Esplosivi Sotto la Lente: Un Antico Specchio d’Argento Rivela RDX e TNT!
Amici appassionati di scienza e scoperte, preparatevi perché oggi vi racconto una storia che ha dell’incredibile! Immaginate di poter prendere una reazione chimica conosciuta da secoli, quasi un classico da manuale, e trasformarla in uno strumento super moderno per scovare alcuni dei più noti e pericolosi esplosivi: l’RDX e il TNT. Sembra fantascienza? E invece è proprio quello che abbiamo fatto, rispolverando la vecchia e cara reazione dello specchio d’argento, nota anche come saggio di Tollens, per un compito decisamente attuale e di cruciale importanza.
Un Tuffo nel Passato per una Sfida Moderna
Chi di voi si ricorda la reazione dello specchio d’argento dai tempi della scuola? Quella magia che trasforma una provetta in uno specchio brillante grazie alla riduzione degli ioni argento. Bene, noi ci siamo chiesti: e se potessimo usare questo principio, la formazione in situ di nanoparticelle d’argento (AgNPs), per “vedere” la presenza di esplosivi come l’RDX (1,3,5-trinitroperidro-1,3,5-triazina) e il TNT (2,4,6-trinitrotoluene)? Questi composti, purtroppo, sono tristemente noti per il loro impiego in ordigni e la loro rapida e accurata individuazione è fondamentale per la sicurezza, le indagini post-esplosione e il monitoraggio ambientale.
La sfida era quella di trovare un metodo che fosse non solo sensibile, ma anche pratico, magari “tutto-in-una-provetta” (all-in-a-tube, come diciamo in gergo). E così, abbiamo iniziato a sperimentare con il reattivo di Tollens, quel mix di nitrato d’argento, idrossido di sodio e ammoniaca.
Come Funziona la Magia? RDX e la Formaldeide
La vera svolta è arrivata quando abbiamo capito come l’RDX potesse “dialogare” con il nostro sistema. In condizioni alcaline, l’RDX si decompone e uno dei suoi prodotti è la formaldeide. E indovinate un po’? La formaldeide è un eccellente agente riducente, capace di trasformare gli ioni argento del complesso diamminoargento(I) [Ag(NH3)2]+ in argento metallico, ovvero nelle nostre preziose nanoparticelle d’argento. Più RDX c’è, più formaldeide si forma, più nanoparticelle d’argento si generano, e più intensa diventa la colorazione gialla della soluzione. Un meccanismo diretto, elegante e, per la prima volta, sfruttato per la rilevazione spettrofotometrica diretta dell’RDX attraverso la formaldeide!
Questa è una novità non da poco, perché molti metodi esistenti per l’RDX si basano sulla rilevazione indiretta dei nitriti formati dalla sua degradazione, il che spesso richiede una pre-idrolisi e può soffrire di interferenze. Il nostro sistema, invece, fa tutto insieme: idrolisi e rilevazione, senza passaggi aggiuntivi e, cosa importantissima, senza reagire con l’HMX (1,3,5,7-tetranitro-1,3,5,7-tetraazocicloottano), un altro esplosivo strutturalmente simile all’RDX, il che ci garantisce una bella selettività.
E il TNT? Un Percorso Diverso ma Efficace
Con il TNT, la storia è un po’ diversa ma altrettanto affascinante. Anche il TNT, in ambiente alcalino, subisce una trasformazione. Invece della formaldeide, si formano dei composti fenolici. Questi composti, con i loro gruppi idrossilici (-OH) legati a un anello aromatico, hanno anch’essi proprietà riducenti e sono in grado di innescare la formazione delle nanoparticelle d’argento dal reattivo di Tollens. Quindi, anche per il TNT, la comparsa del colore giallo segnala la sua presenza.
Questo approccio rappresenta un’alternativa innovativa ai meccanismi di rilevamento del TNT basati sulla formazione dei complessi di Meisenheimer o Janowsky, che spesso hanno problemi di stabilità in soluzioni acquose. Noi, invece, sfruttiamo la formazione delle AgNPs, che si sono dimostrate stabili e ben caratterizzabili.
Abbiamo messo a punto le condizioni ottimali per la reazione: temperatura, tempo di incubazione, concentrazioni dei reagenti. Ogni dettaglio è stato limato per ottenere la massima sensibilità e affidabilità. Le nanoparticelle d’argento che si formano sono piccolissime, per lo più sferiche e con dimensioni tra 1 e 10 nanometri, come confermato da tecniche avanzate come la microscopia elettronica a trasmissione a scansione (STEM) e le misurazioni di scattering dinamico della luce (DLS). E la cosa bella è che l’intensità del colore giallo, misurabile con un semplice spettrofotometro UV-visibile a 400 nm, è direttamente proporzionale alla quantità di RDX o TNT presente.

