Corpo Estraneo in Trachea: Come Abbiamo Salvato una Bambina con una Tecnica Rivoluzionaria
Ciao a tutti! Oggi voglio raccontarvi una storia incredibile, una di quelle che ti fanno capire quanto sia affascinante e a volte imprevedibile il mondo della medicina. Parliamo di un nemico piccolo ma potenzialmente letale: un corpo estraneo finito dove non dovrebbe, cioè nelle vie aeree. È una situazione che mette i brividi, specialmente quando capita ai bambini, e richiede un intervento immediato e preciso.
Immaginatevi la scena: una bambina di 8 anni arriva di corsa al pronto soccorso. Ha accidentalmente inalato qualcosa, non si sa bene cosa, e ora tossisce, ha dolore al petto e respira a fatica. La paura negli occhi dei genitori è palpabile. Noi medici dobbiamo agire in fretta, ma anche con estrema cautela. Ogni caso è a sé, perché la forma, la dimensione e il materiale del corpo estraneo possono cambiare completamente le carte in tavola. Una mossa sbagliata e la situazione può precipitare.
Un Ospite Indesiderato: Il Caso della Bambina
Nel caso di cui vi parlo oggi, la protagonista è proprio questa bambina di 8 anni. I sintomi erano chiari: tosse insistente, dolore toracico, respiro sibilante, nausea e vomito. Era cosciente e collaborante, ma l’auscultazione dei polmoni rivelava suoni preoccupanti. Una TAC toracica con ricostruzione tridimensionale ha tolto ogni dubbio: c’era un oggetto tondeggiante, una sorta di perlina, incastrato nella trachea, proprio sopra la biforcazione dei bronchi (la carena). Bloccava quasi completamente il bronco principale destro. Era lì da circa 14 ore.
La prima cosa che si fa in questi casi è tentare una broncoscopia flessibile. Si tratta di inserire un tubicino sottile con una telecamera per vedere direttamente cosa c’è dentro e provare a rimuovere l’oggetto. Ma qui è sorto il primo grosso problema: la superficie della perlina era incredibilmente liscia! Gli strumenti scivolavano via, rendendo impossibile afferrarla saldamente per estrarla dalla bocca. Tentativi falliti, frustrazione crescente e il tempo che scorreva.
La Sfida: Una Perlina Troppo Liscia e la Necessità di Respirare
Ecco dove le cose si complicano ulteriormente. Per procedure come queste, si usa l’anestesia generale. Ma gestire l’anestesia in un paziente con un’ostruzione delle vie aeree è un’arte delicata. Se l’anestesia è troppo profonda, il paziente smette di respirare spontaneamente, e con l’ostruzione già presente, si rischia il soffocamento completo. Se è troppo leggera, il paziente non è rilassato abbastanza per permettere le manovre chirurgiche. Un vero dilemma!
Inoltre, la broncoscopia rigida, spesso usata in questi casi, pur essendo efficace, può avere complicanze, come la difficoltà a mantenere un’adeguata ossigenazione. Serviva un piano B, qualcosa di innovativo.
L’Innovazione: Ventilazione Jet e Bloccante Endobronchiale
Ed è qui che entra in gioco la tecnica che ha reso questo caso così interessante e degno di essere raccontato. Abbiamo deciso di combinare due approcci: la ventilazione jet ad alta frequenza (HFJV) e l’uso di un bloccante endobronchiale. Sembra complicato? Lasciate che ve lo spieghi in modo semplice.
