Tavola Periodica e Leggi della Natura: Facciamo Chiarezza su un Recente Dibattito
Ciao a tutti! Oggi voglio fare quattro chiacchiere con voi su un argomento che mi sta particolarmente a cuore: il rapporto tra le leggi della natura, la filosofia e la nostra amata chimica, con un occhio di riguardo per la tavola periodica. Recentemente mi sono imbattuto in un articolo di una collega, Seifert, che affronta proprio la questione delle leggi in chimica, un campo, bisogna ammetterlo, un po’ trascurato dai filosofi della scienza.
Seifert fa un buon riassunto delle principali correnti filosofiche sulle leggi di natura – l’approccio Humeano, quello necessitarista – e poi tenta di applicarle alla chimica, prendendo come esempi principali la cosiddetta legge periodica e le reazioni chimiche. Ecco, è proprio sulla parte relativa alla legge periodica che vorrei soffermarmi, perché, a mio modesto parere, ci sono alcuni punti che non mi convincono del tutto.
Gli Esempi di Seifert: Davvero Legati alla Legge Periodica?
Seifert parte dall’idea che la tavola periodica, ordinando gli elementi per numero atomico crescente, permetta ai chimici di fare affermazioni generali sulle proprietà della materia. E fin qui, tutto bene. Ma gli esempi che porta mi lasciano un po’ perplesso. Vediamoli insieme.
Esempio 1: “I metalli sono cattivi conduttori di calore”
Allora, fermi tutti. La prima cosa che salta all’occhio è che questa affermazione è… beh, fattualmente sbagliata. È risaputo che i metalli sono ottimi conduttori di calore (e di elettricità). Pensate a toccare il radiatore metallico di un’auto appena spenta, o al perché usiamo pentole di metallo per cucinare! Sono i non-metalli, come il polistirolo delle tazze da caffè usa e getta, ad essere cattivi conduttori. Basta dare un’occhiata a qualsiasi tabella di conducibilità termica per vedere che i migliori conduttori sono metalli, mentre i peggiori sono non-metalli.
Ma mettiamo da parte l’errore fattuale e correggiamo l’affermazione: “I metalli sono buoni conduttori di calore”. Il punto cruciale, secondo me, è che questa proprietà, pur essendo vera, non dipende intrinsecamente dalla legge periodica. La legge periodica riguarda la ripetizione approssimativa delle proprietà a intervalli regolari. La buona conducibilità termica, invece, è una caratteristica comune a quasi tutti i metalli, indipendentemente dalla loro posizione specifica o dal fatto che le loro proprietà si ripetano periodicamente. Prendiamo la prima serie di transizione, dallo scandio allo zinco: sono tutti buoni conduttori, ma la loro conducibilità non è un esempio lampante di periodicità in sé. Certo, potremmo notare delle variazioni di conducibilità attraversando un periodo o scendendo lungo un gruppo, ma variazione non è sinonimo di periodicità (la ripetizione). Inoltre, la spiegazione fisica della conducibilità termica risiede nella struttura atomica e nel legame metallico, non nel semplice fatto che certi elementi cadano nella stessa colonna della tavola.
Esempio 2: “Il plutonio è radioattivo”
Questa affermazione è corretta, ci mancherebbe. Ma, di nuovo, che c’entra con la periodicità? Si riferisce a un singolo elemento. Se volessimo trovare un legame più forte con la tavola, potremmo dire qualcosa come: “Gli elementi con numero atomico elevato tendono ad essere radioattivi”. Questo sì che ha una connessione con la disposizione generale della tavola, ma ancora non tocca il cuore della legge periodica, cioè la ripetizione delle proprietà. Infatti, la maggior parte degli elementi radioattivi si susseguono uno dopo l’altro a partire dal polonio (Z=84), non mostrano una periodicità classica in questo senso.
Esempio 3: “Quando un metallo reagisce con l’ossigeno forma un ossido metallico”
Vero, verissimo. Ma anche questa è una proprietà generale dei metalli, quasi una tautologia (“un ossido metallico”). Non serve la tavola periodica per affermarlo. Un chimico non invoca la periodicità per descrivere questa reazione fondamentale. Sarebbe diverso se, ipoteticamente, solo gli elementi del gruppo 1 formassero ossidi; allora sì che potremmo parlare di comportamento legato al gruppo e, indirettamente, alla periodicità. Forse l’autrice intendeva dire che i metalli formano ossidi basici e i non-metalli ossidi acidi? Anche in quel caso, si tratta di tendenze generali legate a macro-categorie (metalli/non-metalli) più che alla fine periodicità delle proprietà specifiche.
La Tavola Periodica come “Rappresentazione di Molte Leggi”?
