Immagine aerea di una vasta piantagione di alberi per la produzione di legname, con una chiara linea di demarcazione dove un incendio boschivo si è fermato o ha attraversato. Wide-angle, 14mm, per catturare l'estensione, sharp focus per i dettagli del danno e della foresta intatta, con luce drammatica del tardo pomeriggio.

Foreste da Legno in Fiamme: Le Piantagioni Sono Davvero una Trappola Infuocata?

Amici, parliamoci chiaro: il legno è una risorsa pazzesca! Lo usiamo per costruire case, mobili, produrre carta e un sacco di altre cose. Pensate che il mercato globale del legname vale qualcosa come 1,5 trilioni di dollari all’anno, una cifra da capogiro! E la domanda è in continua crescita, spinta dall’urbanizzazione e dalla necessità di trovare alternative più sostenibili a materiali come acciaio e cemento. Fin qui, tutto bene, no? Beh, non proprio. C’è un nemico invisibile, o meglio, fin troppo visibile quando si scatena: il fuoco.

Gli incendi boschivi, esacerbati dai cambiamenti climatici, stanno diventando una minaccia sempre più seria per le nostre foreste e, di conseguenza, per la produzione di legname. Tra il 2001 e il 2021, abbiamo perso per colpa degli incendi una quantità di foreste produttive che varia dai 19 ai 25 milioni di ettari a livello globale. Un vero disastro! E la cosa preoccupante è che queste perdite stanno aumentando in molte regioni chiave per la produzione di legname.

Il Legno: Un Tesoro Globale Sotto Assedio

Ora, quando parliamo di produzione di legname, dobbiamo distinguere principalmente due metodi. Da un lato abbiamo le foreste naturali produttive, quelle che crescono spontaneamente e si rigenerano dopo il taglio. Dall’altro, ci sono le piantagioni, aree gestite in modo intensivo, spesso con una o due specie di alberi della stessa età, piantati in file ordinate. Queste piantagioni, pur occupando solo circa il 3% delle foreste globali, forniscono ben un terzo del legname mondiale! Sono super efficienti, producendo volumi di legno in media del 220% superiori rispetto alle foreste naturali della stessa età. Sembrerebbero la soluzione ideale per soddisfare la crescente domanda di legno e proteggere le foreste naturali, giusto?

Ecco, qui sorge il dubbio amletico che un recente studio ha cercato di dirimere: queste piantagioni, così ordinate e produttive, sono forse più vulnerabili agli incendi rispetto alle foreste naturali? Immaginatele: file fitte di alberi, spesso della stessa specie, magari non autoctona come Eucalipto o Pino. Viene da pensare che una struttura così uniforme possa renderle più suscettibili a condizioni ambientali estreme. E in effetti, recenti mega-incendi in Portogallo e Cile hanno visto protagoniste proprio queste piantagioni.

Foreste Naturali vs. Piantagioni: Chi Brucia di Più?

Per capirci qualcosa di più, i ricercatori hanno messo insieme dati globali sull’estensione delle foreste naturali produttive e delle piantagioni, e li hanno incrociati con i dati sugli incendi che hanno causato la perdita di soprassuolo forestale tra il 2015 e il 2022. I numeri sono impressionanti: in questo periodo, sono andati in fumo circa 15,7 milioni di ettari di foreste naturali produttive e 1,4 milioni di ettari di piantagioni. Le foreste naturali produttive coprono circa 2,1 miliardi di ettari a livello globale, mentre le piantagioni si estendono per 289 milioni di ettari, concentrate soprattutto in USA, Europa, Cina e Brasile.

Analizzando i dati, si vede che la vulnerabilità agli incendi varia parecchio da paese a paese. Per le foreste naturali, i tassi di incendio più alti si sono registrati in Brasile, USA (soprattutto nell’ovest), Australia, Canada e Russia. Per le piantagioni, invece, i paesi più colpiti sono stati USA, Australia, Canada, Portogallo e Cile. Ma attenzione, questi sono dati grezzi. Per capire se un tipo di foresta è intrinsecamente più a rischio dell’altro, bisogna tenere conto di un sacco di fattori: il clima, la topografia, la vicinanza alle attività umane…

Veduta aerea di una vasta foresta di conifere gestita per la produzione di legname, con alcune aree che mostrano segni di recente incendio e fumo che si alza in lontananza. Telephoto zoom, 150mm, fast shutter speed, per catturare la vastità e i dettagli del danno da incendio.

