Praterie Rinate: Più Interventi, Più Benefici! La Scienza Dietro la Multifunzionalità
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi sta molto a cuore e che riguarda il futuro del nostro pianeta: le praterie. Sembrano semplici distese d’erba, vero? Eppure, sono ecosistemi vitali, i più grandi sulla terraferma, che danno da vivere a oltre un miliardo di persone e ci offrono un sacco di “regali” invisibili, quelli che noi scienziati chiamiamo servizi ecosistemici. Pensate al sequestro del carbonio (importantissimo contro il cambiamento climatico!), al mantenimento della fertilità del suolo, al supporto agli impollinatori come api e farfalle, e persino alla bellezza del paesaggio che tanto ci piace ammirare.
Purtroppo, queste preziose praterie sono sotto attacco. Cambiamenti climatici, pascolo eccessivo, uso smodato di fertilizzanti chimici… tutto questo sta causando un degrado diffuso. E quando una prateria si degrada, perde la sua capacità di fornirci tutti quei servizi essenziali. È un problema serio, tanto che le Nazioni Unite hanno lanciato il Decennio per il Ripristino dell’Ecosistema (2021-2030), e il recupero delle praterie è una priorità globale.
La Sfida della Multifunzionalità: Fare Tante Cose Bene Contemporaneamente
Il punto cruciale è questo: quando una prateria si degrada, non perde solo *un* servizio, ma ne perde tanti contemporaneamente. Quindi, la vera sfida per chi si occupa di ripristino ambientale è promuovere la cosiddetta multifunzionalità ecosistemica. Che parolona, eh? Significa semplicemente riuscire a far sì che l’ecosistema restaurato torni a svolgere *molte* delle sue funzioni vitali allo stesso tempo.
E qui casca l’asino, come si suol dire. Spesso, gli interventi di ripristino si concentrano su una sola cosa. Ad esempio, si usano fertilizzanti chimici per aumentare la produzione di foraggio, cosa utile per gli allevatori. Ma questa singola azione può danneggiare la biodiversità delle piante e del suolo, e con essa tutti i servizi legati alla natura e alla cultura. Oppure, si cerca di aumentare la diversità delle piante seminando miscugli di semi. Bellissimo, no? Più fiori, più insetti! Però, magari questo non basta a migliorare la produzione di foraggio o l’accumulo di carbonio nel suolo. Insomma, sembra quasi impossibile ottenere tutto insieme. Un singolo intervento spesso crea dei compromessi: migliori una cosa, ne peggiori un’altra. C’era bisogno di una strategia diversa.
L’Esperimento: Un Lavoro a Lungo Termine nel Nord dell’Inghilterra
Ed è qui che entra in gioco uno studio affascinante a cui abbiamo potuto attingere, basato su un esperimento a lungo termine iniziato addirittura nel 1989 (avete letto bene!) in una prateria del nord dell’Inghilterra. Si trattava di una prateria “migliorata” per l’agricoltura, quindi povera di specie. L’idea era testare l’effetto non di uno, ma di una combinazione di interventi di ripristino.
Hanno preso quattro trattamenti comuni nel recupero delle praterie:
- Aggiunta di letame (fertilizzante organico).
- Aggiunta di piccole quantità di fertilizzante inorganico (azoto, fosforo, potassio).
- Semina di un miscuglio di semi di diverse specie erbacee locali.
- Promozione di una leguminosa specifica, il trifoglio rosso (Trifolium pratense), che fissa l’azoto nel suolo.
La cosa geniale è che hanno provato tutte le combinazioni possibili: nessun intervento (controllo), un solo intervento, due interventi combinati, tre, e persino tutti e quattro insieme! Questo ha creato un “gradiente” nel numero di azioni di ripristino. Poi, tra il 2011 e il 2014, hanno misurato ben 26 indicatori diversi, legati a otto gruppi di servizi ecosistemici: produzione di foraggio, stoccaggio e sequestro del carbonio, valore di conservazione della diversità vegetale, servizio di impollinazione, mantenimento dei nutrienti e della stabilità fisica del suolo, regolazione della qualità dell’acqua e valore estetico (come l’abbondanza di fiori). Un lavoraccio, ve lo assicuro!

La Sorpresa (ma non troppo): L’Unione Fa la Forza!
E cosa abbiamo scoperto? Beh, le nostre ipotesi erano corrette!
Primo: i singoli interventi, presi da soli, avevano effetti limitati sulla multifunzionalità generale e spesso creavano quei famosi compromessi. Il letame aumentava sì la produzione e il carbonio nel suolo, ma peggiorava la stabilità degli aggregati del terreno. Il fertilizzante chimico aiutava la produzione e le api, ma riduceva la diversità delle piante. La semina aumentava la diversità vegetale e l’impollinazione, ma non faceva molto per il foraggio o il carbonio. Il trifoglio migliorava la qualità del foraggio, la diversità e l’azoto nel suolo. Insomma, ognuno faceva il suo, ma nessuno era la “pallottola d’argento”.
Secondo (e questo è il punto chiave!): la multifunzionalità ecosistemica aumentava all’aumentare del numero di interventi combinati! Più cose facevamo insieme, meglio funzionava l’ecosistema nel suo complesso. Non solo: combinare più interventi aiutava a ridurre i compromessi tra i diversi servizi. Era come se le diverse azioni si aiutassero a vicenda, compensando gli effetti negativi e potenziando quelli positivi.
Pensateci: magari un intervento (come il letame) aiuta molto il carbonio nel suolo, un altro (i semi) aiuta la biodiversità, un altro ancora (il trifoglio) migliora la qualità del foraggio. Mettendoli insieme, si ottiene un risultato complessivo molto migliore rispetto a fare una sola cosa. È quella che potremmo chiamare complementarietà: interventi diversi che lavorano su aspetti diversi dell’ecosistema, portando a un beneficio generale maggiore.

Non Esiste una Ricetta Unica, Ma un Principio Guida Sì
Ovviamente, non è che basti sommare interventi a caso. Lo studio ha mostrato che anche l’identità degli interventi conta. La combinazione migliore potrebbe dipendere dagli obiettivi specifici che ci poniamo.
Ad esempio, se l’obiettivo principale è l’agricoltura rigenerativa (massimizzare il foraggio di qualità, ma anche il carbonio e la salute del suolo), la combinazione di tutti e quattro gli interventi sembrava dare i risultati migliori.
Se invece la priorità è la conservazione della natura (massima biodiversità vegetale e impollinatori), una combinazione specifica di due interventi (letame e miscuglio di semi) ha dato il picco massimo in questo esperimento.
Se puntiamo alla mitigazione climatica (massimo stoccaggio di carbonio), o al valore estetico (tanti fiori!), ancora una volta, più interventi combinati sembravano essere la strategia vincente.
Questo ci dice che dobbiamo scegliere attentamente le azioni da combinare, pensando a quali aspetti dell’ecosistema vogliamo migliorare e cercando interventi che siano complementari, che magari abbiano effetti additivi o addirittura sinergici (cioè che insieme facciano più della somma delle parti), evitando quelli che si “pestano i piedi” a vicenda (effetti antagonisti).

Guardando al Futuro: Dalla Teoria alla Pratica
Questo studio, basato su dati raccolti per anni, ci dà una “prova di concetto” molto robusta: per restaurare davvero le nostre praterie degradate e farle tornare a funzionare bene sotto molti aspetti, dobbiamo superare l’approccio del singolo intervento. La strategia vincente sembra essere quella di combinare più azioni mirate.
Certo, ci sono ancora domande aperte. Questo esperimento è stato fatto in un luogo specifico, una prateria temperata migliorata agricolamente. Funzionerà allo stesso modo in altri tipi di praterie, magari quelle semi-naturali già ricche di specie, o in climi diversi? E se aggiungessimo ancora più interventi, come la gestione ottimizzata del pascolo o l’inoculo di microbi nel suolo? Serviranno studi su scala più ampia e in contesti diversi.
Inoltre, bisogna considerare i costi. Applicare più interventi potrebbe richiedere maggiori investimenti. Tuttavia, gli interventi usati qui (letame, fertilizzanti a basso dosaggio, semi, trifoglio) sono pratiche agricole abbastanza comuni. E con i crescenti programmi di sostegno ambientale per gli agricoltori (come quelli legati alla Politica Agricola Comune in Europa), finanziare questi approcci combinati diventa sempre più fattibile.
La conclusione, per me, è entusiasmante. Abbiamo una strada promettente per invertire il degrado delle praterie e, potenzialmente, di altri ecosistemi. Non si tratta di trovare una soluzione magica e unica, ma di orchestrare sapientemente una serie di azioni che, insieme, possono riportare la vita e la funzionalità nei nostri paesaggi. È un invito a pensare in modo più complesso e integrato, per il bene delle praterie e di tutti i servizi che ci regalano.
Fonte: Springer