Seifert suggerisce che la tavola periodica sia una rappresentazione di molte leggi e che le affermazioni fatte usandola (come quelle errate sulla conducibilità) siano candidate a “leggi di natura”. Sostiene che queste affermazioni soddisfino certi criteri filosofici per le leggi:
- Usano concetti generali, non nomi propri.
- La loro verità non è decisa solo dalla logica.
- Unificano fatti diversi.
- Spiegano e predicono fenomeni.
- Permettono inferenze induttive.
Il problema, per me, è che questi criteri sono così generali da poter valere anche per teorie o generalizzazioni empiriche che non chiameremmo necessariamente “leggi” nel senso forte del termine. Quasi tutta la scienza non si basa solo sulla logica, e molte teorie unificano, spiegano e predicono. Non mi sembra un filtro molto selettivo.
L’autrice prosegue affermando che esaminare le regolarità della tavola periodica alla luce delle teorie filosofiche sulle leggi (come il “Best System Account” o BSA, e le teorie necessitariste) potrebbe illuminare problemi filosofici come la valutazione della semplicità e della forza in BSA, o la questione delle leggi inapplicate (uninstantiated laws) nel necessitarismo, magari pensando agli elementi superpesanti non ancora scoperti. Promesse affascinanti, certo! Peccato però che, almeno nel passaggio che sto analizzando, Seifert non sviluppi queste idee. Non spiega come la tavola periodica potrebbe aiutarci a valutare semplicità e forza, né si sbilancia sul fatto che gli elementi superpesanti supportino o meno la posizione di Armstrong sulle leggi inapplicate.
Alla fine, ammette lei stessa di non aver sostenuto una posizione definita, ma di voler mostrare che porsi queste domande è interessante. E su questo posso essere d’accordo: stimolare la riflessione è sempre positivo. Tuttavia, l’approccio mi sembra un po’ top-down: si prendono le teorie filosofiche esistenti e si cerca di vedere se la chimica (e la legge periodica) vi si adatta. Personalmente, preferisco l’approccio opposto, quello che parte dai dettagli scientifici concreti per trarre conclusioni filosofiche, come sottolineano molti bravi filosofi della scienza.
Un Accenno a Woody e alla Natura della Legge Periodica
Seifert cita anche Andrea Woody, suggerendo che Woody veda “regolarità legali” (lawful regularities) nella tavola periodica. Qui però la mia lettura di Woody è diversa. Woody, se ricordo bene, sostiene proprio che la legge periodica non si adatti facilmente allo stampo filosofico standard delle leggi scientifiche, ad esempio perché manca una formulazione matematica precisa universalmente accettata (un’obiezione, peraltro, che ritengo superabile considerando la spiegazione quantistica sottostante, come ho discusso altrove).
Anzi, Woody arriva a ipotizzare che sia la tavola periodica stessa, più che la legge periodica astratta, a svolgere un ruolo esplicativo. Un’idea interessante, anche se basata, a mio avviso, su prove un po’ deboli (una citazione da un libro di testo di chimica di cinquant’anni fa).
La Mia Visione: Spiegazione vs Rappresentazione
Per come la vedo io, né la tavola periodica né la legge periodica sono fondamentalmente esplicative. La tavola è una rappresentazione grafica geniale della legge periodica. La legge periodica, a sua volta, è una regolarità potente che richiede una spiegazione, piuttosto che fornirla essa stessa. La vera spiegazione delle proprietà periodiche degli elementi risiede nella struttura atomica ed elettronica e, in ultima analisi, nella meccanica quantistica.
Certo, uno studente o un insegnante possono indicare la posizione di un elemento sulla tavola per dare una sorta di “spiegazione” rapida del suo comportamento (“È un alcalino, quindi reagisce così…”). Ma questa è una scorciatoia didattica, una spiegazione comparativa e qualitativa. Non è la spiegazione profonda che cercherebbe un chimico professionista, né permette previsioni quantitative accurate come può fare la meccanica quantistica.
In conclusione, pur apprezzando lo sforzo di Seifert di portare l’attenzione sulle leggi in chimica, trovo che i suoi esempi specifici riguardanti la legge periodica non colgano nel segno, confondendo proprietà generali con la periodicità vera e propria e commettendo anche un errore fattuale. Inoltre, l’approccio di applicare dall’alto teorie filosofiche generali, senza approfondire le promesse fatte e senza confrontarsi a fondo con altre posizioni specifiche sulla tavola periodica (come quella di Woody), mi sembra meno fruttuoso che partire dall’analisi dettagliata della pratica e delle teorie chimiche. Il dibattito è aperto, e spero che queste mie riflessioni possano contribuire!
Fonte: Springer