La HFJV è una tecnica di ventilazione speciale. Invece di “gonfiare” i polmoni con grandi volumi d’aria come nella ventilazione tradizionale, “spara” piccoli getti d’aria ad altissima frequenza. Questo permette di mantenere un’ottima ossigenazione del sangue anche con le vie aeree parzialmente aperte per far passare gli strumenti chirurgici. Il grande vantaggio? Permette al paziente di continuare a respirare spontaneamente! Questo è stato cruciale. Abbiamo usato una combinazione di anestetici moderni (Remimazolam e Remifentanil) che ci hanno permesso di ottenere una buona profondità anestetica senza sopprimere del tutto il respiro autonomo della bambina. Il Remimazolam, in particolare, è un farmaco relativamente nuovo, molto promettente per la sua rapidità d’azione e il ridotto impatto sulla respirazione.

Ma come risolvere il problema della perlina liscia che continuava a sfuggire? Ecco il colpo di genio: usare un bloccante endobronchiale. Cos’è? Immaginate un piccolo catetere con un palloncino gonfiabile sulla punta. Normalmente si usa per isolare un polmone durante certi interventi chirurgici. Noi, invece, abbiamo avuto un’idea diversa.
Con molta delicatezza, siamo riusciti a far passare il catetere del bloccante oltre la perlina incastrata. Una volta superato l’ostacolo, abbiamo gonfiato leggermente il palloncino proprio sotto la perlina. A cosa è servito?
- Impediva alla perlina di scivolare più in basso, verso i bronchi, durante i tentativi di presa.
- Forniva una sorta di “piano d’appoggio” sotto la perlina, aiutando la pinza chirurgica ad afferrarla meglio.
Questa combinazione – HFJV per respirare e lavorare in sicurezza, e il bloccante per “intrappolare” e aiutare la presa del corpo estraneo – si è rivelata vincente per stabilizzare la situazione e permettere la manipolazione dell’oggetto.
Il Tocco Finale: La Tracheotomia Necessaria
Nonostante l’ingegnosa strategia con il bloccante ci avesse permesso di afferrare finalmente la perlina, è sorto un ultimo ostacolo. Le corde vocali della bambina erano troppo strette per permettere il passaggio della perlina (che misurava circa 1.3 cm x 1.5 cm) insieme al broncoscopio. Tirare troppo avrebbe rischiato di causare danni seri.
A questo punto, per garantire la massima sicurezza e portare a termine l’estrazione senza traumi alle corde vocali, si è resa necessaria una tracheotomia. Si tratta di una piccola incisione chirurgica direttamente nella trachea, sotto le corde vocali, attraverso la quale è stato possibile estrarre la perlina senza difficoltà (vedi Fig. 3B nell’articolo originale). Subito dopo, è stato inserito temporaneamente un tubo endotracheale attraverso l’apertura per garantire la respirazione assistita nel post-operatorio immediato.

Un Lieto Fine e Una Lezione Appresa
L’intervento è durato circa 3 ore, ma la bambina è rimasta stabile per tutto il tempo, con un’ossigenazione sempre ottimale (mai sotto il 96%). Dopo un breve periodo in terapia intensiva pediatrica per monitoraggio, è stata staccata dal ventilatore il giorno dopo. La ferita della tracheotomia è guarita bene ed è stata chiusa dopo circa 10 giorni. La piccola è stata dimessa dopo 15 giorni, completamente ristabilita. A distanza di 6 mesi, stava benissimo, senza alcuna conseguenza.
Cosa ci insegna questo caso? Che di fronte a sfide complesse, come un corpo estraneo liscio e difficile da afferrare in una posizione critica, pensare fuori dagli schemi può fare la differenza. La combinazione di HFJV per mantenere la respirazione spontanea e l’ossigenazione, unita all’uso creativo di un bloccante endobronchiale come “assistente” alla rimozione, rappresenta un’opzione innovativa e potenzialmente molto utile in casi selezionati. Non esiste una soluzione unica per tutti, ma avere più frecce al proprio arco permette di personalizzare l’approccio e aumentare le possibilità di successo, riducendo i rischi per i nostri piccoli pazienti. È la bellezza della medicina: imparare sempre, adattarsi e trovare nuove strade per aiutare chi è in difficoltà.
Fonte: Springer