Ed è qui che lo studio si fa interessante. Utilizzando tecniche statistiche sofisticate (il cosiddetto “statistical matching”) su dati provenienti da 17 paesi che rappresentano il 50% della produzione globale di legname e il 75% delle foreste produttive bruciate, i ricercatori hanno cercato di isolare l’effetto del tipo di gestione forestale sul rischio di incendio.

La Sorpresa: Piantagioni Temperate, un Rischio Raddoppiato!

Ebbene, i risultati sono piuttosto netti, almeno per una parte del mondo. Nelle regioni temperate, le piantagioni sono risultate in media due volte più propense a bruciare rispetto alle foreste naturali produttive, a parità di condizioni ambientali e antropiche! Un aumento del 100% della probabilità di incendio. Questo effetto è stato osservato in 9 dei 10 paesi temperati analizzati, inclusi giganti della produzione di legname come la Cina (con un aumento del 122% del rischio per le piantagioni) e la Russia (117% in più). Anche paesi europei come Francia, Italia e Spagna mostrano lo stesso trend, con aumenti del rischio per le piantagioni tra il 122% e il 130%.

Magari vi chiederete: “Ma se la differenza assoluta nella probabilità di incendio è piccola, che impatto può avere?”. Beh, quando parliamo di nazioni con centinaia di milioni di ettari di foreste (oltre 800 in Russia, più di 200 in Cina), anche un piccolo aumento percentuale si traduce in enormi aree aggiuntive che vanno in fumo. Il caso più eclatante è il Portogallo, dove le piantagioni hanno mostrato una probabilità di incendio del 16,8% contro l’8,2% delle foreste naturali. Questo dato sembra confermare i sospetti sul ruolo delle estese piantagioni di Eucalipto nei recenti, devastanti incendi che hanno colpito il paese.

L’unico paese temperato a non mostrare una differenza significativa è stato gli USA. Questo potrebbe dipendere dal fatto che molte piantagioni americane si trovano nel sud-est, dove sono comuni i fuochi prescritti a bassa intensità, che riducono il rischio di incendi catastrofici.

E le Piantagioni Tropicali? Un Quadro Più Sfumato

Passando alle regioni tropicali, la situazione è meno chiara. Nel complesso, non è emerso un effetto univoco delle piantagioni sulla probabilità di incendio. Tuttavia, a livello nazionale, le differenze sono notevoli. In Australia, Sud Africa e Indonesia, le piantagioni hanno mostrato una probabilità di incendio significativamente inferiore rispetto alle foreste naturali (dal 7% al 75% in meno). In Australia, addirittura, le foreste naturali produttive sono risultate quattro volte più a rischio delle piantagioni! Questo suggerisce che, in certi contesti, il taglio nelle foreste naturali potrebbe aumentare il rischio di incendio, creando combustibile al suolo e favorendo foreste più giovani e meno resistenti al fuoco.

In altri paesi tropicali come Brasile, Argentina e Vietnam, non si è vista una differenza significativa nel rischio di incendio tra i due tipi di gestione forestale. In Uruguay, invece, le piantagioni sono risultate più a rischio. In Brasile, ad esempio, i tassi di incendio sono alti per entrambi i sistemi, sia nelle piantagioni di Eucalipto del sud e centro del paese, sia nelle foreste naturali ai margini dell’Amazzonia.

Perché le Piantagioni Temperate Sono Più Vulnerabili?

Ma perché questa differenza così marcata nelle regioni temperate? Le ragioni sono probabilmente diverse e interconnesse. La struttura omogenea, densa e altamente connessa delle piantagioni gioca un ruolo chiave. I tempi di rotazione più brevi rispetto alle foreste naturali fanno sì che le piantagioni siano spesso gestite come soprassuoli giovani o di mezza età, più suscettibili agli incendi di elevata severità e incapaci di raggiungere uno stadio più maturo e resistente al fuoco. Al contrario, le foreste naturali sono generalmente più vecchie, con una varietà di dimensioni degli alberi, specie e strutture spaziali che possono renderle meno vulnerabili.

Inoltre, il sottobosco a bassa diversità nelle piantagioni di specie esotiche può favorire specie invasive che, a loro volta, aumentano il rischio di incendio. Anche la specie dominante utilizzata ha il suo peso. Ad esempio, nel 2017 in Cile, gli incendi hanno bruciato proporzioni maggiori di piantagioni di Pinus rispetto a quelle di Eucalyptus.

Piantagione di eucalipti giovani e fitti, con il terreno secco e foglie cadute che formano uno strato infiammabile. Macro lens, 80mm, high detail, precise focusing per evidenziare la densità e la potenziale infiammabilità del materiale al suolo.

