sarebbe successo se un paese avesse adottato la stessa identica risposta di un altro, nello stesso giorno? E se avesse semplicemente ritardato la propria risposta di qualche giorno? Domande da un milione di dollari, vero? Ovviamente, non si può tornare indietro nel tempo, ma qui entra in gioco la magia della modellazione controfattuale.

Come Hanno Fatto? La Scienza Dietro le Quinte

In pratica, hanno usato dei modelli matematici per stimare il famoso numero di riproduzione Rt per ogni paese, basandosi sui dati dei decessi confermati per COVID-19 (scelti perché meno influenzati dalle diverse politiche sui tamponi rispetto ai casi confermati). L’Rt, ricordiamolo, ci dice quante persone in media vengono contagiate da un singolo individuo infetto in un dato momento (t).

Poi hanno fatto una cosa geniale: hanno preso la riduzione relativa di Rt ottenuta in un paese “donatore” (ad esempio, la Svezia) e l’hanno applicata, giorno per giorno (dal 13 marzo al 1 luglio 2020), a un paese “ricevente” (ad esempio, l’Olanda). In questo modo, hanno “trasferito” l’efficacia e la tempistica della risposta svedese all’Olanda, mantenendo però le caratteristiche specifiche olandesi (come densità di popolazione, ecc.) che influenzano l’Rt di base. Hanno ripetuto questo “scambio” per tutte le 30 combinazioni possibili tra i sei paesi. Figo, no?

Questo metodo permette di isolare l’impatto della *risposta* (intesa come mix di misure, tempismo ed efficacia nel ridurre i contatti) dalle condizioni iniziali del paese. Hanno anche fatto un’analisi aggiuntiva: cosa sarebbe successo se ogni paese avesse applicato la *propria* strategia, ma con 1 o 3 giorni di ritardo?

Risultati da Capogiro: L’Impatto Devastante del “Cosa Sarebbe Successo Se”

Tenetevi forte, perché i risultati sono davvero impressionanti e fanno riflettere. Prendiamo l’Olanda come esempio. L’Rt iniziale (senza misure) era stimato a 3.7, il che significa che le infezioni raddoppiavano ogni 2 giorni circa! Con le misure adottate, l’Rt olandese è sceso rapidamente sotto la soglia critica di 1.

Ma cosa sarebbe successo se l’Olanda avesse seguito le orme degli altri?

  • Con la risposta del Belgio o della Danimarca: i decessi cumulativi sarebbero stati circa il doppio.
  • Con la risposta della Germania o del Regno Unito: i decessi sarebbero stati circa il triplo.
  • Con la risposta della Svezia: i decessi cumulativi sarebbero schizzati a sette volte tanto!

Avete letto bene. Sette volte! Il picco giornaliero di morti in Olanda sarebbe passato da circa 10 per milione a quasi 55 per milione adottando l’approccio svedese. Differenze enormi.

Grafico astratto che mostra curve esponenziali divergenti in diversi colori (rosso, blu, verde, giallo, arancione, viola) su sfondo scuro, simboleggiano i diversi tassi di mortalità COVID-19 risultanti dalle diverse strategie nazionali. Stile fotorealistico, profondità di campo, illuminazione drammatica.

E la cosa interessante è che questo “ordine” di efficacia delle risposte (dal minor numero di morti previsti al maggiore) è rimasto abbastanza consistente applicandolo a tutti i paesi:

  1. Paesi Bassi (la risposta che avrebbe prodotto meno morti)
  2. Belgio
  3. Danimarca
  4. Regno Unito
  5. Germania
  6. Svezia (la risposta che avrebbe prodotto più morti)

C’è una piccola inversione tra Belgio e Danimarca a seconda del paese “ricevente”, ma la tendenza generale è chiara. La forbice tra la risposta “migliore” (olandese) e quella “peggiore” (svedese) variava da un fattore 7 (per l’Olanda stessa) a un fattore 10 (per il UK) fino a un incredibile fattore 12 (per la Germania). Questo significa che l’impatto di una strategia dipende anche dalle caratteristiche del paese che la adotta!

Il Tempismo è Tutto: Il Costo del Ritardo

Se i risultati dello scambio di strategie vi hanno sorpreso, aspettate di sentire questo. Lo studio ha simulato cosa sarebbe successo se ogni paese avesse implementato le proprie misure con solo 1 o 3 giorni di ritardo.

