Infermieristica: La Riflessione è la Chiave Segreta per la Sicurezza Clinica?
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi sta molto a cuore e che, secondo me, è fondamentale per chiunque stia studiando o già lavori nel mondo dell’infermieristica: la capacità di riflettere. Sì, avete capito bene, fermarsi un attimo a pensare a quello che facciamo, come lo facciamo e perché. Sembra banale? Forse. Ma se vi dicessi che questa capacità potrebbe essere legata a doppio filo con quanto ci sentiamo sicuri e capaci nelle nostre attività cliniche quotidiane? È proprio quello che si è chiesto uno studio recente, e i risultati sono davvero interessanti.
Parliamoci chiaro: fare l’infermiere, o prepararsi per diventarlo, ci espone a un sacco di stress. La paura di sbagliare, di non essere all’altezza, di non sapere come gestire una situazione complessa… tutto questo può minare la nostra autoefficacia clinica, cioè la fiducia nelle nostre capacità di portare a termine i compiti in reparto. E sappiamo bene quanto sia importante sentirsi sicuri per garantire cure di qualità e, soprattutto, sicure per i pazienti.
Ma come si costruisce questa sicurezza? Certo, l’esperienza conta, lo studio pure, ma c’è dell’altro. Un certo Albert Bandura, un pezzo grosso della psicologia, parlava di autoefficacia come della convinzione nelle proprie capacità. E suggeriva che uno dei modi per formarla è proprio attraverso la riflessione sulle nostre esperienze passate. Ed è qui che entra in gioco la nostra capacità riflessiva.
Ma cos’è esattamente la capacità riflessiva?
Non è solo “pensare a quello che è successo”. È molto di più. È la nostra abilità, ma anche la nostra voglia e propensione a pensare in modo critico durante e dopo le nostre esperienze cliniche. Significa analizzare deliberatamente quello che facciamo, diventare consapevoli dei nostri schemi mentali e comportamentali, e imparare davvero dalle situazioni vissute, belle o brutte che siano. È un motore potentissimo per migliorare il nostro processo decisionale e le nostre pratiche infermieristiche. Pensateci: essere attenti e interessati a capire dove abbiamo sbagliato (o dove abbiamo fatto bene!) è strettamente legato a quanto siamo capaci di riflettere.
Lo studio: cosa abbiamo cercato di capire?
Visto che si parla tanto di riflessione, ma pochi studi avevano indagato specificamente il suo legame con l’autoefficacia clinica (cioè quella specifica del nostro lavoro in reparto, non quella generica), abbiamo deciso di vederci chiaro. L’obiettivo era semplice: capire che ruolo gioca la capacità di riflessione sulla sicurezza che noi studenti di infermieristica sentiamo di avere nelle nostre competenze cliniche.
Lo studio è stato condotto nel 2024 su 199 colleghi studenti di infermieristica dell’Università Islamica Azad di Yazd, in Iran. Abbiamo usato un metodo “a censimento”, cioè abbiamo coinvolto tutti gli studenti che rispettavano i criteri (aver fatto almeno un semestre di tirocinio ed essere presenti in reparto). Abbiamo raccolto un po’ di dati demografici (età, sesso, ecc.) e poi abbiamo usato due questionari specifici:
- La Reflective Capacity Scale (RCS): per misurare quanto siamo “riflessivi”. Valuta quattro dimensioni: riflettere durante l’azione (RiA), riflettere dopo l’azione (RoA), riflettere con gli altri (RO) e l’autovalutazione attiva (SA).
- La Self-Efficacy in Clinical Performance (SECP): per misurare quanto ci sentiamo sicuri nelle nostre performance cliniche, divisa in aree come valutazione del paziente, diagnosi infermieristica, pianificazione, implementazione e valutazione delle cure.
I dati sono stati poi analizzati con software statistici per vedere se c’erano correlazioni significative.
I risultati: la riflessione conta davvero!
Ebbene sì, i risultati parlano chiaro. Abbiamo trovato una correlazione diretta e significativa tra la capacità di riflessione e l’autoefficacia clinica. In parole povere: più gli studenti dimostravano di avere una buona capacità di riflessione, più si sentivano sicuri e competenti nelle loro attività cliniche. Non solo, la capacità riflessiva è risultata essere un predittore dell’autoefficacia clinica, spiegandone circa il 13% della variabilità.
“Solo il 13%?” potreste dire. Beh, non è poco! Significa che la riflessione è un fattore importante, anche se ovviamente non l’unico, che contribuisce a costruire la nostra sicurezza. Ci sono tanti altri pezzi del puzzle (l’esperienza pregressa, il supporto dei tutor, le nostre caratteristiche personali…), ma la riflessione gioca un ruolo non trascurabile.
