Piogge Urbane Estive: E Se Potessimo “Raffreddare” le Città per Ridurle?
Ah, l’estate! Sole, caldo… e quei improvvisi acquazzoni pomeridiani che trasformano le strade in fiumi, specialmente nelle nostre giungle d’asfalto. Vi siete mai chiesti se c’è un modo per mitigarli? Beh, pare di sì, o almeno così suggerisce uno studio super interessante che ho scovato, condotto nientemeno che nelle aree urbane di Osaka, in Giappone. E se vi dicessi che la chiave potrebbe essere… abbassare un po’ il “termostato” della città? Curiosi? Continuate a leggere!
Il Calore Sensibile: Il Motore Segreto delle Piogge Urbane?
Prima di addentrarci nei dettagli, parliamo un attimo del protagonista nascosto di questa storia: il flusso di calore sensibile (SHF). Immaginate il calore che sentite emanare dall’asfalto rovente o dai muri degli edifici in una giornata di sole cocente. Ecco, quello è il flusso di calore sensibile. Nelle città, con tutto quel cemento e quelle attività umane, questo flusso è decisamente più elevato rispetto alle aree rurali. Questo surplus di calore contribuisce a creare quel fenomeno che conosciamo come “isola di calore urbana” (UHI), dove le città sono significativamente più calde delle campagne circostanti.
Ma cosa c’entra tutto questo con la pioggia? Beh, l’ipotesi è che questo calore extra non solo ci faccia sudare di più, ma possa anche “caricare” l’atmosfera, rendendola più instabile e favorendo la formazione di quelle nubi imponenti, i cumulonembi, che poi scaricano veri e propri diluvi. Pensateci: più calore dal basso, più energia per i moti convettivi che formano le nuvole.
Osaka Sotto la Lente: Un Esperimento Virtuale
I ricercatori giapponesi hanno deciso di vederci chiaro e hanno preso di mira Osaka, una metropoli densamente popolata, perfetta per studiare questi fenomeni. Hanno utilizzato un sofisticatissimo modello numerico chiamato Weather Research and Forecasting (WRF). In pratica, hanno ricreato al computer un tipico evento di pioggia pomeridiana estiva che si era verificato realmente a Osaka. Hanno “nidificato” le simulazioni, cioè hanno usato griglie di calcolo sempre più fini, arrivando a una risoluzione di appena 0,5 km nell’area di interesse. Questo permette di cogliere dettagli molto piccoli, fondamentali quando si parla di temporali locali.
La prima cosa è stata creare una simulazione di controllo, chiamata “CTL”, per assicurarsi che il modello fosse in grado di riprodurre accuratamente l’evento di pioggia osservato. E, udite udite, il modello ha fatto un buon lavoro!
Abbassiamo la Manopola del Calore: Gli Esperimenti
Una volta validato il modello, è iniziato il vero divertimento. I ricercatori hanno iniziato a “giocare” con il flusso di calore sensibile. Si sono chiesti: cosa succederebbe se riuscissimo, in qualche modo, a ridurre questo calore emesso dalle superfici urbane? Magari con interventi come tetti bianchi riflettenti, più verde urbano, o materiali innovativi che immagazzinano calore.
Hanno quindi condotto una serie di esperimenti, ben 15 tipi diversi, variando due parametri principali:
- Il livello di riduzione del SHF: Hanno provato a ridurre il SHF dal 10% fino al 50% (cioè, il SHF era il 90%, 80%, …, 50% rispetto al valore della simulazione di controllo CTL).
- L’area di intervento: Hanno applicato queste riduzioni su diverse scale:
- Su tutta l’area più interna del modello (chiamata ALL).
- Solo sulle aree classificate come urbane all’interno di questa zona (URB).
- Solo sulle aree urbane all’interno di un “quadrato” di 20 km centrato su un punto specifico di Osaka (O20).
Per essere sicuri dei risultati e tenere conto della natura un po’ caotica di questi fenomeni, per ogni esperimento (incluso il controllo) hanno fatto girare 8 simulazioni leggermente diverse (chiamate “membri d’insieme”), cambiando l’ora di inizio. In totale, parliamo di 128 simulazioni! Un lavoraccio, ma necessario per avere dati robusti.
E Quindi? Piove Meno se Fa Meno Caldo?
Passiamo ai risultati, la parte più succosa! Ebbene sì, sembra proprio che abbassare il “termostato” urbano funzioni.