Ebbene, un ritardo di soli 3 giorni nell’applicare le misure avrebbe portato a un raddoppio (circa 2.3 volte in media) dei decessi cumulativi durante la prima ondata! Sì, avete capito bene: 72 ore di ritardo potevano significare il doppio dei morti. Questo dato è spaventoso e sottolinea quanto fosse cruciale agire in fretta in una fase di crescita esponenziale rapidissima dell’epidemia. Anche solo 1 giorno di ritardo aveva già un impatto notevole, aumentando i decessi di circa il 20%.

Primo piano di un orologio antico con le lancette che si muovono velocemente, sfocato sullo sfondo un grafico di mortalità COVID-19 in aumento. Simboleggia l'importanza critica del tempo nella risposta pandemica. Stile fotorealistico, obiettivo macro 90mm, alta definizione, illuminazione controllata.

Ma la Realtà Osservata Era Diversa, Perché?

A questo punto potreste chiedervi: “Ma come? Se la risposta olandese era la più ‘efficace’ nel modello, perché paesi come Danimarca e Germania hanno avuto meno morti reali pro capite nella prima ondata?”. Ottima domanda!

Lo studio chiarisce che i tassi di mortalità *osservati* dipendono da tanti fattori, non solo dall’efficacia teorica della risposta applicata dal 13 marzo in poi. Contano moltissimo:

  • La situazione epidemiologica iniziale: Quanti contagi c’erano già nel paese prima che scattassero le misure più dure? Paesi come Olanda, UK e Belgio partivano leggermente “svantaggiati” rispetto a Germania, Danimarca e Svezia all’inizio di marzo 2020.
  • L’Rt senza misure di controllo: Alcuni paesi avevano un Rt “naturale” più alto (Olanda, Belgio, UK) e quindi richiedevano una risposta più forte per portarlo sotto 1.
  • Sottostima dei decessi: La qualità e completezza dei dati sui decessi poteva variare (anche se i ricercatori hanno cercato di usare i dati migliori disponibili).

In sostanza, un paese con un’incidenza iniziale più bassa (come la Danimarca rispetto all’Olanda) poteva permettersi una riduzione dell’Rt leggermente più lenta e ottenere comunque un tasso di mortalità osservato inferiore.

Limiti e Complessità del Mondo Reale

Come ogni studio scientifico serio, anche questo riconosce i propri limiti. Ad esempio, si è assunto lo stesso tempo medio tra infezione e decesso per tutti, cosa che potrebbe non essere del tutto vera. Inoltre, la “risposta” misurata dal modello (la riduzione di Rt) è più ampia di una semplice “politica”: include anche l’adesione dei cittadini, le raccomandazioni volontarie, ecc.

Trasferire una politica da un paese all’altro nella realtà è infinitamente più complesso che farlo in un modello. Entrano in gioco sistemi sanitari diversi, culture, fiducia nel governo, possibilità di smart working, e persino le risposte dei paesi vicini. E poi c’è l’aspetto “adattivo”: i governi monitorano la situazione e aggiustano le misure. Questo studio non cattura questa dinamica continua di “sterzata”.

Infine, l’analisi si ferma a giugno 2020. Non tiene conto dei vaccini, del Long Covid, delle varianti successive, o dell’immunità accumulata che avrebbero influenzato gli esiti a lungo termine.

Immagine concettuale astratta con ingranaggi complessi di diversi colori e dimensioni che interagiscono, rappresentando la complessità dei fattori reali (cultura, politica, sanità) che influenzano l'efficacia di una risposta pandemica al di là dei modelli matematici. Stile fotorealistico, luce diffusa, focus selettivo.

Cosa Ci Portiamo a Casa?

Nonostante i limiti, questo studio ci lascia delle lezioni potentissime, valide anche per future pandemie.
La prima è che in un’epidemia a crescita rapida, piccole differenze nel tempismo e nell’efficacia delle misure possono avere conseguenze enormi sulla mortalità. Il raddoppio dei morti per soli 3 giorni di ritardo è un monito incredibile.

La seconda è che non esiste una risposta “taglia unica”. L’esito di una strategia dipende tantissimo dalle condizioni iniziali e dalle caratteristiche specifiche di un paese. Ciò che funziona (o avrebbe funzionato) in un posto, potrebbe dare risultati molto diversi altrove. Le risposte devono essere attentamente calibrate sulla situazione epidemiologica locale.

Insomma, questo studio ci mostra quanto fosse difficile navigare quella prima ondata e quanto ogni decisione, anche apparentemente piccola, potesse avere un peso enorme. Un’analisi che fa riflettere e che ci aiuta a capire meglio la complessità della gestione di una crisi sanitaria globale.

Fonte: Springer

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