Immagine medica composita che mostra una radiografia di una caviglia con un os subfibulare piccolo (meno di 5mm) evidenziato vicino al malleolo laterale e una vista stilizzata dell'intervento artroscopico MBO. Macro lens, 90mm, high detail, illuminazione controllata, focus sulla zona del malleolo laterale e sull'ossicino.

Os Subfibulare: Togliere o Non Togliere Quel Frammento Osseo nella Caviglia?

Ciao a tutti! Oggi parliamo di un problema super comune per chi fa sport, ma non solo: le distorsioni alla caviglia. Quante volte ci è capitato, magari giocando a calcetto o semplicemente camminando su un terreno sconnesso? Sono tra gli infortuni muscoloscheletrici più frequenti in assoluto. E a volte, queste distorsioni, se si ripetono o se la caviglia continua a “cedere”, possono portare a quella che i medici chiamano instabilità cronica laterale della caviglia (CLAI).

Quando la situazione diventa cronica, spesso la soluzione è chirurgica. Una delle tecniche più usate e con ottimi risultati è l’operazione di Broström modificata (MBO), che in pratica ripara i legamenti lesionati (il legamento peroneo-astragalico anteriore, o ATFL, e il legamento peroneo-calcaneare, o CFL) e rinforza la struttura. Negli ultimi anni, poi, si è diffusa molto la versione artroscopica “all-inside”, ancora meno invasiva.

Il Mistero dell’Ossicino: Cos’è l’Os Subfibulare?

Ma qui entra in gioco un dettaglio interessante. A volte, chi soffre di dolore sulla punta del malleolo laterale (quell’osso sporgente all’esterno della caviglia), specialmente dopo traumi o attività sportiva intensa, scopre di avere un piccolo ossicino separato proprio lì. Si chiama os subfibulare (OSF). È un frammento osseo piccolo, ben definito, vicino all’estremità inferiore del perone.

Da dove salta fuori? Ci sono due teorie principali:

  • Potrebbe essere un centro di ossificazione accessorio che non si è fuso correttamente durante lo sviluppo (un po’ come un “osso in più” dalla nascita).
  • Oppure, più probabilmente in chi ha subito traumi, potrebbe essere il risultato di una vecchia frattura da avulsione: un pezzetto di osso o cartilagine che si è staccato dalla punta del perone a causa della trazione di un legamento durante una distorsione.

Questo ossicino non sempre dà problemi, può restare lì silente per anni. Però, a volte, in seguito a un trauma o a un sovraccarico (come l’esercizio fisico), può diventare sintomatico e causare dolore. Si pensa che il dolore possa derivare dalla trazione esercitata sull’ossicino dal legamento a cui è attaccato, oppure dall’infiammazione dei tessuti molli circostanti (sinovite) o da un conflitto meccanico (impingement).

L’Approccio Standard e il Dilemma: Rimuovere o No?

Tradizionalmente, quando si interviene chirurgicamente per un’instabilità cronica (CLAI) e si trova anche un os subfibulare, specialmente se piccolo (sotto i 5 mm di diametro longitudinale, secondo alcune classificazioni), la prassi comune è quella di rimuoverlo durante l’operazione di MBO. L’idea è: “Già che ci siamo, togliamo anche questa potenziale fonte di fastidio”.

Tuttavia, la questione non è così semplice. Alcuni studi hanno riportato risultati non proprio brillanti dopo questo approccio combinato. Perché? Il problema è che questi ossicini sono spesso incastonati nelle fibre del legamento peroneo-astragalico anteriore (ATFL), che è fondamentale per la stabilità della caviglia. Rimuovere l’ossicino, soprattutto se è piccolo e difficile da isolare, potrebbe significare danneggiare o indebolire proprio quel legamento che stiamo cercando di riparare! Si rischia di creare un “buco” nel legamento che poi è difficile da chiudere bene, compromettendo la stabilità antero-posteriore.

Radiografia dettagliata di una caviglia umana che mostra instabilità laterale e la presenza di un piccolo os subfibulare (OSF) vicino alla punta del malleolo laterale. Macro lens, 80mm, high detail, precise focusing, luce controllata per evidenziare la struttura ossea e l'ossicino separato.

Considerando questi rischi, alcuni chirurghi hanno iniziato a chiedersi: “Ma se l’ossicino è davvero piccolo (sotto i 5 mm) e il paziente non lamenta un dolore specifico proprio lì, è davvero necessario rimuoverlo?”. Magari, lasciandolo al suo posto, si evitano potenziali danni al legamento e i risultati a lungo termine sono comunque buoni.

Lo Studio: Confronto tra Rimozione e Non Rimozione

Ed è proprio qui che si inserisce uno studio interessante che ho analizzato. I ricercatori hanno voluto verificare questa ipotesi confrontando i risultati clinici e radiologici in pazienti con CLAI e un piccolo OSF (≤ 5 mm) sottoposti ad artroscopia MBO. Hanno diviso i pazienti in due gruppi:

  • Gruppo 1: OSF rimosso durante l’intervento.
  • Gruppo 2: OSF lasciato in sede durante l’intervento.

Hanno seguito questi pazienti per almeno un anno, valutando diversi parametri prima e dopo l’operazione (a 6 e 12 mesi):

  • Scale di valutazione funzionale e del dolore: FAOS (Foot and Ankle Outcome Score), AOFAS (American Orthopaedic Foot and Ankle Society score) e VAS (Visual Analog Scale per il dolore).
  • Valutazioni radiologiche sotto stress: Hanno misurato la stabilità della caviglia con radiografie specifiche (test del cassetto anteriore – ADT e angolo di inclinazione astragalica – TTA) applicando una forza controllata.

I Risultati: Sorpresa (Forse Non Troppo)?

Ebbene, i risultati sono stati piuttosto chiari: non c’erano differenze significative tra i due gruppi! Sia i pazienti a cui era stato rimosso l’ossicino, sia quelli a cui era stato lasciato, hanno mostrato miglioramenti simili nei punteggi funzionali, nel dolore percepito e nella stabilità radiologica della caviglia a 6 e 12 mesi dall’intervento.

In entrambi i gruppi, i punteggi FAOS e AOFAS sono migliorati notevolmente, il dolore (VAS) è diminuito e le misurazioni di instabilità (ADT e TTA) si sono ridotte dopo l’operazione. Ma, confrontando direttamente il gruppo “rimozione” con il gruppo “non rimozione”, non è emersa alcuna superiorità di un approccio rispetto all’altro per questi ossicini di piccole dimensioni.

Vista interna artroscopica di un'articolazione della caviglia durante un intervento MBO. Si nota il legamento ATFL riparato e, in un angolo, un piccolo os subfibulare lasciato intatto. Illuminazione chirurgica brillante, high detail, macro lens, 70mm, focus sui tessuti molli e l'ossicino.

Cosa Ci Dice Questo Studio?

La conclusione più importante di questa ricerca è che, per i pazienti con instabilità cronica laterale della caviglia che hanno anche un os subfibulare piccolo (≤ 5 mm) e che non causa sintomi specifici (cioè, il paziente non lamenta dolore puntiforme proprio lì), la sua rimozione durante l’intervento di MBO artroscopica potrebbe non essere necessaria.

I risultati clinici e radiologici sembrano essere sovrapponibili sia che l’ossicino venga tolto, sia che venga lasciato al suo posto. Considerando i potenziali rischi legati alla rimozione (come abbiamo detto, il possibile danneggiamento del legamento ATFL a cui è spesso attaccato), l’opzione di “lasciarlo stare” diventa una valida alternativa terapeutica in questi casi specifici.

Ovviamente, come sottolineano gli stessi autori, lo studio ha delle limitazioni: è retrospettivo, condotto in un solo centro e con un numero non enorme di pazienti, seguiti per un anno (non si sa cosa potrebbe succedere a lunghissimo termine). Serviranno ulteriori ricerche, magari multicentriche e con follow-up più lunghi, per confermare questi risultati su scala più ampia.

Però, il messaggio è forte e chiaro: in chirurgia, a volte, “less is more”. Se un piccolo ossicino come l’OSF non dà fastidio e toglierlo comporta dei rischi, forse la scelta migliore è proprio quella di non toccarlo. Certo, se invece l’ossicino, indipendentemente dalle dimensioni, è chiaramente la fonte del dolore lamentato dal paziente, allora la sua rimozione rimane l’indicazione principale.

Insomma, una piccola riflessione che potrebbe cambiare l’approccio a un dettaglio comune nella chirurgia della caviglia instabile. Interessante, no?

Fonte: Springer

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