Nella stragrande maggioranza dei casi, gli esperimenti con riduzione del SHF hanno mostrato una diminuzione sia della pioggia accumulata totale sia dell’intensità massima della pioggia (il picco) rispetto alla simulazione di controllo. Non solo, anche gli eventi di pioggia estrema, quelli definiti come superiori al 99,9 percentile dei valori di pioggia nel controllo (in pratica, i diluvi più rari e intensi), sono risultati meno frequenti nella maggior parte degli scenari di riduzione.
C’è stato qualche caso un po’ anomalo, ad esempio, con riduzioni intermedie del SHF solo sull’area urbana (URB), il picco di pioggia è risultato addirittura maggiore. Questo ci dice che la faccenda è complessa e non sempre lineare. Però, la tendenza generale è chiara.
Lo scenario che i ricercatori hanno definito “più pratico” da implementare nella realtà (una riduzione del 10% del SHF solo nell’area urbana di 20 km, l’esperimento O20-09) ha dato risultati notevoli:
- Una diminuzione del 18% nella pioggia accumulata media.
- Una diminuzione del 13% nel picco di pioggia medio.
- Una diminuzione del 9% nel valore di pioggia del 99,9 percentile.
Niente male per un intervento relativamente “leggero” e localizzato! Questi numeri, per me, sono la dimostrazione quantitativa che ridurre il SHF ha un potenziale concreto.
Ma Come Funziona la Magia? La Scienza Spiegata Semplice
Ok, ma qual è il meccanismo dietro questa “magia”? Non è stregoneria, ma fisica dell’atmosfera.
Riducendo il flusso di calore sensibile dalla superficie, si trasferisce meno energia agli strati più bassi dell’atmosfera. Questo significa che l’aria vicino al suolo si scalda di meno. Se l’aria in basso è meno calda rispetto a quella più in alto, l’atmosfera diventa più “stabile”.
Un’atmosfera più stabile è meno incline a sviluppare quei moti verticali ascendenti, potenti e turbolenti, che sono il motore dei cumulonembi. Meno “spinta” dal basso, meno sviluppo verticale delle nubi. Infatti, le simulazioni hanno mostrato una riduzione della quantità di acqua contenuta nelle nuvole (il “cloud water mixing ratio”) e venti verticali più deboli negli esperimenti con SHF ridotto.
In parole povere: meno calore dalla città -> atmosfera più tranquilla -> meno nuvoloni carichi di pioggia -> meno pioggia. Semplice, no?
Calma e Gesso: Sfide e Prossimi Passi
Certo, questo studio è un passo avanti importantissimo, ma la strada è ancora lunga. I ricercatori stessi sottolineano che, nonostante i risultati promettenti, ci sono delle sfide. Ad esempio, riprodurre esattamente la localizzazione e l’intensità di ogni singola cella temporalesca è difficilissimo, data la loro natura caotica.
Sarà necessario affinare ulteriormente i modelli, magari integrando dati osservativi in tempo reale (un processo chiamato “assimilazione dati”) per migliorare le previsioni di controllo.
Inoltre, questo studio ha esaminato una riduzione costante del SHF. Nella realtà, bisognerebbe capire qual è il momento e il luogo migliore per intervenire. E poi, per simulazioni ancora più realistiche, si potrebbero usare modelli che tengano conto in modo più dettagliato delle caratteristiche urbane, come l’altezza e la densità degli edifici (usando ad esempio le “Local Climate Zones”).
Un altro aspetto interessante è che questo studio ha ottenuto buoni risultati senza usare un “Urban Canopy Model” specifico, ma integrandolo si potrebbe simulare la riduzione del SHF in modo ancora più diretto e realistico.
Infine, c’è una questione cruciale, quasi filosofica: la società sarà disposta ad accettare interventi che modificano, seppur localmente e con buone intenzioni, i fenomeni meteorologici? Anche se l’obiettivo è ridurre eventi estremi, la possibilità, seppur remota, di effetti inattesi va considerata.
Un Futuro con Meno Allagamenti? Forse!
Nonostante le cautele, trovo che questo studio sia davvero affascinante. Ci offre una prospettiva nuova e quantitativa: non si tratta solo di cambiare l’uso del suolo (da urbano a verde, per esempio), ma di intervenire direttamente sul bilancio energetico delle città esistenti.
L’idea di poter “raffreddare” strategicamente le nostre città per mitigare l’impatto delle piogge estreme, sempre più frequenti e intense a causa dei cambiamenti climatici, non è più solo fantascienza.
Questo lavoro dimostra che abbiamo un potenziale strumento in più per rendere le nostre aree urbane più resilienti e sicure. Chissà, magari tra qualche decennio parleremo di “gestione del flusso di calore sensibile urbano” come oggi parliamo di tetti verdi o pavimentazioni drenanti. Io ci spero!
Fonte: Springer