Il Segreto Notturno di Alghe e Batteri nella Pulizia delle Acque Reflue
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi affascina tantissimo: come possiamo usare la natura, in particolare dei microrganismi quasi invisibili, per risolvere un problema enorme come l’inquinamento delle acque. Nello specifico, vi racconto di un’alleanza potentissima tra alghe e batteri e di come riescono a “ripulire” le acque reflue, quelle che provengono dalle nostre case e industrie, dopo un primo trattamento.
Diciamocelo, i sistemi di depurazione tradizionali sono efficaci, ma spesso costosi ed energivori. Da tempo, noi ricercatori stiamo esplorando alternative più “verdi”, e i consorzi algali-batterici sono tra i candidati più promettenti. Pensateci: le microalghe sono delle campionesse di fotosintesi. Usano la luce del sole, catturano l’anidride carbonica (CO2) – sì, proprio quella del cambiamento climatico! – e rilasciano ossigeno. I batteri, d’altro canto, sono maestri nel degradare sostanze organiche e trasformare i nutrienti.
Un’Alleanza Verde: Alghe e Batteri al Lavoro
La cosa geniale è che questi due gruppi di microrganismi si aiutano a vicenda. Le alghe producono l’ossigeno che serve a molti batteri per “respirare” e fare il loro lavoro di pulizia. I batteri, a loro volta, degradando la materia organica, rilasciano CO2 e altri nutrienti che le alghe possono usare per crescere. È una simbiosi perfetta, un piccolo ecosistema che lavora per noi!
Questa collaborazione è fantastica per rimuovere dall’acqua sostanze indesiderate come l’azoto (sotto forma di nitrati, principalmente) e il fosforo (come fosfati). Questi nutrienti, se finiscono in fiumi e laghi in eccesso, causano l’eutrofizzazione: quella crescita smodata di alghe che soffoca la vita acquatica. Quindi, toglierli dalle acque reflue è fondamentale.
Fin qui, tutto bello e abbastanza noto. Ma c’è una domanda che mi (e ci) incuriosiva parecchio: cosa succede a questa squadra vincente quando cala il sole? Sappiamo che le alghe hanno bisogno di luce per la fotosintesi. Di notte, o in condizioni di scarsa illuminazione (pensate a un impianto all’aperto in una giornata nuvolosa o durante l’inverno), come se la cavano? Continuano a rimuovere i nutrienti? E come influisce la presenza o l’assenza di aria aggiuntiva (che fornisce CO2 e aiuta a mescolare)?
Sotto la Lente: Il Nostro Esperimento
Per capirlo meglio, abbiamo messo su un esperimento in laboratorio. Abbiamo preso dei consorzi algali-batterici, composti principalmente da generi comuni come Chlorella, Chlorococum, Scenedesmus e diatomee, e li abbiamo messi a lavorare su acque reflue già trattate (il cosiddetto “effluente secondario”). Abbiamo simulato diverse condizioni:
- Luce e aria continue (24 ore su 24).
- Ciclo luce/buio di 12 ore ciascuno, ma con aria continua.
- Ciclo luce/buio di 12 ore, con aria fornita solo durante le ore di luce.
- L’ultimo caso, ma con una “sorpresa”: all’inizio del periodo buio, abbiamo aggiunto altre acque reflue fresche, senza fornire aria.
Abbiamo monitorato attentamente cosa succedeva ai livelli di nitrati, fosforo, pH e ossigeno disciolto per 24 ore.
Quando la Luce Fa la Differenza
I risultati sono stati illuminanti, è proprio il caso di dirlo! Come ci aspettavamo, le condizioni migliori per la rimozione dei nutrienti si sono avute con luce e aria continue (L24/A24). Qui, alghe e batteri lavoravano a pieno regime.
Ma il confronto più interessante è emerso guardando cosa accadeva quando la luce veniva a mancare per metà del tempo (L12/A24 vs L24/A24). Abbiamo visto che la durata dell’illuminazione era un fattore più critico rispetto alla durata della fornitura d’aria. Quando la luce si spegneva dopo 12 ore, anche se l’aria continuava ad essere fornita, la velocità di rimozione dei nutrienti calava significativamente durante il periodo buio.

Nello specifico, nel buio, la costante di rimozione (abbiamo usato un modello cinetico di ordine zero per analizzare i dati) diminuiva del 36% per i nitrati e addirittura del 55% per il fosforo rispetto alla coltura illuminata e aerata per 24 ore. Questo ci dice chiaramente che la luce è il motore principale, ma non l’unico!