L’Impatto sulla Sicurezza Globale del Legname

Questa maggiore vulnerabilità delle piantagioni, soprattutto temperate, è una brutta notizia per la sicurezza dell’approvvigionamento di legname. Paesi come la Cina, che dipendono fortemente dalle piantagioni (il 45% di tutte le loro foreste produttive) e hanno vietato il taglio nelle foreste naturali, sono particolarmente a rischio. Anche se il divieto ha benefici per la biodiversità e il clima, aumenta la vulnerabilità della filiera del legno cinese agli incendi. Altri paesi con profili di rischio simili, pur essendo meno cruciali per la produzione globale, includono Ucraina, Bielorussia e Portogallo. La Nuova Zelanda, a seguito delle restrizioni sul taglio nelle foreste naturali, ricava oggi oltre il 99% del suo legname da piantagioni.

C’è poi da considerare il compromesso tra rischio di incendio e produttività. In Spagna, ad esempio, le piantagioni hanno una probabilità di bruciare circa 2,5 volte superiore rispetto alle foreste naturali, ma possono completare 3-4 cicli di rotazione nello stesso periodo in cui una foresta naturale ne completa uno. In Australia, il compromesso è ancora più evidente: le piantagioni hanno un rischio di incendio significativamente più basso e producono tronchi da sega in 20-30 anni, contro gli 80 anni delle foreste naturali.

Non Tutto è Perduto: Strategie per un Futuro Meno Infuocato

Cosa possiamo fare, allora? Demonizzare le piantagioni non è la soluzione, visto il loro ruolo cruciale nel soddisfare la domanda di legno. Dobbiamo però renderle più resilienti. Ecco alcune strategie emerse dallo studio e dalla comunità scientifica:

  • Pianificazione a livello di paesaggio: Concentrare l’espansione delle piantagioni in aree ad alta produttività e basso rischio di incendio assoluto, evitando di sostituire ecosistemi naturali. Meglio utilizzare terreni agricoli abbandonati o a bassa intensità. Progettare le piantagioni come mosaici di specie ed età diverse, intervallate da altri usi del suolo meno infiammabili (vegetazione ripariale, pascoli) e fasce tagliafuoco verdi.
  • Gestione del fuoco: Estendere pratiche di gestione del fuoco efficaci, come i fuochi prescritti e il diradamento, adattandole ai contesti nazionali e ai regimi di incendio. Sfruttare le nuove tecnologie come droni, sistemi di telecamere e velivoli autonomi per il monitoraggio e l’intervento rapido.
  • Aumentare la diversità: Promuovere la diversità all’interno delle piantagioni. Le piantagioni a specie miste sono più resilienti ai disturbi, inclusi gli incendi, e possono offrire maggiori rese e benefici per la biodiversità. Purtroppo, le monocolture dominano ancora, forse per i minori costi di gestione iniziali.

Uno Sguardo Dietro le Quinte della Ricerca

È importante sottolineare che studi come questo si basano su mappe e dati complessi. La mappatura globale della gestione forestale a risoluzioni così fini è una sfida, e ci sono margini di incertezza. Ad esempio, a volte è difficile distinguere con precisione le piantagioni temperate dalle foreste naturali gestite. Per ovviare a ciò, i ricercatori hanno utilizzato solo i pixel con una confidenza di classificazione superiore al 70%. Anche le definizioni stesse di “foreste piantate” e “piantagioni forestali” secondo la FAO possono essere ambigue. Migliorare queste definizioni e sviluppare sistemi di mappatura satellitare annuale e coerente a livello globale sarebbe un enorme passo avanti per capire meglio le dinamiche del taglio e le minacce future alla produzione di legname.

Paesaggio forestale diversificato che mostra un mosaico di piantagioni di specie miste, fasce tagliafuoco verdi e aree di vegetazione naturale. Wide-angle, 18mm, sharp focus, per illustrare una pianificazione territoriale resiliente agli incendi.

In conclusione, questo studio ci mette di fronte a una realtà scomoda: il nostro crescente affidamento sulle piantagioni per il legname, soprattutto nelle regioni temperate, comporta un rischio di incendio elevato. E con i cambiamenti climatici che promettono incendi sempre più frequenti e severi, questo rischio è destinato a crescere. Tuttavia, le piantagioni rimangono uno strumento essenziale ed efficiente per la produzione di legno. La chiave sta nel minimizzare i rischi attraverso una pianificazione intelligente, una gestione del fuoco efficace e una decisa virata verso piantagioni più diverse e resilienti. Solo così potremo garantire la sicurezza del nostro approvvigionamento di legno in un clima che si fa sempre più ostile. Una sfida complessa, ma che dobbiamo assolutamente affrontare!

Fonte: Springer Nature

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *