Farfalle e Clima Impazzito: Chi Si Adatta Vince (Ma Non Sempre Dove Pensi!)
Avete mai notato come il tempo ‘pazzo’, quelle ondate di caldo fuori stagione o quelle piogge torrenziali inaspettate, sembrino influenzare la natura intorno a noi? Beh, io sì, e da tempo mi affascina capire come le diverse specie reagiscono a queste bizze del clima, soprattutto ora che i cambiamenti climatici rendono questi eventi estremi sempre più frequenti. Studiando le farfalle, creature tanto belle quanto delicate, abbiamo fatto scoperte davvero sorprendenti su come affrontano le cosiddette anomalie climatiche.
Pensateci un attimo: non tutte le farfalle sono uguali, giusto? Ci sono specie che vivono un po’ ovunque e altre legate a climi molto specifici. E anche all’interno della stessa specie, le popolazioni che vivono al nord, magari al limite più freddo del loro “territorio” (quello che noi scienziati chiamiamo margine avanzato della nicchia bioclimatica), potrebbero reagire diversamente da quelle che vivono al sud, al limite più caldo (il margine arretrato). La domanda che ci siamo posti è: questa differenza dipende da quanto una specie si è “specializzata” per il clima del posto in cui vive?
Il Mistero delle Risposte Diverse
Immaginate una specie di farfalla diffusa in tutta Europa. Quelle che vivono in Finlandia sono abituate a un certo tipo di freddo, quelle in Spagna a un certo tipo di caldo. Cosa succede quando arriva un’estate insolitamente torrida o una primavera gelida? La risposta, abbiamo scoperto, non è affatto scontata e dipende moltissimo da una caratteristica fondamentale: l’adattamento locale.
Abbiamo distinto due “categorie” principali di specie basandoci su studi precedenti:
- Specie adattate localmente: Sono quelle le cui popolazioni si sono evolute o adattate per dare il meglio proprio nelle condizioni climatiche medie del loro specifico “angolo di mondo”. Sono delle vere specialiste locali.
- Specie adattate globalmente: Queste, invece, sembrano avere una risposta più “standard” al clima, meno legata alle condizioni specifiche del singolo sito. Potremmo definirle più generaliste, con una curva di performance simile un po’ ovunque si trovino all’interno del loro areale climatico.
La nostra ipotesi di partenza era che queste due strategie portassero a reazioni molto diverse di fronte alle anomalie climatiche, specialmente ai margini della loro “zona di comfort” climatica (la nicchia bioclimatica).
Adattamento Locale vs. Globale: Due Strategie a Confronto
Per le specie adattate localmente, ci aspettavamo che qualsiasi anomalia climatica (sia troppo caldo/secco, sia troppo freddo/umido rispetto alla media locale) fosse un problema. Immaginatele come atleti perfettamente allenati per una specifica condizione: cambiate le regole del gioco (il clima) e la loro performance cala. E pensavamo che questo calo fosse simile ovunque si trovassero, al nord come al sud del loro areale.
Per le specie adattate globalmente, invece, la previsione era diversa. Pensavamo che le popolazioni al centro della loro nicchia climatica (dove le condizioni sono ottimali) fossero abbastanza resilienti. Ma ai margini, la storia cambiava: un’ondata di caldo, per esempio, avrebbe potuto danneggiare le popolazioni al limite caldo (margine arretrato), ma magari favorire quelle al limite freddo (margine avanzato), aiutandole a espandersi. Ci aspettavamo risposte quasi opposte ai due estremi!
Per verificare queste idee, abbiamo analizzato una mole enorme di dati: quasi 20 anni di monitoraggio settimanale di 34 specie di farfalle in centinaia di siti sparsi tra Finlandia, Regno Unito e Spagna. Un lavoro certosino che ci ha permesso di calcolare come cambiavano le popolazioni anno dopo anno (la loro “crescita” o “decrescita”) in relazione alle anomalie climatiche locali (temperatura, pioggia, aridità) e alla posizione di ciascuna popolazione all’interno della nicchia climatica della sua specie.
La Sorpresa delle Specie Localmente Adattate
E qui sono arrivate le sorprese! Per le specie adattate localmente, abbiamo confermato che le anomalie climatiche sono quasi sempre una brutta notizia. La loro performance (la crescita della popolazione) era massima quando il clima era vicino alla media locale, e diminuiva sia con condizioni più estreme in un senso (es. più caldo/secco) che nell’altro (es. più freddo/umido). Fin qui, tutto come previsto. E questa risposta era simile indipendentemente dalla posizione nella nicchia.
Ma quando abbiamo guardato l’andamento delle popolazioni nel lungo periodo (quasi 20 anni), abbiamo trovato qualcosa di inaspettato. Contrariamente alle attese, queste specie specialiste locali mostravano i declini più marcati proprio al margine avanzato (quello più freddo), mentre erano più stabili o addirittura in leggero aumento al margine arretrato (quello più caldo)! Com’è possibile? Un’ipotesi affascinante è legata alla cosiddetta “warmer is better” (più caldo è meglio) per gli insetti. In pratica, anche se una popolazione si adatta al freddo, ci sono limiti termodinamici fondamentali: le reazioni biochimiche sono più lente a basse temperature. Quindi, anche se adattate, le popolazioni nei climi più freddi potrebbero faticare di più a riprendersi o a prosperare rispetto a quelle in climi più caldi (ma sempre entro i limiti della specie), soprattutto quando il clima fa le bizze.

Le Specie Globalmente Adattate Seguono il Copione?
Passiamo ora alle specie adattate globalmente. Qui, i risultati si sono avvicinati di più alle nostre previsioni iniziali. La loro risposta alle anomalie climatiche dipendeva eccome dalla posizione nella nicchia!
- Al centro della nicchia: le popolazioni erano più resilienti, quasi indifferenti alle anomalie.
- Al margine arretrato (più caldo): un aumento della variabile climatica critica (es. più caldo/secco) portava a un declino della popolazione, mentre anni più freschi/umidi erano benefici.
- Al margine avanzato (più freddo): la situazione era invertita! Anni più caldi/secchi favorivano la crescita della popolazione, mentre anni più freddi/umidi erano dannosi.
Questo ha senso: per queste specie “generaliste”, un’anomalia climatica può avvicinare o allontanare le condizioni locali dall’optimum generale della specie. Un anno caldo spinge le popolazioni del sud oltre il loro limite, ma magari porta quelle del nord più vicine alle condizioni ideali.
E l’andamento a lungo termine? Anche qui, il quadro era più “classico”: abbiamo osservato un declino generalizzato, ma molto più accentuato al margine arretrato, mentre al margine avanzato le popolazioni erano più stabili o in leggerissimo aumento. Questo suggerisce che, per queste specie, il margine avanzato potrebbe effettivamente funzionare da “rifugio” o area di espansione con il riscaldamento globale, come spesso si ipotizza.
Cosa Significa Tutto Questo per la Conservazione?
Questi risultati ci dicono una cosa fondamentale: non possiamo pensare a strategie di conservazione “taglia unica” per tutte le farfalle (e probabilmente per molte altre specie) di fronte ai cambiamenti climatici. Dobbiamo assolutamente tenere conto del loro grado di adattamento locale e di dove si trovano le popolazioni che vogliamo proteggere.
Per le specie adattate localmente:
- L’obiettivo principale dovrebbe essere quello di “tamponare” gli effetti delle anomalie climatiche, aiutandole a mantenere condizioni il più possibile vicine alla loro media locale ottimale.
- Questo potrebbe significare creare o mantenere microhabitat diversificati (zone più ombreggiate, più umide, più riparate) dove le farfalle possano trovare rifugio quando il tempo si fa estremo.
- Sorprendentemente, la protezione sembra essere cruciale anche (e forse soprattutto) al margine avanzato, dove abbiamo visto i declini più forti.
Per le specie adattate globalmente:
- Gli interventi devono essere contestualizzati in base alla posizione.
- Al margine arretrato, dove soffrono il caldo/secco, potrebbero beneficiare di più microclimi freschi e umidi (es. margini boschivi, zone con vegetazione più fitta).
- Al margine avanzato, dove soffrono il freddo/umido, potrebbero aver bisogno di aree più aperte e soleggiate per scaldarsi.

In conclusione, il modo in cui le specie rispondono alle montagne russe del clima è una danza complessa tra la loro storia evolutiva (l’adattamento) e la geografia (la posizione nell’areale). Capire questa danza è essenziale se vogliamo aiutarle a sopravvivere in un futuro che si preannuncia sempre più turbolento dal punto di vista climatico. Le farfalle, con la loro sensibilità, ci stanno mandando un messaggio chiaro: la resilienza della biodiversità dipende dalla nostra capacità di comprendere e proteggere le differenze.
Fonte: Springer