Un altro dato interessante: i nitrati sembravano essere eliminati più velocemente del fosforo durante il periodo di luce, e leggermente più velocemente anche durante il periodo buio.
Ma Cosa Succede Quando Cala il Sole?
La scoperta più intrigante, per me, è stata proprio questa: anche al buio, i nostri piccoli eroi non si fermavano! Certo, rallentavano, ma la rimozione dei nutrienti continuava. Questo è fondamentale perché sfata un po’ il mito che senza luce le alghe diventino inutili per la depurazione.
Come è possibile? Beh, le alghe non sono solo fotosintetiche. Possono assimilare nutrienti anche al buio, utilizzando le riserve energetiche accumulate durante il giorno. Inoltre, non dimentichiamo i batteri! Molti di loro non dipendono dalla luce e continuano il loro lavoro di trasformazione e assimilazione dei nutrienti, come la denitrificazione (anche se nel nostro caso, con livelli di ossigeno sempre alti, l’assimilazione da parte della biomassa sembrava il meccanismo prevalente).
Abbiamo notato che interrompere anche la fornitura d’aria durante la notte (caso L12/A12) rallentava ulteriormente la rimozione rispetto a fornire aria anche al buio (L12/A24). Questo suggerisce che il mescolamento e forse la piccola quantità di CO2 nell’aria aiutano anche in assenza di luce.
Una Sorpresa Notturna: Il ‘Rifornimento’ al Buio
E qui arriva l’esperimento più “strano”: cosa succede se diamo da mangiare di nuovo al consorzio proprio all’inizio della fase buia, senza aggiungere aria (L12/A12/f)? L’idea era simulare un carico inquinante che arriva all’impianto di notte.
Sorprendentemente, anche in queste condizioni (buio, senza aria aggiuntiva, ma con nuovo “cibo”), il consorzio ha continuato a rimuovere nitrati e fosforo! Certo, la rimozione è stata più lenta rispetto a quella avvenuta nelle prime 12 ore di luce (circa il 58% più lenta per i nitrati e il 46% per il fosforo), ma il processo non si è arrestato. Anzi, confrontando questo caso con quello senza rifornimento notturno (L12/A12), abbiamo visto che la presenza di nuovi nutrienti ha in qualche modo “stimolato” l’attività nel buio, portando a tassi di rimozione oraria (k0) superiori nel periodo 12-24h, probabilmente a causa delle maggiori concentrazioni iniziali di nutrienti all’inizio della fase buia.
Questo ci dice che i consorzi algali-batterici hanno una certa resilienza e capacità di adattamento anche a condizioni non ottimali e a carichi variabili, una caratteristica preziosa per applicazioni reali.

Perché Tutto Questo è Importante?
Questi risultati, specialmente quelli sulla rimozione notturna, sono importantissimi. Significano che possiamo progettare sistemi di trattamento delle acque reflue basati su alghe e batteri che funzionino all’aperto, sfruttando la luce solare naturale, senza preoccuparci che l’efficienza crolli a zero durante la notte o nelle giornate grigie. Possiamo pensare a sistemi più semplici, meno costosi e più sostenibili.
Capire i meccanismi precisi, come la luce e l’aerazione influenzano le diverse vie di rimozione (assimilazione, nitrificazione, denitrificazione, precipitazione del fosforo a pH elevati), ci permette di ottimizzare il processo. Ad esempio, sapere che la rimozione avviene anche al buio ci dà più flessibilità nella gestione degli impianti.
Uno Sguardo al Futuro
Certo, la ricerca non si ferma qui. Ci sono ancora tante cose da esplorare. Sarebbe interessante capire meglio quali specie specifiche di alghe e batteri cooperano meglio, studiare i loro percorsi genetici e metabolici per potenziare l’efficienza, e testare questi sistemi su scala più grande, magari con alimentazione continua anche di notte.
La strada è aperta per sviluppare soluzioni innovative e sostenibili per la gestione delle acque reflue, sfruttando la straordinaria capacità di questi microscopici consorzi. È un campo di ricerca davvero stimolante, dove biologia, ingegneria e ambiente si incontrano per creare un futuro più pulito. E sapere che anche il “lato oscuro” di questi sistemi ha un potenziale nascosto, beh, lo rende ancora più affascinante!
Fonte: Springer