I limiti di rilevamento che abbiamo raggiunto sono notevoli: 50.3 nmol L-1 per l’RDX e 67.2 nmol L-1 per il TNT. Siamo riusciti persino a distinguere i due esplosivi in una miscela utilizzando una semplice procedura di estrazione con toluene, un solvente in cui il TNT è molto solubile mentre l’RDX lo è pochissimo. Questo ci ha permesso di analizzare campioni reali come il Composite B (una miscela di RDX e TNT), il Composite A5 (principalmente RDX) e l’Octol (HMX e TNT), oltre a campioni di terreno contaminati artificialmente, ottenendo ottimi recuperi.
Test di Conferma e Validazione
Per essere sicuri che il nostro meccanismo fosse corretto, abbiamo fatto dei test specifici. Ad esempio, abbiamo usato il saggio Purpald® per confermare la formazione di formaldeide dall’RDX e abbiamo visto che, in presenza del nostro sistema Tollens, la formaldeide veniva “consumata” per formare le AgNPs, sparendo quindi dal saggio. Per il TNT, abbiamo usato il metodo CUPRAC, che rileva i composti fenolici, e anche qui abbiamo osservato che questi venivano impiegati nella formazione delle nanoparticelle. Il classico saggio di Griess per i nitriti ci ha mostrato che, sebbene i nitriti si formino da entrambi gli esplosivi, non sono loro i protagonisti della formazione delle AgNPs nel nostro sistema.
La robustezza del metodo è stata confermata confrontando i risultati con quelli ottenuti tramite la cromatografia liquida accoppiata alla spettrometria di massa tandem (LC-MS/MS), una tecnica di riferimento, sia per standard di RDX che per campioni di suolo contaminato. I test statistici (t-test e F-test) hanno dimostrato che non ci sono differenze significative tra i due metodi, il che è una gran bella soddisfazione!
Selettività e Applicazioni Pratiche
Un aspetto cruciale è la selettività. Abbiamo testato il nostro sistema in presenza di altri composti energetici (come HMX, TNP, tetrile, PETN, 2A-DNT, 4A-DNT), componenti del suolo come l’acido umico, ioni comuni e materiali “mimetizzanti” (come zucchero, aspirina, dolcificanti). I risultati sono stati eccellenti: il sistema ha risposto selettivamente a RDX e TNT, con interferenze minime o nulle da parte degli altri composti, specialmente dopo l’estrazione con toluene per il TNT. Ad esempio, l’HMX, pur essendo un parente stretto dell’RDX e potendo generare formaldeide in condizioni molto alcaline e a temperature più elevate, non interferisce nelle nostre condizioni operative, più blande e ottimizzate per l’RDX.
Pensate alle implicazioni: un metodo rapido, economico, che non richiede strumentazione eccessivamente complessa, e che può essere usato direttamente sul campo. Potrebbe davvero dare una nuova spinta alle indagini criminologiche, al monitoraggio ambientale di siti contaminati da esplosivi, o ai controlli di sicurezza. Il fatto che sia “tutto-in-una-provetta” semplifica enormemente le procedure.

La bellezza di questo lavoro sta nell’aver riscoperto e adattato una reazione chimica “classica” per risolvere un problema moderno e complesso. Non si tratta di aggregazione o anti-aggregazione di nanoparticelle preformate, né di attività catalitica simil-enzimatica, approcci già esplorati. Qui parliamo della formazione controllata di nanoparticelle d’argento indotta direttamente dai prodotti di degradazione degli esplosivi. È un cambio di prospettiva che apre nuove strade.
Cosa Abbiamo Visto da Vicino: Le Nanoparticelle
Quando dico che abbiamo “visto” le nanoparticelle, intendo proprio questo. Grazie alla microscopia elettronica a trasmissione a scansione (STEM), abbiamo potuto osservare queste minuscole sfere d’argento. Sia con basse che con alte concentrazioni di RDX o TNT, le nanoparticelle mantenevano una forma quasi sferica e dimensioni prevalentemente inferiori ai 10 nanometri, distribuendosi uniformemente. Certo, con più esplosivo si formavano più nanoparticelle, ma la loro morfologia restava simile. Questa uniformità è importante perché garantisce che il segnale colorimetrico (l’assorbanza a 400 nm) sia stabile e riproducibile, senza fastidiosi spostamenti della lunghezza d’onda massima.
La stabilità delle nanoparticelle formate è stata un altro punto a nostro favore. Misure di potenziale zeta hanno indicato valori superiori a ±30 mV (nello specifico -35.37 mV), il che significa che le nanoparticelle sono altamente stabili grazie alla repulsione elettrostatica che ne previene l’aggregazione. Questo è fondamentale per misurazioni accurate e ripetibili nel tempo.

Un Nuovo Respiro per l’Identificazione degli Esplosivi
In conclusione, siamo davvero entusiasti di aver riportato in auge la reazione di Tollens, trasformandola in un potente strumento per la rilevazione e quantificazione di RDX e TNT. Questo sistema “all-in-a-tube” non solo è sensibile e selettivo, ma offre anche vantaggi significativi rispetto ai metodi esistenti, come la determinazione diretta dell’RDX senza pre-idrolisi e un meccanismo alternativo per il TNT meno problematico in acqua.
Speriamo che questo lavoro possa ispirare ulteriori ricerche e portare allo sviluppo di kit di rilevamento ancora più semplici ed efficaci, contribuendo così a rendere il nostro mondo un po’ più sicuro. Non è fantastico come a volte le idee più brillanti possano arrivare da una rivisitazione del passato, combinata con le conoscenze e le tecnologie del presente?
Fonte: Springer