Interessante notare anche che la dimensione della riflessione con il punteggio medio più alto è stata l’autovalutazione attiva (SA), mentre quella con il punteggio più basso è stata la riflessione con gli altri (RO). Forse siamo più portati a valutarci da soli che a confrontarci apertamente con i colleghi sulle nostre azioni? È uno spunto su cui riflettere!
Il punteggio medio di autoefficacia clinica (119.98 su un massimo di 185) è risultato in linea con altri studi, anche se ovviamente ci sono ricerche che riportano livelli più alti o più bassi. Questo dipende da tanti fattori: l’anno di corso, il tipo di tirocinio, i metodi didattici…
Mettere tutto in prospettiva: cosa ci dicono questi dati?
Questi risultati, anche se in parte diversi da alcuni studi precedenti (specialmente quelli che non trovavano un legame statistico forte, pur riconoscendolo a livello qualitativo), rafforzano l’idea che la riflessione sia un ingrediente chiave nella formazione infermieristica. Perché? Perché riflettere ci aiuta a:
- Identificare i nostri punti di forza e di debolezza.
- Capire meglio le situazioni cliniche complesse.
- Imparare dagli errori (nostri e altrui).
- Sviluppare strategie per affrontare sfide future.
- Sentirci più padroni delle nostre competenze.
In pratica, la riflessione ci permette di trasformare l’esperienza grezza in apprendimento significativo, e questo, a sua volta, alimenta la nostra fiducia. È un circolo virtuoso!
Abbiamo anche notato una correlazione positiva tra capacità riflessiva e media dei voti (GPA). Chi riflette di più, tende ad andare meglio accademicamente. Non è sorprendente: la capacità di autoanalisi e adattamento che deriva dalla riflessione può certamente aiutare nello studio. Curiosamente, però, la capacità riflessiva sembrava variare con gli anni di corso, con punteggi più alti tra gli studenti del secondo anno rispetto a quelli del quarto. Forse all’inizio siamo più portati a riflettere, mentre poi subentra la routine o il carico di studio ci porta a trascurare questa pratica se non è richiesta esplicitamente? È un’ipotesi.
Limiti e prospettive future
Come ogni studio, anche questo ha i suoi limiti. Ci siamo basati su autovalutazioni, quindi c’è sempre il rischio che qualcuno abbia risposto pensando a cosa fosse “socialmente desiderabile”. Inoltre, lo studio è stato fatto in una sola università in Iran, quindi generalizzare i risultati richiede cautela. Infine, essendo uno studio trasversale, non possiamo stabilire un rapporto di causa-effetto certo: è la riflessione che aumenta l’autoefficacia o chi è più sicuro di sé è anche più portato a riflettere? Probabilmente entrambe le cose si influenzano a vicenda. Servirebbero studi longitudinali per capirlo meglio.
E quindi? Cosa possiamo portarci a casa?
Il messaggio chiave è forte e chiaro: la capacità di riflessione è un patrimonio prezioso per noi studenti di infermieristica e futuri professionisti. Coltivarla può davvero fare la differenza nel sentirci più sicuri ed efficaci nel nostro lavoro.
Cosa significa questo in pratica?
- Per noi studenti: Non sottovalutiamo il potere di fermarci a pensare. Teniamo un diario riflessivo, discutiamo dei casi con i colleghi e i tutor, chiediamoci sempre il “perché” delle cose.
- Per i docenti e i tutor: È fondamentale guidare e facilitare la riflessione. Bisogna integrare nei programmi didattici attività specifiche che la stimolino: discussione di casi, esercizi di scrittura riflessiva, sessioni di debriefing strutturate dopo il tirocinio. Usare metodi didattici innovativi può fare la differenza.
- Per le università: Creare un ambiente che incoraggi la riflessione, dove gli studenti si sentano sicuri di esprimere dubbi e incertezze senza paura di essere giudicati, è cruciale. Offrire supporto, come workshop sulla pratica riflessiva o programmi di mentorship, può essere di grande aiuto, specialmente per chi mostra una minore capacità riflessiva iniziale.
In conclusione, se vogliamo diventare infermieri non solo competenti, ma anche sicuri e consapevoli, dobbiamo investire sulla nostra capacità di guardarci dentro, di analizzare le nostre esperienze e di imparare costantemente. La riflessione non è una perdita di tempo, è un investimento sul nostro futuro professionale e sulla qualità delle cure che offriremo.
Fonte: Springer